Il cambiamento rinviato
di Alessandro Bolzonello
Condivido l’analisi di Concita De Gregorio: l’esecutivo Letta è un ‘governo della riduzione del danno’. Nulla di più. Ha escluso dalle posizioni rilevanti gli ‘impresentabili’, probabilmente farà alcune cose buone, ma non è costitutivamente attrezzato per affrontare la profonda esigenza di cambiamento.
Avrei preferito che si esplorassero altri territori e che gli attori fossero diversi. Sarebbe stato sicuramente rischioso, ma questo è il tempo di osare.
Delle vicende politiche di queste ultime settimane rimane solo il discorso di Giorgio Napolitano, neppure la sua rielezione a Presidente della Repubblica. Dall’alto della sua legittimazione si è autorizzato a dire come stanno le cose: ha denunciato la situazione di paralisi e le responsabilità della classe politica.
Beppe Severgnini ha elencato le parole utilizzate da Napolitano: “omissioni, guasti, irresponsabilità, lentezze, esitazioni, calcolistrumentali, tatticismi, sperimentalismi, sterilità, autoindulgenza, nulla difatto, corruzione, sordità e dispute banali”. Termini che stigmatizzano una stagione politica e con essa un intero periodo storico caratterizzato da una cultura del fare e gestire istituzionale che, a cascata, ha coinvolto, con responsabilità progressiva, tutto e tutti. E’ giunto il tempo di riconoscere il fallimento del dogma della polarizzazione (in politica definito ‘bipolarismo’), cioè che la separazione in parti contrapposte sia funzionale alla crescita e allo sviluppo (e non solo nella connotazione economica di tali termini). Invece no, travolti da tale idealizzazione, l’effetto è stato opposto: rinchiusi su se stessi attorno al valore dell’appartenenza a difesa, acritica, della specifica identità.
In questo contesto e con tali obiettivi le energie, anche le migliori, sono state orientate a costruire baluardi inattaccabili, spesso artificiali, volti a giustificare partigianamente le proprie ragioni oppure a soverchiare gli altri, chiaramente e indiscutibilmente dei competitors. Costi quel che costi. Fino alla morte.
Ecco gli effetti dell’estremizzazione: volare basso, navigare a vista, agire a breve termine.
È arrivato il tempo di cambiare, di guardare oltre il proprio naso riconoscendo che ‘il bene di tutti’ si può perseguire se e solo se si trascende se stessi: ecco che è possibile andare oltre la paralisi e provare a fare ciò che serve, sostituire il confronto alla contrapposizione, l’alleanza all’inciucio. Ma non con il ‘governo Letta’.
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Foto: 2volti
Il gruppo di comando intende proseguire la strada unionista, costi quel che costi. Prodi è stato trombato. Ciampi era anziano. padoa Schioppa è morto. Andreatta è morto. Monti si era bruciato. Amato è il meno amato dagli italiani. Alla fine sono stati obbligati a rielleggere Napolitano, che aveva poco prima considerato "ai limiti del ridicolo" la propria rielezione e ad affidare l'incarico a Enrico Letta, l'unico che rimaneva, l'autore del famoso biglietto al momento della nomina di Monti a primo ministro (18/11/2011 insediamento governo Monti: «Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall'esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede per es. di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono!» firmato Enrico Letta).
Quindi continuità assoluta e nessuna riduzione del danno. Il PDL aveva detto mai con Monti ed è finito in un governo con Scelta Civica. Il PD aveva detto mai con berlusconi ed è finito in un governo con il PDL. Alla fine si sta rivelando vero ciò che ho sempre sostenuto: in Italia comanda da anni il partito unico delle due coalizioni, che adempie obblighi e direttive europei e si posizione su una linea filoatlantica fino all'inverosimile, nemmeno immaginabile nella prima repubblica.
Tra cinque o sei anni faranno la fine del Pasok. Molti di loro saranno costretti ad andare fuori dall'Italia. Comunque gli sarà impossibile girare per strada.