GLOBALIZZAZIONE E STATO-NAZIONE
Il dibattito che è andato in onda su La7 sabato sera tra Cofferati e Luttwak è stato interessante.
Cofferati che vorrebbe porsi come alternativa alla direzione dominate del PD, quella succube di napolitano per intenderci, è stato sostanzialmente ridicolizzato da Luttwak. Questa ostinazione a volere a tutti i costi confermare le scelte europee, giustificando tutte le difficoltà dell’oggi che il rigore di ispirazione tedesca impone ai popoli di tutta europa in vista dell’età dell’oro della federazione europea, è stata smontata efficacemente da Luttwak quando ha chiesto se fosse possibile a uno che perde il lavoro per le masochistiche politiche rigoriste, spiegargli che però tra venti anni avremo gli stati uniti d’europa e che quindi pazienti per venti anni, faccia magari la fame che si tratta solo di pochi decenni, che non sia impaziente.
So bene che l’opinione di Luttwak è tutt’altro che obiettiva, che una federazione europea viene vista come fumo negli occhi dall’establishment USA di cui Luttwak è un autorevole rappresentante, ma rimane il fatto incontestabile che avere visto l’unione monetaria come un passo preliminare che avrebbe dischiuso la via di una crescente integrazione europea era sbagliata. Sta succedendo tutto l’opposto, che le difficoltà dovute alla divergenza delle politiche economiche che tuttavia sono costrette a convivere con un comune vincolo di natura monetaria, sviluppano tendenze centrifughe, che l’Europa è ormai diventata sempre più impopolare perchè la si fa coincidere come la fonte delle difficoltà economiche, e nel contempo mostrando come gli egoismi nazionali siano sempre più forti rendendo del tutto improbabile forme di trasferimento di risorse da una nazione ad un’altra (cosa ovvia anzi indispensabile nel caso di divergenze economiche permanenti in presenza di una moneta comune).
Qui, dovremmo finirla di baloccarci con i sogni che magari io stesso ho condiviso di una vera unione europea, e vedere le cose per come sono effettivamente, la UE come un mezzo che ciascuna nazione usa per difendere il proprio paese.
Allo stesso modo, trovo stravagante il modo in cui si parla della globalizzazione. Taluni la considerano un male inevitabile, altri la considerano invece una forma di internazionalismo che tutti dovremmo abbracciare per superare lo stato-nazione.
Partiamo dunque da quest’ultima tesi che viene spesso assunta dai marxisti in nome dellì’internazionalismo proletario. Io dico a costoro di svegliarsi e guardare in faccia la realtà, oggi la globalizzazione, l’unica reale forma di internazionalismo, è quella dei potenti del mondo, e si manifesta con l’assalto liberista alle risorse del pianeta. La verità è che lo stato-nazione e la difesa della sua sovranità, che include ovviamente anche la sovranità monetaria. Alla globalizzazione delle grandi finanzairie fallite che si fanno sostenere da governi succubi, bisogna opporre resistenza nelle forme in cui ciò è possibile, e non v’è dubbio che rivendicare la piena sovranità nazionale costituisce la strada maestra per resistere. Ciò non implica necessariamente una chiusura di tipo nazionalistico, tutto il contrario, una nazione che mostrasse di saper resistere efficacemente a questa globalizzazione distruttiva può costituire un esempio che potrebbe essere emulato da altre nazioni, una forma certo atipica ed inedita di internazionalismo.
Un’altra tesi che riguarda la globalizzazione consiste nel considerarla ineluttabile. Ora, questa questione dell’ineluttabilità che peraltro riguarda anche altri ambiti (forse il più noto si riferisce allo sviluppo tecnologico, anch’esso considerato inarrestabile) mi lascia molto perplesso: che sarebbe un dogma da accettare per fede? Si tratta di scelte e le scelte possono essere modificate ed anche del tutto capovolte, nulla lo impedisce se non decisioni consapevolmente assunte.
Se quindi non è tempo di federazioni europee nè di globalizzazioni proletarie con spirito internazionalista, bisognerebbe attrezzarsi per resistere nazionalmente.
Questa è la logica che mi ha portato a definire le tre tappe fondamentali nelle scelte economiche che dovremmo assumere.
La prima è appunto quella di uscire dall’euro. Su questo, molto è stato detto e scritto da persone ben più esperte di me, e non aggiungerò altro.
La seconda consiste nella dichiarazione di default. Naturalmente, parlo di un default controllato e che come per tutte le procedure fallimentari, prevede certi tipi di priorità di rimborso in base alle risorse disponibili. Lo considero un passaggio indispensabile per liberarsi di ogni gravame passato e nello stesso tempo, mettere il crisi il sitema finanziario globalizzato, anche questo mi pare un obiettivo ben degno di essere perseguito.
La terza infine è la difesa da un rinnovato contagio da parte della globalizzazione, permettendo al contrario al paese di praticare una vera politica economica senza i ricatti e di condizionamenti da parte del sistema bancario globalizzato. Quindi, si devono predisporre valide forme di protezione per evitare il libero transito di merci e denaro, anche questo fa parte della sovranità nazionale.
Rimangono certo i pericoli di iniziative militari data la dimensione colossale degli interessi in ballo, ma da queste non si vede modo di garantirsi. Tutto sommato, l’isolamento economico che propongo potrebbe più facilmente tenere l’Italia fuori da scontri bellici proprio perchè la scossa che daremmo al sistema globalizzato avverebbe precocemente, quando ancora il momento di rottura è distante e qualcuno può ancora illudersi che sia possibile evitarlo. nei momenti più caldi, più difficili, l’Italia potrebbe giocare la parte di una specie di Svizzera fuori dagli scenari più conflittuali.
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