Quando entri nella NATO e non basta: la Russia riarma al confine, la Finlandia si preoccupa
di TERMOMETRO GEOPOLITICO (Fulvio Scaglione)
Il New York Times, sulla scorta di una serie di immagini satellitari, ha raccontato che la Russia sta rafforzando la propria presenza militare al confine con la Finlandia. Il quotidiano elenca meticolosamente gli indizi: elicotteri nella base aerea di Murmansk, a circa 160 chilometri dal confine; nuovi aerei a Olenogorsk poco a Sud di Murmansk, nella base che già ospita i bombardieri a lungo raggio TU-22; ad Alakurtti (50 chilometri dal confine), nuovi hangar per veicoli militari come pure a Petrozavodsk (160 chilometri dal confine), capoluogo della vicina Repubblica di Karelia; una piccola cittadina di tende nella vecchia base di Kamenka, a 60 chilometri dal confine. Per non parlare del puntamento dei missili russi. Nulla di inatteso, peraltro: quando ancora si parlava dell’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia (la prima fece il passo decisivo nell’aprile del 2023, la secondo giusta un anno dopo), la Russia già annunciava misure simili, e l’aumento degli effettivi dell’esercito da 1 milione e 1 milione e mezzo. Lo conferma del resto anche Michael Claesson, capo di stato maggiore delle forze armate svedesi: “Quando chiedemmo di aderire alla Nato la Russia disse che avrebbe preso provvedimenti. E ora lo sta facendo”.
La ragione è piuttosto semplice: l’ingresso della Finlandia nella Nato ha più che raddoppiato la “linea di contatto” tra la Russia e la Nato, due entità che già si scontrano (o vogliamo continuare a raccontarci favole?) in Ucraina, portandola a 2.530 chilometri di lunghezza. Così la Russia si protegge contro un’alleanza che sa esserle ostile. Una decisione a specchio rispetto a quella presa dalla Finlandia, appunto, nell’aprile del 2023. Con una differenza, però, di non poco conto.
La Finlandia è arrivata all’ingresso nella Nato a valle di un complesso iter parlamentare basato, però, su un dato di lettura assai semplice: la crescente paura dei finlandesi, che nel gennaio 2022 erano a favore dell’adesione nella misura del 25% per poi rapidamente salire al 76%. La premier Sanna Marin, adeguatamente sospinta dall’allora segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, aveva efficacemente lavorato su quei timori fino a ottenere il risultato sperato, appena prima di essere liquidata sia dagli elettori sia dal suo stesso partito. Che i cittadini del Paese europeo con il confine più lungo con la Russia (1.340 chilometri) fosse scioccati dall’invasione dell’Ucraina, e che lo shock facesse rispuntare nei loro cuori i ricordi della cosiddetta “Guerra d’inverno” (combattuta tra il novembre 1939 e il marzo 1940 in seguito all’attacco russo, e conclusasi con la cessione all’Urss del 10% del territorio finlandese), era cosa piuttosto naturale.
Anche perché i finlandesi, come tutti i popoli, la storia se la raccontano sempre un po’: tendono a scordare che tra il 1919 e il 1920 sostennero i russi “bianchi” contro i bolscevichi nella speranza di prendersi la Carelia o di aver concesso, nello stesso periodo, ospitalità alle navi inglesi che facevano la stessa operazione. E ricordano con un certo imbarazzo che nella seconda metà degli anni Trenta i vertici politici e militari finlandesi erano pappa e ciccia con quelli nazisti fino al punto che, il 30 giugno del 1939, il capo di stato maggiore tedesco, generale Franz Halder, era stato invitato a Helsinki dal Governo finlandese e insignito di un’alta onorificenza. Insomma: Stalin era quel che era, ma a Helsinki fecero pochissimi sforzi per fargli credere che, in caso di guerra con la Germania, la Finlandia sarebbe rimasta neutrale.
Ma torniamo al 2023. Date le giuste ragioni ai timori dei finlandesi, non va dimenticato che per molti decenni Finlandia e Russia, pur senza particolari amicizie, avevano intrattenuto rapporti non cordiali ma reciprocamente proficui. Si parlava tanto di “finlandizzazione” per indicare uno stato di larvata sottomissione all’Urss. Ma la politica plasmata dal premier e poi presidente Uhro Kekkonen tenne la Finlandia fuori dai guai per tutto il periodo della Guerra Fredda, senza impedirle di stringere i rapporti con l’Occidente e di cavare dall’ingombrante vicino russo tutti i vantaggi possibili. La Finlandia rifiutò ill Piano Marshall, nel 1948 firmò un patto di amicizia russo-finlandese e nel 1950 un accordo commerciale. Nel 1968 Kekkonen inaugurò il canale di Saimaa, che attraversava anche il territorio sovietico e incrementò le relazioni commerciali, e nel 1969 scelse l’Urss per farsi fornire una centrale nucleare. Si potrebbero citare tanti altri capitoli di questa “neutralità attiva” (altro nome per la “finlandizzazione”), per esempio il fatto che nel 1973 la Finlandia concluse un trattato con il Comecon e nello stesso anno anche con la Cee. Per farla molto breve, ricordiamo solo che nel 2022, al momento dell’invasione russa dell’Ucraina, la Finlandia era membro dell’Unione Europea e aveva un trattato di partnership privilegiata con la Nato.
Tutto questo, evidentemente, nel 2022 non è bastato a tranquillizzare i finlandesi. I nostri giornali, allora, parlarono entusiasticamente dell’adesione, con abbondanti narrazioni sulla “gioia” dei finlandesi e sugli incredibili vantaggi che essi avrebbero tratto dalla decisione. Stoltenberg si faceva beffe di Putin dicendo che lo Zar aveva aggredito l’Ucraina per “avere meno Nato” e invece si ritrovava con più Nato.
Quindi oggi tutto bene, no? La Nato è più larga, i finlandesi sono membri ufficiali dell’Alleanza. Chi può essere più rilassato di loro? E invece salta fuori che sono ancora più preoccupati di prima. In gennaio un sondaggio dell’Helsingin Sanomat ha rivelato che il 40% di loro vorrebbe che la Nato mandasse truppe a combattere in Ucraina e che il 50% vuole che la guerra vada avanti fino alla sconfitta della Russia. In pratica, la replica di quanto aveva registrato alla fine del 2023 un altro sondaggio, commissionato dal Finnish Business and Policy Forum Eva (presieduto dall’ex ministro della Difesa Carl Haglund), ha mostrato che il 90% degli intervistati considera la Russia “imprevedibile”, “espansionista” (89%) e “una minaccia militare” (85%). Tanto che nell’estate scorsa il Governo di Helsinki ha firmato con gli Usa l’Accordo di cooperazione per la difesa (Dca), approvato all’unanimità dal Parlamento, che prevede per gli Usa l’accesso a 15 basi militari in Finlandia e autorizza la presenza e l’addestramento di soldati americani, nonché lo stoccaggio di attrezzature militari, sul territorio finlandese. Una straordinaria dimostrazione di tranquillità e fiducia nella Nato, una delle infinite previsioni mancate di questi tre anni di guerra.
E adesso ci si mettono pure i russi, che rafforzano le guarnigioni al confine, come peraltro avevano promesso, e Trump che telefona a Putin. D’altra parte la Von der Leyen ci ha garantito, già tre anni fa, che l’industria bellica russa è a pezzi, e Mario Draghi che le sanzioni l’hanno messa in ginocchio. Sì, è vero, erano tutte balle. E c’è pure il rischio che domani, quando magari arriverà la tanto sospirata fine della guerra in Ucraina, si apra una partita altrettanto aspra per il controllo dell’Artico e queste guarnigioni ai confini della Finlandia diventino la prima linea di un nuovo scontro. Ma cari finlandesi ed europei tutti, che problema c’è? Siamo nella Nato, no?
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[Fonte: https://it.insideover.com/politica/quando-entri-nella-nato-e-non-basta-la-russia-riarma-al-confine-la-finlandia-si-preoccupa.html]
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