Come si combatte in Iraq e in Afghanistan: immagini di una imboscata
di Salvatore Calvino
E’ davvero significativo che i grandi canali televisivi, pubblici e privati, abbiano dato un risalto notevole alle invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq da parte degli eserciti occidentali; mostrando per ore e ore e per molti giorni città illuminate, durante la notte, dal fuoco generato dalle bombe, missili lanciati da navi durante “sedute di attacco notturne” e l’avanzata dei carri armati. Poi, concluse le invasioni, quasi che le due guerre fossero terminate, le immagini di guerra hanno cominciato a diminuire con progressione geometrica: qualche filmato dei mezzi corazzati incendiati dai mujahideen, la cattura di Saddam Hussein, la sua impiccagione e poco altro. Le azioni militari degli eserciti occidentali e degli avversari sono state pressoché completamente censurate. Eppure internet pullula di filmati realizzati dagli eserciti occidentali e dai mujahideen.
Questa “scelta”, non sappiamo se effettuata autonomamente dai direttori delle reti televisive o da essi concordata con altri soggetti, ha comportato un grave istupidimento del medio cittadino italiano, il quale non è in grado di comprendere le ragioni per le quali le due guerre non sono ancora terminate con la vittoria degli eserciti occidentali e come sia possibile che i pastori afghani e gli iracheni con la tunica tengano testa all’esercito statunitense e agli alleati. In realtà, il medio cittadino italiano non è in grado ormai nemmeno di comprendere cosa sia una guerra e cosa sia un combattimento. Le armi altamente tecnologiche, riprese dalle telecamere durante l’azione, che appare quasi “azione delle armi” in sé considerate anziché “azione di uomini con armi”, non sono soltanto strumenti da utilizzare contro il nemico, bensì anche mezzi per “affascinare” e così manipolare le coscienze e rafforzare il potere di chi detiene quelle armi, creando ammirazione, timore e quasi venerazione nei confronti dello Stato altamente tecnologizzato: gli Stati Uniti d’America.
E’ importante, allora, sapere in che modo, con quali armi e con quali tecniche, due eserciti popolari – invero costituiti anche da forti nuclei di militari – stiano tenendo testa all’esercito statunitense e agli alleati. Queste modalità esercitano anche esse, per così dire, un fascino. Non perché ci riconducono alla guerra “vera”, quella che i film di Hollywood hanno rappresentato migliaia di volte e nella quale un uomo affronta con un fucile un altro uomo munito anch’esso di fucile. La resistenza irachena e quella afghana, infatti, combattono con imboscate di vario tipo e costituiscono per gli eserciti occidentali un nemico totalmente invisibile. Bensì perché dimostrano che se la tecnologia consente, in astratto, agli Stati Uniti di disporre della possibilità di distruggere in pochi minuti una nazione e di sterminarne tutti gli abitanti, in concreto non è sufficiente a far ottenere agli USA il minimo obiettivo strategico, quello strumentale a qualsiasi altro: instaurare un governo stabile amico e pacificare il territorio invaso, al fine di perseguire i diversi obiettivi strategici finali o mediati. Sempre, naturalmente, che il popolo che subisce l’invasione sia in grado di esprimere una elite, che abbia il sostegno di una parte del popolo, disposta ad una lunga guerra di resistenza.
In questa prima puntata del nostro viaggio nelle guerre afghana e irachena offriamo in visione un video relativo ad una imboscata tesa dai mujahideen ad un plotone di soldati statunitensi che si erano avventurati a piedi per le montagne afghane. Coloro che avranno visto il filmato non si chiederanno più come mai gli Stati Uniti non hanno ancora catturato Osama Bin Laden (sempre che sia vivo) e Ayman al-Zawahiri, né ipotizzeranno chi sa quali segrete volontà strategiche degli Usa. Il video dimostra che per sconfiggere i mujahideen sulle montagne e per catturare i due capi sarebbe necessario inviare, tenuto conto che i massicci afghani sono enormi, eserciti composti da oltre centomila soldati combattenti pronti alla morte. In quel caso, forse, gli obiettivi potrebbero essere raggiunti; ma vi sarebbe anche la certezza che, con la vittoria o con la sconfitta, il 50% di quei soldati sarebbe costretto a scendere dalle montagne dentro una bara. Gli stati Uniti non vogliono – e a rigore non possono – subire un tale numero di perdite. Perciò essi non sono in grado, a priori, di sconfiggere la guerriglia afghana. Per vincere la guerra servono ancora i guerrieri. Questo gli adoratori della tecnologia lo avevano dimenticato.
Ecco il video
Cosa spinge un ragazzotto del midwest ad avventurarsi in azioni militari distanti migliaia di chilometri da casa? Che soddisfazione c'è a morire così lontani da casa e nel nome di cosa?
Cosa spinge una nazione a investire così tanto in spese militari (gli USA spendono in attrezzature militari quanto tutte le altre nazioni messe assieme) lasciando nel contempo milioni di persone per strada (gli homeless sono un fenomeno in costante crescita, prima della crisi erano oltre 30ml) cui viene negato tutto, anche il cibo?
Le risposte sono correlate.
Caro Tonguessy, alcuni si arruolano per potersi pagare gli studi, altri per trovare un lavoro stabile come un altro. Altri ancora credono davvero che, combatendo, stiano difendendo la loro patria. Altri ancora, probabilmente, abbracciano consapevolmente, con maggiore o minure cultura, la visione imperialistica degli Stati Uniti.
La "nazione" ha creduto che la guerra in Afghanistan fosse opportuna per le ambizioni geopolitiche degli Stati Uniti. E' evidente che si è trattato di un colossale errore. Il ritiro, che comunque prima o poi avverrà, anche se sotto una forma ipocrita, comporterà comunque conseguenze geopolitiche negative per gli Stati Uniti.
Quanto alle persone per strada, da un lato non dobbiamo dimenticare che parte del benessere degli statunitensi è dovuto alla politica imperialistica degli Stati Uniti – "il livello di vita degli statunitensi non può essere messo in discussione"! -; dall'altro, non credo che negli Stati Uniti gli ultimi contino granché nell'influenzare le decisioni politiche.
Certamente non si può rimproverare ai mujahideen di uccidere nelle imboscate i membri dell'esercito invasore, sia che credano nella guerra sia che si siano convinti che si tratti di una guerra inutile e ingiusta.
Forse vale la pena di ricordare le parole di Hermann Goering al processo di Norimberga:
"certo che la gente non vuole la guerra! Perchè dovrebbe un poveraccio volere rischiare la propria vita quando se gli va bene se ne ritorna a casa tutto d'un pezzo? Naturalmente la gente comune non vuole la guerra. Nè in Inghilterra, nè in Russia nè in America, nè in Germania, per quello che conta.
Si capisce benissimo. Ma, dopo tutto, sono sempre i leader della nazione a determinarne la politica ed è sempre una semplice questione di irretire le persone, sia che si tratti di una democrazia, di una dittatura fascista , di un parlamento o di una dittatura comunista."
"C'è una differenza" sottolinea l'intervistatore"in una democrazia la gente comune ha sempre modo di esprimere il proprio pensiero attraverso i suoi rappresentanti eletti, e negli Stati Uniti solo il congresso può dichiarare guerra"
"Oh, tutto questo è bene ed è bello ma, sia che abbia o che non abbia voce in capitolo la gente può essere portata dalla parte dei leader. E' molto semplice. Tutto quello che bisogna fare è dichiarare che sono attaccati e che chiunque contraddica ciò è un pericoloso pacifista senza amor patrio che espone la propria patria al pericolo.
Funziona sempre in qualsiasi paese"