Due commenti relativi al convegno organizzato dall’associazione a/simmetrie
Pubblichiamo due interessanti commenti sull'importante convegno organizzato il 23 settembre dall'associazione a/simmetrie. Il primo, intitolato Non c'è solidarietà senza verità, scritto da Luciano Barra Caracciolo e pubblicato sul blog Orizzonte48, il secondo, intitolato L'utopia europea, l'incubo della moneta unica e l'illusione del riscatto, pubblicato su Comedonchisciotte e scritto da un frequentatore del blog che si fa chiamare Clack.
NON C'E' SOLIDARIETA' SENZA VERITA'
1. Ieri sono andato al convegno sulla presentazione del "Manifesto di solidarietà europea- una proposta alternativa per superare la crisi", organizzato da a/simmetrie, ed ospitato presso la "Link University".
Sugli interventi dei vari Henkel, Kawalec, Granville e Nordvig, lascio a voi farvi un'idea, dato che, probabilmente molto presto, i loro speeches saranno disponibili in filmato.
La mia impressione è che siano persone tecnicamente preparate (il che è già una rarità) e realistiche, cioè dotate della ovvia trasparenza che consente un dialogo in piena correttezza e reciproco ascolto (Henkel ha detto, senza giri di parole, che quando si è visto che l'Italia sarebbe entrata nell'euro, gli industriali tedeschi erano contentissimi, proprio perchè noi eravamo i loro più abili competitori). Insomma, è un enorme piacere constatare che in Europa esistano ancora esponenti, segnatamente del Nord Europa, che non siano affetti dalla spocchia e dalla insensata chiusura mentale dei nostri normali interlocutori "europei" (e parlo per esperienza personale: in linea di massima, all'interno di questa esperienza, posso solo eccettuare gli inglesi. Think about it).
2. Le perplessità nascono quando si è passati al "dibattito" in cui sono intervenuti navigati protagonisti italiani della "costruzione europea".
Non starò qui a sottolineare questo o quel passaggio di singoli partecipanti, ma cercherò di darvi una sintesi complessiva delle mie impressioni.
Cominciamo col dire che, prima, durante gli interventi, l'ottimo Claudio Borghi Aquilini aveva premesso che ogni discorso partiva dall'idea che "la democrazia è meglio". Pare un'ovvietà, ma in quel contesto, è stato particolarmente significativo. E per le ragioni che i lettori di questo blog conoscono (spero) ampiamente.
Il dissidio tra democrazia costituzionale (italiana, ma, più in generale, "contemporanea", nella forma "necessitata" indicata da Mortati) e trattati UE, a partire da Maastricht, è del tutto evidente. O meglio, lo sarebbe, se non si fosse "dimenticato" il modello sociale ed economico che questa Costituzione ha indubbiamente abbracciato, per virare, invece, verso un altro modello, assunto "militarmente" nella sua forma strategica di implacabile destrutturazione del primo( sull'onda di un trentennale battage mediatico e "istituzional-culturale" di ampiezza inusitata) .
Questo, in essenza, è il tema del libro che, nel mio piccolo, sta per uscire (a giorni: terrò aggiornati quei coraggiosi che sono interessati).
3. Qui vorrei fare alcune ulteriori osservazioni che prendono spunto dal "dibattito" cui ho assistito ieri.
Ho sentito invocare, come motore per una via d'uscita dalla crisi, la ripresa della solidarietà tra paesi europei, richiamando lo stesso spirito del Trattato del 1957. Cioè attribuendo una continuità storica e strategica, (più o meno implicita) a tutta la "costruzione europea" nel suo complesso.
Questa posizione, nella sua "indistinzione" su fini e struttura dei trattati rispettivamente vigenti ante e post Maastricht (includendo l'Atto Unico, preparatorio della liberalizzazione dei capitali in Europa), porta ad una paradossale implicazione:
– che l'euro sia, in qualche modo, un'evoluzione "aggiornata" al dopo "Cortina di ferro" della solidarietà cooperativistica europea;
– che le "riforme" che, fin dall'inizio dell'applicazione di Maastricht lo dovevano necessariamente accompagnare (il famoso cammino della "convergenza"), ritraggano da questo spirito solidaristico la loro connotazione e, quindi, si dovrebbe supporre, siano anch'esse compatibili con lo Spirito della democrazia costituzionale.
4. La più grande obiezione che muovo a questa insidiosa costruzione dialettico-ideologica, è che leggendo i trattati attuali (per semplicità; essi, infatti, riprendono Maastricht, rinsaldandone i mezzi "strategici"), ma sapendoli leggere veramente, si può, piuttosto, costruire questa interpretazione strutturale nonchè sistematica, di principi cogenti e caratterizzanti:
– i trattati sono intenzionalmente composti da una miriade di parole e di concetti, che nascondono una valenza normativo-positiva (cioè il "quid novi" che introducono nel mondo del diritto vigente), per lo più, in chiave sistematica, pari a "zero", tranne che per alcune norme "scardinanti" (più che "cardine"), accuratamente selezionate e disseminate, in varie versioni e corollari, all'interno di questa pletorica costruzione pseudo-concettuale.
– Una verbosità che, quando si viene al "dunque", della normazione positivamente applicabile conduce a individuare:
a) grund-norm essenzialmente compendiabili nella "forte competizione" in un mercato unico e "stabilità dei prezzi" (riprese da corollari istituzionali- la BCE- e procedurali che li blindano…inavvertitamente, per un un qualsiasi normale lettore non dotato di un sofisticato bagaglio di conoscenze giuridiche ed economiche);
b) che ogni altro aspetto è subordinato e ridotto a "intenzioni programmatiche" di cui conosciamo le procedure complesse ma i cui contenuti sono del tutto aleatori, se non addirittura esplicitamente esclusi;
c) che, infatti, come ben si vede dall'art.6 TUE, sul "riconoscimento" dei diritti fondamentali, che "non estende in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati", tali "diritti" sono derubricati a "principi generali", cioè a previsioni normative che entrano in campo solo in via suppletiva di eventuali lacune della disciplina UE (lacune che, nella monolitica produzione giurisprudenziale delle Corti europee, tendono a non essere ravvisate praticamente mai);
d) che in tal modo, la già "subordinata" tutela dei diritti fondamentali, necessariamente inclusivi dei diritti sociali (il detestato welfare), è lasciata alla cura degli Stati, che, contemporaneamente, in virtù delle suindicate grund-norm, la cui applicazione incondizionatamente prevalente è assistita da tutto il resto della costruzione fondata sui trattati (previsioni procedurali e sanzionatorie, e atti di provenienza delle istituzioni, in testa i Consigli europei), sono posti nell'impossibilità di garantirli.
Continuare su questa analisi esigerebbe uno spazio dimostrativo enorme (nel libro, ci abbiamo provato); ma, da un lato, non basterebbe ad eradicare la convinzione della facciata-vulgata della "continuità evolutiva" della costruzione europea in chi continua e proporcela, dall'altro, si registra una realtà obiettiva talmente evidente che non ha bisogno di dimostrazione.
5. Di fronte a quello che constatiamo ogni giorno, da anni, in tutta Europa, la teoria della "continuità evolutiva" si dimostra per quello che è: un colossale strumento di propaganda idealistica, radicalmente negazionista dei fatti.
E non avrebbe senso polemizzare con i "fatti", se non fosse che il "negazionismo" ha una portata strumentale estremamente utile per la strategia di svuotamento progressivo della democrazia costituzionale delle comunità nazionali, deprivate delle conquiste di oltre un secolo di lotte con una subdola gradualità che non "deve" consentirgli di accorgersene…in tempo.
In tal senso, le "riforme" non sono altro che una metonimia che indica l'accelerata esigenza di mutare irreversibilmente il modello socio-economico costituzionale per instaurare il modello Maastricht, che ab origine, programmaticamente e strategicamente, questa solidarietà esclude.
Ed esclude la solidarietà tra le classi sociali, tra i paesi aderenti, e nella stessa più ampia comunità internazionale.
Se c'è una solidarietà residua che il modello Maastricht lascia in piedi, questa è quella tra le elites finanziarie-grandindustriali che governano il disegno ideologico (neo)europeo a matrice teorica (parliamo prima di tutto di teoria generale della sovranità e della soggettività/capacità giuridica degli individui-cittadini), "von Hayek" (consciamente o inconsciamente interiorizzata).
6. Il modello Maastricht, incentrato sull'euro, e sull'ambigua (e volutamente lasciata come "indecifrabile) equazione UE=euro, privilegia esclusivamente la solidarietà tra le oligarchie alla riscossa (in sintesi ulteriore: nel "dopo" rottura di Bretton Woods), ipostatizzando, sempre nel modo strategicamente inavvertito alle "masse", vari livelli di implacabile competizione:
– competizione economica nel mercato (lasciata alla ipocrita capacità equilibrativa e "indicativa" dei prezzi, secondo la esclusiva validazione della legge della domanda e dell'offerta), che concentra la normazione "sul mercato" piuttosto che sull'economia (quella cioè in precedenza affidata all'azione degli Stati costituzionali), secondo la versione teorizzata dal "colloquio Lippman", escludendo, come peso insopportabile (nel senso esistenziale e addirittura antropologico inteso da Padoa-Schioppa), e progressivamente, ogni forma di solidarietà "interna" tra classi sociali;
– competizione inevitabile tra Stati aderenti all'Unione, lasciata alla mera composizione dei tassi di cambio reale, possibilmente in situazione di cambio fisso (unione monetaria), in una riedizione forzata degli effetti del gold standard (come ha ben evidenziato, durante gli interventi anche Nordvig). E ciò esclude, altrettanto, programmaticamente (e in modo occultato dai media) la solidarietà tra Stati membri;
– competizione globalizzata, in una sfida raccolta, più che nella inesistente creazione di un'area europea protetta, – nella difesa dei diritti fondamentali o, per capirci, "umani"-, nella cornice mercantilista della realizzazione di una presunta crescita affidata esclusivamente all'export verso il resto del mondo. E ciò trascurando del tutto, di fatto, e al di là di pavide dichiarazioni di intenti, gli effetti di lungo termine che, sulla competitività, svolge la compressione della domanda interna: in termini di risparmio e conseguenti investimenti e profitti, consentiti effettivamente e utilmente solo da costanti interventi pubblici, con sviluppo delle conoscenze, pubbliche e solo poi private.
Ora di fronte qìa questo quadro, o se ne prende atto o si continua a vivere di…equivoci. O meglio, in termini di democrazia costituzionale (continuo a insistere su questo, perchè la Costituzione del '48, esiste e "lotta insieme a noi") a "morirne". Per Maastricht.
7. Dunque, venendo ad alcune affermazioni percepite durante il dibattito, risulta una pura (prosecuzione della) illusione, specificamente italiana, che la crisi possa essere risolta con una "ripresa" della solidarietà europea. Se ciò non fosse, appunto, una pia illusione, basterebbe a smentirla l'atteggiamento della Merkel e di Schauble, e di Olli Rehn e di Van Rompuy, e di Barroso, e…suvvia, non è neppure questione di nomi (se uno cade, come Juncker, magari spifferando scomode verità, a cui peraltro non si reagisce, un altro prenderà il suo posto).
E' questione che chi nega la solidarietà può, a ragione, invocare i trattati e il loro rispetto. E non parliamo del "mero" fiscal compact, che è solo uno sviluppo naturale della strategia di Maastricht (e della ideologia politico-antropologica di von Hayek).
Basti pensare che la Germania, tanto più accettando acriticamente il monetarismo imposto alla BCE da Bundesbank, ha ragioni da vendere sulla censura dell'OMT di Draghi: e anche ben al di là della questione della mission BCE ex artt.123 e 127 TFUE (quelli della mera finalità della stabilità dei prezzi e del divieto di acquisto dei titoli sovrani, per farla breve). Gli artt.124 e 125 del TFUE, infatti, recitano:
Articolo 124(ex articolo 102 del TCE)
È vietata qualsiasi misura, non basata su considerazioni prudenziali, che offra alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell'Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti
pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri un accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie.
Articolo 125(ex articolo 103 del TCE)
1. L'Unione non risponde né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, dagli enti regionali, locali, o altri enti pubblici, da altri organismi di diritto pubblico o da imprese pubbliche di qualsiasi Stato membro, fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in comune di un progetto economico specifico. Gli Stati membri non sono responsabili né subentrano agli impegni dell'amministrazione statale, degli enti regionali, locali o degli altri enti pubblici, di altri
organismi di diritto pubblico o di imprese pubbliche di un altro Stato membro, fatte salve le garanzie finanziarie reciproche per la realizzazione in comune di un progetto specifico.
8. Allo stesso modo, ci pare puramente formalistico dire che nei trattati originari e negli atti e regolamenti conseguenti a Maastricht si fosse fissata una possibilità di fare "deficit" pubblico al 3%, per consentire la "crescita". Questo limite è già di per sè una rigidità insostenibile, e come tale si è rivelata, drammaticamente in questi ultimi anni, a fronte della esistenza dei cicli economici. Acutizzati, per intrinseca prevedibilità – segnalata fin dall'inizio dagli economisti più prestigiosi-, dai meccanismi di squilibrio competitivo innnescati dalla moneta unica.
Il fatto è che la stessa "de-negativizzazione" del manifestarsi dei cicli – considerati, per dogma, sempre imputabili in sè all'intervento statale nell'economia, la loro risoluzione facendone carico esclusivamente sul fattore lavoro e sulla sua versione imprenditoriale "unfit", la piccola e media impresa, gli alberi deboli del bosco della evoluzione darwinista che considera oligopoli e monopoli quali naturali "manifestazioni" dell'evoluzione della "grande società" del mercato globale-, è l'essenza della neo-macroeconomia classica che governa l'UE.
E quindi "annotare" analiticamente le clausole dei regolamenti sulla "stabilità e la convergenza" culminati nel fiscal compact, evidenziadone la incompatibilità con le superiori norme dei trattati (e quindi la inefficacia-nullità), non riesce a nascondere il vero problema: l'originaria incompatibilità del disegno di Maastricht coi principi fondamentali della democrazia costituzionale. Invocare, pertanto, una ripresa della solidarietà tra Stati, una volta che una ventennale applicazione, ha portato alla affermazione consolidata del paradigma opposto, significa "wishful thinking" accoppiato a una mancanza di prospettiva storico-politica che si scontra con rapporti di forza la cui realtà è evidente in ogni atto e in ogni prevedibile direzione che assume oggi l'azione delle istituzioni UE e degli Stati che, nella logica degli "assetti di fatto prevalenti", che vale nel diritto internazionale, impongono alle prime la propria convenienza.
9. Certamente il sistema, basato sulla irrealistica correzione degli squilibri per forza "naturale" delle leggi del mercato del lavoro sempre più liberalizzato, è destinato al collasso.
Per le ragioni sopra evidenziate, ma non solo qui; eloquentemente dimostrate dai dati esposti da Brigitte Granville, dalle sempre più stringenti angolazioni di vari economisti italiani, al primo posto del quali, in ordine di tempo e di nitidezza inequivocabile dell'analisi, non possiamo non porre Alberto Bagnai.
In questo senso, la "solidarietà nel quadro dei Trattati" attuali, fondata sulla prospettazione della "continuità evolutiva" rispetto alla realtà del "mercato comune" originariamente concepito, è semplicemente una "non soluzione". Non c'è un "euro buono", come non c'è un Maastricht collegabile alla solidarietà, tra Stati e in qualunque altra proiezione che ne rifletta il senso accolto dalle costituzioni democratiche, pluriclasse, successive alla seconda guerra mondiale.
10. C'è solo lo stretto pertugio di europei, che credendo in una forma oggettiva e "primigenia", di dialogo e di reciproca trasparenza, non inficiata dalle formule stantie che dissimulano l'essenza normativa effettiva dei trattati, ricomincino a dialogare sulla base del riconoscimento delle rispettive diversità e della legittimità dei rispettivi interessi nazionali. Democratici e sanciti dalle Costituzioni.
Intanto che qualcuno trovi un altro e migliore modo di garantire il livello di diritti umani e sociali che, in Europa, ha contrassegnato una stagione di civiltà avanzata che si vuole con troppa fretta liquidare per sempre.
L'UTOPIA EUROPEA, L'INCUBO DELLA MONETA UNICA E L'ILLUSIONE DEL RISCATTO
La presentazione del “Manifesto Di Solidarietà Europea” si è tenuta oggi 23 settembre 2013 presso la Link Campus University di Roma ed è stata stata organizzata dalla associazione A/Simmetrie che fa capo al prof. Alberto Bagnai.
Il “Manifesto Di Solidarietà Europea” è il documento sottoscritto dallo stesso Bagnai e da una serie di economisti e analisti di tutta Europa, volto a dare una possibile soluzione ai problemi causati dalla moneta unica e dai regolamenti che riguardano le questioni economiche dei paesi aderenti alla UE.
http://european-solidarity.eu/
Dopo una rapida introduzione del moderatore Guido Salerno Aletta di Milano Finanza, e un ancora più breve saluto ai presenti di Bagnai, si è entrati subito nel clou del convegno. Ovvero la prolusione del prof. Giuseppe Guarino, Professore Emerito dell'Università “La Sapienza” di Roma, che ha rappresentato il vero valore aggiunto dell'evento.
Ancora una volta Guarino ha dimostrato la sua statura umana e intellettuale, capace di frapporre, sia pure senza volere e con naturalezza, veri e propri abissi nei confronti di ogni altro relatore dell'evento, conservando peraltro la sua innata simpatia e disponibilità.
Con semplicità di termini e comprensibilità di concetti, innanzitutto ha posto nell'evidenza più significativa le enormi contraddizioni esistenti tra i trattati fondativi dell'UE e i regolamenti che riguardano la moneta unica. Poi, fatto ancora più importante, ha dimostrato l'esistenza della possibilità di sottrarsi al giogo eurocratico per mezzo delle clausole di “opting out”. Quelle che hanno permesso all'Inghilterra di restare fuori dalla moneta unica e in seguito sono state concesse anche alla Danimarca. La Svezia, addirittura, non ha neppure dovuto richiederle ma si è limitata ad applicarle “motu proprio”.
Le ragioni sostenute da Guarino a favore della sua tesi riguardano il fatto che malgrado la loro scelta, i paesi che preferiscono l'opting out sono equiparati in tutto e per tutto, da regolamenti e trattati, a quelli effettivamente entrati nella moneta unica.
Quindi non sono assolutamente degli Stati Membri di serie B o peggio pecore nere, ma hanno tutte le prerogative, nessuna esclusa, di quelli inclusi nell'eurozona. Il che, se paragonato allo status di PIIGS attribuito pretestuosamente agli Stati periferici, che malgrado siano contributori netti vengono quotidianamente massacrati assieme alle loro popolazioni per sostenere il benessere negli Stati egemoni in ambito UE, fa sempre il suo effetto. E tratteggia in tutto tondo un ulteriore paradosso della malafede eurocratica. In merito al quale una classe politica degna di questo nome e non costituita da un branco di collaborazionisti dovrebbe agire concretamente, una volta e per tutte.
Oltre al precedente rilevante costituito dagli stati che hanno deciso di utilizzare la clausola dell'opting out, il prof. Guarino ha specificato l'inesistenza di norma alcuna che vieti di ricorrervi anche in una fase successiva all'adesione all'Euro.
In seguito Guarino non ha mancato di rilevare le numerose e palesi contraddizioni tra gli obiettivi di crescita e armonizzazione tra le economie dei diversi Stati, sanciti nei trattati europei, e gli effetti dei regolamenti della moneta unica. Quelli cioè che negano letteralmente la crescita dei paesi aderenti, stante l'impossibilità di investire a debito per via dell'obbligo del pareggio di bilancio. Il loro effetto è stato tale da aver causato il pressoché totale azzeramento per la crescita economica degli Stati Membri.
Non solo dell'Italia e dei cosiddetti periferici, ma anche di quelli ritenuti virtuosi, come la stessa Germania, che sta al pari dell'Etiopia attorno al 15mo posto nella classifica dei paesi con la crescita minore.
Tutti gli stati della zona Euro sono inclusi nelle 40 posizioni di coda. In generale tutti quelli della UE restano molto lontani dalle zone di vertice. Proprio a indicare la valenza negativa della moneta unica che influenza anche i paesi europei che non la adottano
Un intervento lungo, quello del prof. Guarino, e di gioviale leggerezza formale. Ma allo stesso tempo implacabile nell'evidenziare le conseguenze di una costruzione e di una regolamentazione malfatte, causa del tracollo economico di tutto il Continente. E che sta trascinando verso il basso le altre economie, anche quelle dei paesi emergenti che fino a poco tempo fa sostenevano la crescita a livello planetario.
In sostanza, chiude il prof. Guarino, l'Euro ha vulnerato la democrazia degli Stati che vi hanno aderito.
Nonostante l'età il Professore ha sostenuto il suo intervento con una verve, una precisione, una lucidità e una progressione argomentativa fin quasi sbalorditive, tali da fargli augurare una vita lunghissima da parte di ogni sincero fautore della democrazia.
Di gente così non se ne fabbrica più: se ne è perso proprio lo stampo. Quindi occorre che la si tenga da conto con la cura più premurosa.
Un'ultima considerazione del prof. Guarino ha riguardato la sua convinzione, maturata proprio nello studio delle contraddizioni dell'eurozona, che ormai parametri come il PIL, il suo rapporto col debito e gli altri utilizzati di solito nelle analisi economiche siano obsoleti. E che vadano sostituiti con un indice ricavato dal costo effettivo degli interessi sul debito sostenuto da ogni Stato.
La pausa per un coffee break di qualità eccellente conclude la prima parte della presentazione.
Gli interventi degli altri relatori hanno fatto piombare nel grigiore il convegno, escluso in parte quello della professoressa Brigitte Granville, docente alla School of Business and Management della Queen Mary University di Londra. Con il supporto di una buona quantità di dati, ha messo in luce non solo i problemi attuali, ma anche quelli ancora peggiori che l'Euro causerà ai paesi UE nel prossimo futuro.
Unica alternativa è che la Germania si decida a effettuare massicci trasferimenti di ricchezza verso gli altri paesi. Cosa che ha già dimostrato di non essere assolutamente intenzionata a fare. Peraltro secondo i dati illustrati dalla Granville andrebbero effettuati in una misura fuori da ogni ragionevole attuabilità. Dato che solo verso la Francia i tedeschi dovrebbero trasferire il 4% del loro PIL ogni anno.
In mancanza, la stessa Francia si ritroverà nel 2026 con un rapporto debito/PIL superiore al 200%, che salirà nel 2032 al 250%. E malgrado non faccia (ancora) parte dei PIIGS.
Figuriamoci cosa potrà accadere ai paesi periferici.
Dopo l'intervento del polacco Stefan Kawalec (Capital Strategy) e di Jens Nordwig (Nomura), è stata la volta di Hans Olaf Henkel dell'Università di Mannheim, ex capo della Confindustria tedesca.
Nessuno escluso, i relatori esteri hanno puntato gran parte della loro attenzione sui mercati, parola riecheggiata nell'aula del convegno con la frequenza di gran lunga maggiore nei loro interventi. A fronte della quale il benessere condiviso e la dignità non sono stati menzionati praticamente mai. E neppure gli individui, i lavoratori, le famiglie e i cittadini se non per colpevolizzarli, come vedremo tra poco.
Al di là di questo, comunque rivelatore di un abito mentale tipico di chi può essere estremamente preparato e competente ma dà l'impressione di vivere una realtà avulsa da quella dei comuni mortali intrappolati nel torchio eurocratico, l'immagine espressa dai cofirmatari del Manifesto Di Solidarietà Europea è stata di una freddezza glaciale e di una concentrazione totale ed esclusiva sui numeri. Del tutto scevra però dall'apparenza di qualsiasi forma di comprensione per il loro addentellato con la vita reale, in modo tale da non permettere di comprenderne il vero significato traslato nel quotidiano di chi deve confrontarsi con gli effetti di un progetto tanto nocivo.
Prescindendo dagli scopi della presentazione, un contegno simile richiama alla mente con la più grande prepotenza le parole di J. Attali, consigliere di Mitterrand e padre dell'Euro: “…cosa credeva la plebaglia europea, che l'Euro fosse fatto per il loro benessere?”
Da parte sua Henkel ha confermato la tipica mentalità tedesca, incentrando il suo intervento sui problemi che la moneta unica causerà al suo paese, oltre a quelli periferici. Tra l'altro si è reso protagonista di un esempio di maleducazione plateale quando, presentandosi in ritardo, non si è curato di aver disturbato l'uditorio ponendosi tra questo e il palco mentre si prolungava nel salutare gli altri relatori esteri. Interrompendo oltretutto, e senza neppure scusarsi, il discorso del Professor Guarino, da parte sua visibilmente imbarazzato e sorpreso da un comportamento simile.
Al di là di questo, la sincera impressione che ho ricavato dai cofirmatari del documento di cui è stata eseguita la presentazione, è che abbiano un interesse non così pressante per la sua valenza di strumento atto alla riduzione delle conseguenze materiali dell'Euro su una platea di milioni di cittadini europei. Quanto invece di interpretarlo alla luce della propria ambizione personale, nell'andare a presidiare posizioni che hanno ottime probabilità di acquisire rilevanza nel prossimo futuro. Tale da conferire maggiore visibilità e affermazione.
Si è passati così agli interventi degli ex ministri Giorgio La Malfa e Vincenzo Scotti, oggi rettore dell'università presso la quale si è tenuto il convegno. Entrambi hanno dato l'impressione di essere preoccupati soprattutto di puntualizzare che i problemi riscontrati nella fase successiva all'adozione dell'Euro siano causati da ripetuti errori di progettazione della moneta unica e di stesura dei regolamenti. E poi di analizzare con un certo puntiglio ciascuno di quegli errori.
Se la vita insegna qualcosa, è proprio che certi fatti difficilmente avvengono per caso, soprattutto in determinati ambiti. Quanto invece per interessi ben specifici, che poi sono quelli che hanno goduto dei vantaggi maggiori: un cumulo simile di errori di rado può essere fortuito e tantomeno frutto dell'inadeguatezza di chi ha promulgato la moneta unica.
Ancora una volta la tesi “pasticcionista”, oggi tanto di moda e in apparenza conveniente, sembra dover essere destituita di fondamento
Inevitabile poi chiedersi, e lo chiede anche Scotti, dove si trovassero coloro che oggi interpretano il ruolo di fustigatori dell'Euro, nel momento in cui si sarebbe dovuto mettere in guardia la cittadinanza. Perché mai quest'urgenza di critica nei suoi confronti la si dimostra solo ora che il danno è fatto?
A seguito del suo breve intervento, Bagnai è stato alquanto rampognato da Scotti, al quale ha risposto tentando di rassicurarlo riguardo all'essere d'accordo con lui su tutte le posizioni. Cosa che l'ex ministro ha preso visibilmente con ampio beneficio d'inventario.
Da notare l'assenza pressoché totale della classe politica. In particolare di quella appartenente alla “sinistra”, più o meno pseudo. Che come sempre sulle questioni eurocratiche preferisce non ammettere la colpa della propria Realpolitik, e tantomeno gli effetti disastrosi che ha causato, in primo luogo a danno delle classi sociali che ha da tempo rinnegato.
Invece trova più confacente farsi scavalcare dalla destra: ecco allora che l'unico personaggio politico di spicco a partecipare al convegno è stato Gianni Alemanno, trattenutosi per l'intera sua durata e chiamato dal moderatore a un breve intervento. In esso ha descritto la sua esperienza fatta a Cancun, ai tempi in cui era ministro dell'agricoltura. Mentre i rappresentanti di gruppi omogenei di stati, come quelli dei paesi emergenti, parlavano con una voce sola in funzione del loro interesse comune, i diversi rappresentanti delle nazioni europee hanno sempre dimostrato di voler perseguire ciascuno il proprio tornaconto, con dichiarazioni ed obiettivi perennemente divergenti. Dimostrando così non solo l'incapacità di ottenere un qualsivoglia risultato tangibile, ma quale fosse la reale entità della sedicente Comunità Europea. Anche solo in questioni di immagine.
L'intervento di Claudio Borghi Aquilini, oltre a puntualizzare le sue posizioni politiche, ha fornito almeno un modo inedito di descrivere gli effetti dei problemi indotti dall'Euro così come è stato concepito. Che a mio avviso è centrato e istruttivo.
Ha paragonato le economie di ogni stato dell'eurozona ai pistoni di un motore, che invece di girare in accordo gli uni con gli altri se ne vanno per conto proprio. Causando per forza di cose la rottura del motore, in assenza di un dispositivo meccanico atto ad armonizzare il loro funzionamento.
Altra presenza di rilievo è stata quella di Antonio Rinaldi, l'autore del libro Europa Kaputt. Dovrebbe essere distribuito nelle edicole ma è in pratica introvabile. Con grande cortesia ne ha distribuito al pubblico presente alcune copie.
L'accadimento che reputo più istruttivo dell'intero convegno è stato quando il dott. Aletta ha invitato i relatori esteri a porre qualche domanda agli ex ministri italiani. Allora Henkel ha posto una domanda a Scotti imputandogli una posizione del tutto contraria a quella che invece aveva sostenuto pochi momenti prima.
E' possibile che il servizio di traduzione simultanea non fosse il migliore di questo mondo, e per carità di patria si è visto costretto ad addossarsi la colpa del malinteso. Un po' come, quando sparisce un prezioso in casa, la colpa si dà sempre alla colf. La cosa, che potrebbe sembrare un semplice incidente di percorso, a viverla di persona ha assunto contorni alquanto surreali. Dimostrando una volta di più come sia utopico il mettere nello stesso contenitore popoli di linguaggio, cultura, storia e sensibilità differenti al punto di equivocare persino su questioni di una certa banalità.
Come se non bastasse, Henkel ha voluto fare proprio il luogo comune che i greci non paghino le tasse per metterlo in relazione alla crisi profondissima del loro paese. Punto di vista inaccettabile essendo noto che in quel paese ci sono centinaia di migliaia di bambini malnutriti, le persone per scaldarsi d'inverno sono ridotte a dare fuoco alle suppellettili della loro casa e nei supermercati si vendono a prezzo minore generi alimentari scaduti perché molti non hanno la possibilità di acquistare quelli a prezzo pieno. Li si è ridotti in condizioni simili e, malgrado si viva in un paese tanto ricco o forse proprio per questo, l'unica cosa di cui ci si riesce a preoccupare è se paghino le tasse o meno.
Pazzesco.
In quel momento avrei voluto mettere quei tecnocrati di fronte al loro cinismo.
Ripensandoci a freddo, sarebbe stato fiato sprecato. Non avrebbero mai capito, o comunque avrebbero finto di non farlo e avrei scatenato una polemica inutile.
Tuttavia non posso esimermi dal riportare una simile prova di indifferenza, che oltre a mostrare quale livello di banalizzazione abbia raggiunto ormai l'esercizio del male su milioni di persone, sancisce una volta di più quale sia il vero collante che tiene legati assieme Stati che non hanno nulla a che fare l'uno con l'altro. A parte una qualche contiguità geografica e la discriminazione arbitraria che i più forti pretendono di eseguire sui più deboli al fine di spossessarli con maggiore facilità delle loro magre ricchezze.
Per essere sincero ero in qualche misura preparato a cose simili, dato che in passato ho potuto partecipare a svariati convegni di livello internazionale, in qualità di rappresentante italiano. Nel quadro di un programma di incontri con i rappresentanti di lavoratori e sindacati europei, volto a costituire un'entità comunitaria anche a quel livello. Ambito nel quale ho potuto sperimentare di persona la disposizione da parte dei rappresentanti tedeschi e dei paesi dell'area germanofona a fare fronte unico ai fini dell'acquisizione di un controllo assoluto, sia pure di organi puramente consultivi.
Malgrado ciò le parole di Henkel sono state una frustata in piena faccia e un insulto alle sofferenze di tanti individui: davvero una posizione inammissibile, ancor più in chi si proclama sostenitore di una solidarietà che dimostra essere di facciata già a parole.
Come non attribuire a tutto questo la valenza di ulteriore riprova dell'approccio di cui ho parlato in precedenza. Ma soprattutto del fatto che i popoli spinti sempre più verso la povertà dalla casta europoide non possano attendersi nulla da un'elite di tecnocrati ambiziosi. E men che mai possano delegare ad essa una qualche speranza di riscatto.
A quel punto la chiusura del grande Professor Guarino, per quanto interessante e finalmente centrata su quello che si immagina dovrebbe essere lo spirito e l'obiettivo concreto di un Manifesto di Solidarietà Europea, ha potuto risollevare solo in parte gli esiti di un convegno organizzato probabilmente con scopi di altro spessore e non senza dispendio di mezzi. Ma che ancora una volta non ha potuto che mettere nell'evidenza più cruda le incongruenze di un'unione tra individui di radici, cultura e pensiero troppo diversi, che a vari decenni dagli inizi delle esperienze comunitarie si dimostra quanto siano difficilmente canalizzabili verso una convergenza che riesca a produrre vantaggi suddivisi equamente.
Didascalia immagine di apertura.
Grafico della prof. Granville, elaborato su dati Thomson Reuters: il rapporto debito/PIL francese, oggi inferiore al 100%, è atteso oltrepassare la soglia del 200% nel 2026 e del 250% nel 2032, qualora non intervengano modificazioni significative per gli assetti, i regolamenti e la distribuzione della ricchezza tra gli stati dell'eurozona.
24.09.2012
enrdean@libero.itL'unica cosa veramente interessante ma soprattutto vera e' dove erano tutti questi professori quando e durante la costruzione Dell 'euro.Non dimentichiamo che di professori ne abbiamo avuto tanti e in particolare Monti. Aggiungiamo anche politici scavati dalla democrazia cristiana e il quadro e' completo. Mancano i cittadini che sono la parte vera di questo paese che da quando sono stati estromessi i risultati si vedono.arrivederci a mai più'.