Centrodestra e centrosinistra contro la storia d'Italia
di Stefano D'Andrea
Vorremmo concorrere alla critica della dicotomia destra-sinistra, seguendo un itinerario inesplorato o poco esplorato: ipotizzare alcune proposte politiche e dimostrare che esse, da un lato, non sono qualificabili né di destra, né di sinistra, se si muove dagli schieramenti politici attuali – entrambi gli schieramenti, infatti, le avversano -, dall’altro sono sia di sinistra che di destra se si guarda agli schieramenti politici che hanno governato l’Italia o comunque rappresentato gli italiani durante il ventennio fascista e i quarantacinque anni di governo democristiano-comunista-socialista.
Scopriremo, allora, che un gran numero di posizioni politiche accomunano fascismo, comunismo, socialismo e cattolicesimo democratico italiani; mentre le posizioni politiche opposte accomunano il “centrodestra” e il “centrosinistra”. Avremo così compreso l'imponenza della “rivoluzione” si è verificata in Italia. Una rivoluzione, a nostro modo di vedere, senza alcun volto positivo, mentre di positivi e di molto positivi ve ne furono sia nel Risorgimento, sia nel Fascismo sia nella Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza. Avremo allora contezza del disastro che è accaduto. E dell'immane compito al quale sarà chiamata, speriamo prima possibile, una parte degli italiani.
Procederemo per piccoli passi: una “forma” che internet sembra suggerire e anzi imporre. Perciò in questo articolo ci limiteremo a sollevare qualche dubbio e a tracciare la linea del discorso.
C’è stata in Italia, negli ultimi venti anni, una "rivoluzione", intesa come mutamento sistemico di rilevanza costituzionale, paragonabile, per conseguenze, al Risorgimento, al Fascismo e alla Costituzione nata dalla Resistenza? E’ già inquietante ipotizzare che la risposta possa essere positiva, perché in pochi si sono accorti della rivoluzione, almeno negli anni nei quali gran parte dei cambiamenti accadevano, e quindi gli Italiani che avrebbero programmato, voluto e realizzato la rivoluzione sarebbero veramente pochi. La rivoluzione, se c'è stata, è stata silenziosa. Come è potuto accadere che un mutamento di rilevanza costituzionale paragonabile per entità delle conseguenze all'unificazione dell'Italia, all'istaurazione del governo fascista e alla Costituzione della Repubblica, non abbia trovato alcuna resistenza?
Il carattere silenzioso della rivoluzione implica che essa è stata realizzata concordemente dalle due coalizioni che da oltre quindici anni governano l'Italia e forse anche dai governi tecnici che hanno "amministrato" l'Italia nei primi anni novanta. Ed è anche possibile – anzi noi cercheremo di argomentare che le cose stanno così – che essa sia stata resa possibile dallo sbandamento e dalla degenerazione degli ultimi rimasugli delle forze politiche che realizzarono la precedente rivoluzione, ossia la Costituzione Repubblicana.
Se ne dovrebbe trarre la conseguenza che i due schieramenti politici che governano l'Italia da oltre quindici anni si collocano dalla stessa parte – quindi sono un unico partito – rispetto al logico fronteggiarsi, da un lato, dei principi che accomunavano le forze che avevano realizzato la Costituzione e, dall'altro, dei principi opposti accolti concordemente dal centrodestra e dal centrosinistra.
Per ben impostare il problema, anzi, sarà necessario verificare se, in tutto o in parte, ed eventualmente in gran parte, i principi comuni alle forze che realizzarono la Costituzione della Repubblica, e che sono stati abbattuti dal centrosinistra e dal centrodestra, appartenevano anche al governo fascista. In tal caso si dovrebbe prendere atto che la rivoluzione silenziosa ha abbattuto – speriamo non sradicato – un albero sorto almeno settantacinque anni prima. In questa introduzione, considereremo fondata anche questa ipotesi; in articoli che seguiranno forniremo la dimostrazione che effettivamente lo è.
Giungeremo alla conclusione che alla distinzione destra/sinistra è possibile contrapporne un'altra. Designeremo quest'ultima con i nomi dei soggetti politici che, nella storia d'italia, hanno accolto i due gruppi di principi comuni. "Centrosinistra e centrodestra", da un lato; "Fascisti, Comunisti, Socialisti e Democristiani", dall'altro.
Altro che centrodestra contro centrosinistra! Centrodestra e centrosinistra contro fascisti, comunisti, socialisti e democristiani italiani. Diremmo anche "centrodestra e centrosinistra contro la storia d'Italia".
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"i quarantacinque anni di governo democristiano-comunista-socialista" mi preoccupano non poco. Forse fai riferimento alla compartecipazione di PCdI e PRC ad alcuni governi recenti. Ma il vecchio PCI non ha mai partecipato a nulla. E quando era in procinto di farlo sono prontamente intervenuti gli anni di piombo e la strategia della tensione che, cosa singolare, ha accumunato l'estrema destra con l'estrema sinistra per "sconsigliare" gli Italiani a proseguire per quella strada. Centrodestra=centrosinistra e estremadestra=estremasinistra?
No. E' vero che il PCI non stava al governo dello Stato bensì soltanto al governo di molte regioni e importanti città. E tuttavia, la mia tesi è che come gli Stati Uniti sono governati da decenni dal partito democratico e dal partito repubblicano; e come l'Italia è stata governata negli ultimi anni dal centrodestra e il centrosinistra; allo stesso modo l'Italia è stata governata per 45 anni da comunisti socialisti e democristiani, anche se non c'era alternativa di governo. E' fisiologico che sia così in democrazia, perché al di là delle apparenze, i partiti che si alternano o pretendono di alternarsi, partecipando alle elezioni, devono muovere necessariamente da presupposti comuni.
Le prove? Basta citare qualche dato. 1) Negli anni cinquanta, al culmine della guerra fredda e delle contrapposizioni ideologiche, più del novanta per cento delle leggi emanate dal parlamento italiano furono approvate all’unanimità; 2) nel 1970 lo statuto dei lavoratori fu approvato dal settanta per cento del parlamento, con l'opposizione dei liberali (mi pare) e l'astensione del PCI che pretendeva di più (è evidente che se il voto del PCI fosse servito per far passare la legge, esso ci sarebbe stato); 3) la legge sull'equo canone fu votata da "entrambi gli schieramenti"; 4) la distribuzione dei tre canali RAI a PCI, PSI e DC è nota; 5) la riforma del diritto di famiglia fu approvata, con il consenso delle sinistre, da un parlamento a maggioranza democristiana.
Era l'unità della nazione: l'applicazione, lenta e non priva di contrasti,del programma costituzionale. Lo hanno chiamato consociativismo e hanno distrutto l'Italia.
Oggi centrodestra e centrosinistra hanno molti presupposti comuni, opposti ai presupposti comuni di DC, PCI e PSI (e questa è la tesi dell'articolo ed è il punto più dolente), soltanto che anziché accordarsi come facevano quelli, litigano sui corollari e sulle applicazioni dei comuni presupposti (e alternano una legge ad un'altra, che modifica i corollari e le applicazioni dei principi stabiliti dalla prima). E gli Italiani guardano il triste spettacolo comodamente sdraiati sul divano davanti alla TV.
Caro Tonguessy, per qualche ragione è scomparso il commento con il quale ti avevo risposto. Troverai una replica più articolata nell'articolo "Dalla democrazia bloccata al blocco della democrazia"