Quale cultura nella decadenza

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Una risposta

  1. stefano.dandrea ha detto:

    Caro Marino,
    ho qualche perplessità sulla utilizzabilità della formula “decadenza di civiltà” applicata all’intero globo.
    Ciò vale sia in generale, intendo con riguardo ad ogni tempo storico, sia in particolare, con riguardo al tempo presente.
    In particolare, non mi sembra che la crisi economica possa essere predicata con riguardo alla Russia alla Cina o all’India.
    La crisi economica non è una costante della Russia, che negli ultimi 15 anni ha visto complessivamente migliorare i suoi indici e nemmeno della Cina, la cui crisi economica, da tempo annunciata, non è nemmeno iniziata. Anche l’India mi sembra che da anni veda una crescita continua del PIL. Già questi tre stati hanno la metà degli abitanti del pianeta.
    Quanto poi alla crisi geopolitica, essa, come crisi della pax statunitense, è indubbiamente universale, perché è un fatto che è vero per tutti. Ma si tratta di una crisi attesa da molti, voluta da parecchi e persino provocata da alcuni. Le prospettive geopolitiche della Russia o della Cina mi sembrano migliori di ciò che i più potevano attendersi o si attendevano venti anni fa:per Cina e Russia dunque non si ha decadenza ma aumento di potenza. L’aumento del rischio di guerra tra potenze è un costo necessario della crisi della pax statunitense. Non si può desiderare il passaggio dall’unilaterlaismo al multilateralismo, senza al contempo “desiderare” (ossia sapere che verrà) il rischio del conflitto. E non so nemmeno se per le medie potenze, i popoli agli albori o le nazioni in crisi, lo scontro tra grandi potenze (non nucleare, si spera e si crede) sia una ipotesi peggiore dell’alleanza tra le grandipotenze, che schiaccerebbe tutti.
    Sempre sotto il profilo geopolitico, non so se da un punto di vista neutrale e descrittivo possa considerarsi parte della decadenza geopolitica la reislamizzazione in atto nei paesi islamici, dove i “laici” diventano semilaici, i semilaici diventano islamici, gli islamici islamisti e gli islamisti guerrieri disposti al martirio (decine di migliaia). Certamente, nei paesi islamici, per i vecchi detentori del potere c’è crisi. Ma per altri popoli, altre elite, altre ideologie si aprono spazi inattesi.
    Solo la crisi ecologica è universale, per sua natura. Ma essa non è avvertita come crisi fondamentale dalle popolazioni (che sentono mille volte di più il peso della povertà, dell’impoverimento, del fallimento, della emigrazione, della disoccupazione e dei conseguenti fallimenti familiari) e non dà luogo e forse non può dar luogo a proposte politiche degli Stati, almeno relativamente ai suoi tratti “globali”, come il riscaldamento globale, forse anche perché il riscaldamento globale, almeno nel medio periodo, che è l’unico ad assumere una rilevanza storico-politica, se svantaggia alcuni stati ne avvantaggia altri.
    Le tre crisi, invece, possono essere oggettivamente predicate per il mondo “occidentale”.

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