Fattori determinanti o dominanti: Tecnologia, Mercato, Società
Riprendo in breve un argomento già trattato in un precedente scritto per approfondirne alcune riflessioni.
A seguito di alcuni scambi d'opinione con un dotto interlocutore mi è stato fatto notare come la priorità, rispetto all'approccio e all'analisi delle attuali tendenze storiche, sia da attribuire ai dati prima ancora che al pensiero per quanto illustre dei filosofi.
Non dissento affatto con questa osservazione. Ci mancherebbe altro.
I dati sono essenziali.
Ed ancor più la capacità di leggerli e comprenderli.
Ciò non toglie che le tesi trattate in quella sede e sostenute da più di un decennio dal filosofo in questione, non sono affatto in contraddizione con le previsioni degli attuali indicatori socio-economici.
Segno evidente che alla capacità di approfondimento teorica deve accompagnarsi necessariamente anche una lucida interpretazione degli eventi da filtrare non solo attraverso la lente storico-sociologica ma anche attraverso l'analisi scientifica.
Detto questo, il motivo per cui torno sull'argomento è per aggiungervi qualche ulteriore considerazione e spunto di discussione.
In tal caso, infatti, andrò in controtendenza rispetto alle conclusioni cui il "filosofo" giungeva allo scopo di avvicinarmi e confrontarmi più direttamemte con le "critiche" che il mio dotto interlocutore metteva in evidenza.
Con riferimento alla supremazia della società della tecnica sul tramonto del capitalismo e la capitolazione della democrazia, il precedente scritto terminava con l'auspicio "proprio" di un risveglio democratico-costituzionale.
Diversamente da quanto ipotizzato da Severino (il filosofo in questione) sul predominio della "Tecnologia" ed in contrapposizione alla tesi del dotto interlocutore sulla "capture" del "Mercato" sugli assetti politico-istituzionali, quel mio auspicio sollecitava una presa di coscienza del nostro ruolo attivo all'interno della "Società". Un ruolo che non fosse o si traducesse solo in speranza utopistica in un futuro calato dall'alto.
In altri termini, si trattava e si tratta tuttora di decidere se operare per il governo della realtà o pilatescamente lasciarsi dominare da essa.
In tale ottica, tecnologia, mercato e società non necessariamente, quindi, dovrebbero essere interpretate come forze conflittuali (come dal punto di vista di Severino) né altrettanto necessariamente la società, ossia ed in tal senso la democrazia costituzionale, debba essere ormai considerata inevitabilmente come vittima sacrificale di un capitalismo ordoliberista che ha sottomesso a se e definitivamente: scienza, tecnica e istituzioni.
L'impegno e l'ingegno politico, che parta da una solida familiarità con i dati fattuali e dalla coerenza dei concetti causa-effetto e mezzi-scopi, deve essere in grado di approdare ad una visione d'insieme degli eventi e delle problematiche rispetto alle quali sia al contempo all'altezza di proporre soluzioni ed alternative.
In questo quadro la strategia programmatica e d'azione dell'ARS si inserisce in modo genuino e chirurgico dando voce, senso e contenuto a quel vuoto politico che nello scenario contemporaneo è andato via via creandosi nel corso di questi ultimi decenni.
La ripresa dei principi costituzionali, la nuova enfasi e linfa vitale che si sta tentando di ricostruire intorno ad essi, la promozione di un nuovo risveglio culturale e di una fattiva presa di coscienza sociale, sono tutti elementi caratterizzanti del percorso di crescita dell'Associazione Riconquistare la Sovranità e dei suoi sinceri aderenti e militanti.
E' nostro compito dare ancora più vigore e forza a questo messaggio con l'auspicio appunto di una ritrovata coerenza dei concetti causa-effetto e mezzo-scopo.
Se la causa è la deregolamentazione ordoliberista, l'effetto sarà la distruzione dello stato sociale.
Se contrariamente ci si prefigge come scopo "proprio" la democrazia costituzionale allora ogni mezzo non potrà che adeguarsi per tendere ad essa.
Vi saluto con un "estratto" veloce, preso da un libro di un celebre economista del secolo appena trascorso. Un economista che in tema di fatti ed aneddoti non si può certo non riconoscere che ne avesse da raccontare.
Così si esprimeva riguardo ai soloni ed ai decisori politico-economici del proprio tempo:
"…La nostra epoca mostra una certa riluttanza ad attribuire grandi effetti alla pochezza umana, cioè a quella che in un'epoca semanticamente meno cauta veniva chiamata stupidità.
Noi preferiamo credere che ogni azione umana sia determinata da forze sociali più profonde. In effetti la tolleranza ha sempre i suoi lati buoni.
Ma dovremmo deciderci ad ammettere che la pochezza – cioè l'ottusità unita all'inerzia – costituisce un problema. E che non è inevitabile.
Si sono avuti in passato esempi felici di politica economica. E noi dobbiamo partire dal presupposto che furono felici non per un puro caso fortunato ma per merito di persone informate ed energiche.
In futuro non sarà certo più facile che in passato, per il profano o per il politico incompetente, distinguere gli uomini capaci dagli altri.
In compenso non è per niente difficile distinguere il successo dal fallimento. D'ora in avanti per tutte le questioni economiche e monetarie dovrebbe valere una semplice regola: chi deve spiegare il proprio falllimento vuol dire che ha fallito. Dovremo essere miti con chi ha ottenuto risultati mediocri. Ma mai tanto gentili da confermarlo nella sua carica…"
(John Kenneth Galbraith – Money – 1975/1995 – Conclusioni)
Un vero capolavoro di sintesi e diagnosi sul ruolo della classe dirigente, una croce che ancora ci portiamo dietro nonostante i disastri presenti e passati e forse futuri.
Ma ci libereremo!
E' un fine, un obiettivo, un traguardo da non mancare.
Elmoamf
Massimo Paglia (Ars Lazio)
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