Perchè bisogna fare un referendum per rendere Banca d'Italia pubblica
La recente questione legata all’approvazione dello scandaloso decreto IMU-Banca d’Italia, che ha di fatto definitivamente privatizzato l’istituto centrale di emissione, ha messo in evidenza non solo le finalità antidemocratiche e anticostituzionali dei governi italiani di larghe intese, ma anche i modi autoritari e fascisti con cui questi vergognosi apparati politici cercano di troncare qualsiasi tipo di dibattito parlamentare. Data la pervicace opera di censura e disinformazione degli organi di stampa asserviti al sistema, la gente ha capito solo in parte la vera posta in gioco della riforma: la privatizzazione è avvenuta attingendo a delle riserve della Banca d’Italia senza incidere sui risparmi dei cittadini, e l’operazione è servita per evitare ai contribuenti il pagamento dell’IMU sulla prima casa. In realtà, intorno al ruolo e alla proprietà della Banca d’Italia ruotano da anni un’infinità di intrecci ed interessi che sono l’esatto specchio dell’attuale classe dominante: la moneta e i suoi processi di emissione devono essere un affare completamente privato e chiunque cerchi di modificare l’assetto privatistico della gestione monetaria deve essere ricacciato indietro con violenza e risolutezza.
In fondo tutta la lunga vicenda di adesione ai trattati europeisti verte principalmente sulla cessione della sovranità monetaria ad un istituto autonomo ed indipendente come la BCE, di cui la Banca d’Italia rappresenta oggi ormai una semplice filiale. Grazie a questa unica modifica istituzionale sono state eliminate in un colpo solo tutte le possibilità di intervento economico e sociale dei precedenti stati democratici nazionali. Una volta estromessi i governi dalla gestione economica e monetaria e recisi gli ultimi legami con le autorità centrali di emissione, è diventato semplicissimo per la tecnocrazia europea cominciare ad incanalare le democrazie occidentali verso un irreversibile percorso di declino e decadenza. Al posto dei governi nazionali sottoposti al vaglio del voto popolare è stato introdotto l’insindacabile ed inappellabile direttorio sovranazionale, al posto della legittimazione elettiva democratica è stato introdotto il sistema delle nomine lobbistiche ed oligarchiche, al posto del normale dibattito legislativo parlamentare è stato introdotto il cosiddetto “pilota automatico” dei mercati e dei vincoli di bilancio che impone ai singoli di stati di seguire certe precise direzioni a prescindere dalla presunta o reale volontà di seguirne altre. In un tale contesto allargato, è chiaro che la privatizzazione di Banca d’Italia resa esecutiva dal governo Letta rappresenta solo l’ultimo e magari anche minuscolo tassello di un gigantesco mosaico di corruzione, distruzione, controllo delle precedenti democrazie costituzionali.
Eppure, come tutte le costruzioni monumentali e monolitiche, anche la dittatura europeista mostra innumerevoli fragilità e punti di cedimento e potrebbe bastare anche una singola iniziativa popolare per far crollare l’enorme colosso di argilla. Ecco quale dovrebbe essere il principale scopo di indire un referendum popolare per abrogare il decreto IMU-Banca d’Italia: creare una crepa sulla superficie, per vedere come reagisce l’intera costruzione. Dal punto di vista strettamente tecnico sappiamo invece che rendere Banca d’Italia un istituto pubblico non cambierebbe granché nell’impostazione attuale: è vero che al governo andrebbero tutti gli utili di gestione dell’istituto di emissione creati con il “signoraggio”, ma alla banca centrale sarebbe ancora impedito per statuto di finanziare direttamente il governo, fornendo illimitata sostenibilità al debito pubblico nazionale. Volendo quindi fare un’estrema sintesi dei motivi per cui è utile politicamente e strategicamente promuovere un’iniziativa di referendum, possiamo elencarli così:
1) Costringere l’opinione pubblica a riflettere sulle cose davvero importanti per il nostro paese, come la gestione della politica monetaria e il ruolo della banca centrale all’interno di una democrazia compiuta
2) Creare nell’opinione pubblica un ideale legame con il fondamentale referendum sull’acqua, per far passare il concetto che la moneta, in quanto strumento di diritto pubblico, deve essere considerato un imprescindibile “bene comune” come l’acqua
3) Preparare il terreno qualora l’Italia e gli altri stati dell’eurozona riuscissero a tirarsi fuori dalla gabbia della moneta unica, senza dover successivamente riscattare la banca centrale elargendo 7,5 miliardi di euro di regalie alle banche private
4) Risollevare l’immagine dell’Italia a livello internazionale, per avvicinarla di nuovo agli stati egemoni in Europa come Inghilterra, Francia e Germania, le cui banche centrali sono interamente pubbliche
5) Farci conoscere dalla gente come credibile interlocutore e punto di riferimento nel contesto dei movimenti antieuropeisti, passando dal piano del dialogo e della propaganda a quello dell’azione
6) Cominciare a fare un primo tentativo di collaborazione concreta e cooperazione fattiva con tutta l’ingarbugliata galassia di movimenti sovranisti ed antieuropeisti dispersi sul territorio, fornendo un aggancio incontestabile (l’obiettivo di rendere pubblica la Banca d’Italia è uno dei pochi punti comuni a tutti i movimenti) ed evitando di dividersi a priori su dettagli insignificanti
7) Stanare Beppe Grillo e l’intero M5S, per capire se lo scopo del movimento è solo quello di indirizzare la rabbia e la protesta sociale verso vicoli ciechi di inconcludenza e sterilità, in modo del tutto funzionale al sistema, oppure se esiste ancora la possibilità di trasformare il movimento da fenomeno esclusivamente mediatico e propagandistico ad elemento fondamentale di costruttiva lotta politica e sociale
8) Ultimo ma non minore punto: cominciare a fare passare il messaggio che la classe dominante e dittatoriale europeista può essere sconfitta (anche solo mediaticamente) utilizzando gli attuali strumenti democratici, senza attendere improbabili rivoluzioni di piazza, salvatori della patria, derive estremistiche e altri decenni di strategie attendistiche e controproducenti, che più che creare le premesse di una straordinaria ed immaginifica rivolta popolare finiranno come sempre per fiaccare le capacità di reazione e resistenza dell’intero tessuto sociale.
Piero Valerio (ARS Sicilia)
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