Narciso e il ritorno alla Lira
Qualche giorno fa, qui su AAP, Marino Badiale ipotizzava come possibile spiegazione della mancanza di ribellione dei popoli europei all’austerity, una causa psicologica e/o antropologica. La sua analisi partiva da due saggi che dimostravano come la società capitalistica stia mirando a inoculare sempre più l’ideologia consumistica già nei bambini, che ne sono inevitabilmente corrotti.
In questo post vorrei brevemente affrontare un’altra caratteristica della società dei consumi che potrebbe in parte rispondere alla domanda iniziale: la predominanza nella popolazione contemporanea dell’individuo narcisista.
Questa caratteristica psicanalitica di gran parte di noi occidentali, ci porta alla totale incapacità di instaurare legami paritari con le altre persone (la discussione non è quasi mai accettata), e non ci consente di formare veri e propri gruppi identitari che perseguano il bene comune o comunque un qualunque altro obiettivo a lungo termine e dal non scontato risultato immediato. Inoltre, visto che il narcisista è portato a cercare in tutti i modi la realizzazione dei propri obiettivi, in caso di fallimento non resta che il suicidio (ahimè gesto eclatante molto presente nei giornali di questi ultimi anni).
Narciso, per cercare di amare la propria immagine riflessa nell’acqua… annegò.
Una lettura che ho fatto recentemente mi ha chiarito come il narcisismo sia legato indissolubilmente all’ideologia del capitalismo, in quanto caratteristica essenziale per consumare a ritmi sempre maggiori il flusso di merci che ci viene imposto. (La vetrinizzazione sociale: il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società. Vanni Codeluppi, 2007)
Nel saggio l’autore spiega come il concetto di “vetrinizzazione” sia fondamentale nella società moderna:
La vetrina ha posto per la prima volta l’individuo di fronte alle merci. Stimolando il senso della vista, ha insegnato a coltivare l’arte dello sguardo, contribuendo dunque in modo significativo alla nascita di quella vera e propria passione voyeuristica che contraddistingue l’odierna cultura occidentale.
Questo fenomeno può essere riassunto in tre capisaldi teorici: l’istantaneità della propria scelta di consumatore e quindi la mancanza assoluta di progettualità, l’isolamento e l’egoismo conseguente di chi vuole raggiungere i propri obiettivi, e l’ansia dovuta all’obbigo sociale di migliorare continuamente le proprie prestazioni.
La vetrina vive dell’istantaneità che caratterizza i consumi. Obbliga a fare delle scelte che non sono le migliori possibili ma solamente le più soddisfacenti in quel determinato momento.
L’individuo ha imparato che è diventato necessario affrontare la vita in solitudine, senza più quei rassicuranti legami garantiti dall’esistenza comunitaria.
…il conseguente obbligo sociale per tutti di promuovere al meglio la propria immagine e migliorare constantemente le proprie performances.
Purtroppo il narcisismo è un lato della nostra personalità che ha occupato tutti gli spazi della vita pubblica e privata, dai mass-media, lavoro, sport, medicina fino al più intimo rapporto con il proprio corpo.
È un esigenza del sistema produttivo, il quale ha bisogno che l’individuo renda pubblico il suo consumo privato per poter sintonizzare con esso le strategie di produzione.
Non a caso, il narcisismo è penetrato anche nella politica e nel modo con cui il parlamentare di turno chiede voti ai suoi elettori/consumatori. Esempio ne è il M5S, dove chiunque, non importa che competenze abbia, può essere eletto in parlamento come in un qualsiasi reality show televisivo e, proprio come in un reality, le telecamere riprendono tutti i momenti della vita parlamentare:
Lo spettatore del reality show è affascinato dall’idea che una persona sconosciuta come lui possa diventare celebre. Più il reality si diffonde e si evolve, più gli spettatori si abituano a quello che vedono e più è necessario introdurre delle novità.
Per contrastare il liberismo di stampo europeo e il consumismo ad esso associato, non basteranno soluzioni politiche ed economiche, prima bisognerà agire sul background culturale individualista e narcisista in modo da far riemergere la passione di identificarsi in un gruppo di persone/cittadini che lavorino per un obiettivo comune e che abbia possibilità di agire concretamente sul territorio.
Dobbiamo fare in modo che Narciso rompa lo specchio e impari come si usa la Lira…
Davide Visigalli
ARS Liguria
La lira di narciso – Marlene Kuntz
PS: secondo l'autore anche scrivere post sui blog è sintomo di narcisismo.
Condivido l'analisi dell'articolo.
Ci sono anche coloro che desiderano scomparire perché non amano le vetrine, né l'altrui né la propria. Questo è l'altro aspetto della società atomistico-consumistica: l'autodisintegrazione.
Direi che il depresso è recuperabile, il narciso no.
Complimenti,
ottimi spunti per avviare dei seri ragionamenti, il nostro compito (parlo come militante di ARS ) è appunto contribuire ad una guerriglia culturale fatta anche e sopratutto dei contributi come il tuo, senza questa modalità di partecipazione e condivisione non è fattibile costruire un progetto di lunga portata. Continuiamo a contribuire con testi come questi,perchè da qui estrapoliamo i contenuti e le riflessioni necessarie a realizzare ai documenti politici di ARS.
Consiglio anche il classico di Lasch, La Cultura del Narcisismo (1979)
Bel pezzo Davide, il culto edonistico narcisistico della felicità lo possiamo vedere anche nell'abrogazione della Consulta della legge sulla fecondazione eterologa. Una coppia non viene educata alla possibilità che non sia in grado di generare prole ma deve godere di questo diritto a tutti i costi.
Consiglio un video anziché una lettura, The Century of the Self di Adam Curtis che analizza come sono stati utilizzati gli studi di Freud attraverso il nipote Edward Bernays per controllare le masse verso la cultura del consumo nella società della democrazia rappresentativa
Ottima riflessione. Anche in questo caso, come nel post di Marino, l'aspetto considerato è molto plausibile. L'apatia politica è un fenomeno riconducibile a un iniseme variegato di cause, ciascuna delle quali lo spiega in parte. Io continuo a ritenere quella della Shock Economy un'ottima chiave di lettura per ciò che accade: indurre una situazione di trauma per cui ciò che prima è considerato "politicamente impossibile" diventa "politicamente inevitabile". Dopodiché subentra la sindrome della rana bollita, e i giochi sono fatti.
Articolo molto pertinente e articolato, tuttavia non lo condivido, così come quello di Badiale. Secondo me questi discorsi sul consumismo sono troppo sovrastrutturanti e non spiegano il problema. Per carità, il narcisismo esiste ed è una brutta malattia, il problema è che il narcisismo molto spesso è una fonte del nostro stesso temperamento, che è innato e non si può cambiare. L'uomo è sempre stato quello che è stato, inutile pensare di rendere tutti più educati, più gentili e più disponibili. Quindi questi discorsi sull'antropologia non li condivido perchè l'uomo è un singolo e ogni uomo ha sue particolarità, c'è chi è più altruista e cè chi meno. Temo proprio che Bakunin e Rothbard avessere ragione e che Antony Burgess è stato il miglior sociologo che la storia dell'uomo abbia mai avuto
Zamjatin,
non so se è il caso di invocare la natura dell'uomo.
A naso penso che si possa convenire:
1) che una società educata a cercare i "veri maestri" sia meno individualista e narcisa rispetto a una che non riconosce alcun "maestro" o che eleva a "maestri" innumerevoli idoli dello spettacolo;
2) che una società educata a venerare le glorie del passato sia meno piena di narcisi rispetto a una che non è educata in tal senso;
3) che una università in cui nei concorsi, almeno da ordinario, passa una terna a concorso, sia una società con meno "maestri" e più veri maestri di una che in quindici anni triplica gli ordinari di un determinato settore scientifico-disciplinare;
4) che una società che incoraggia il risparmio, fa molti figli e che muove dal presupposto (morale comune) che la mobilità sociale si raggiunge progressivamente, di generazione in generazione, in più generazioni, sia meno piena di narcisi rispetto a una società fondata sull'idea che puoi e devi diventare ricco o importante in una generazione;
5) che una società che vietava il contratto di sponsorizzazione stipulato da personaggio noto per le doti intellettuali, perché era considerato contrario al buon costume che le qualità di critico d'arte, giornalista, ecc. fossero monetizzate pubblicizzando prodotti di consumo aveva meno narcisi di quella attuale;
6) che una società nella quale le figlie dei contadini e degli operai volevano divenire maestre, professoresse, poi dottoresse e avvocatesse aveva meno narcisi rispetto a quella in cui le figlie dei contadini e degli operai vogliono diventare veline, cantanti o attrici;
7) che una società in cui la morale dominante imponeva un certo senso del pudore aveva meno narcisisti rispetto a quella che ha cancellato il senso del pudore;
8) che una società in cui erano diffusissimi giudizi severi (con tutti i limiti e i costi che questo carattere comportava) considerava palesemente pagliacci, zioni, buffoni, cretini, vanesi, puttanieri, femminucce, ecc. ecc. persone e personaggi oggi narcisi e idolatrati;
9) soprattutto, che una società nella quale erano diffuse in modo quasi sistemico le figure degli "uomini ideali" era molto meno piena di narcisi rispetto a una che disconosce lo stesso concetto di uomo ideale
e si potrebbe continuare all'infinito.
Tempo fa lessi su il corriere della sera un articolo, che non linko perché non sono riuscito a trovarlo, nel quale si narrava della idea di molti psichiatri di eliminare dal manuale delle malattie psichiatriche il narcisismo patologico, in ragione del fatto che nell'uomo contemporaneo i sintomi erano divenuti "normali".
La verità, a mio avviso, è che il narcisismo patologico un tempo era diffuso soltanto tra una elite di uomini. Oggi, per una serie di ragioni che in parte emergono dagli esempi recati (si potrebbero aggiungere facebook e molte altre ragioni), la maggior parte delle persone è narcisa e sono molte le persone comuni affette da narcisismo patologico (il loro narcisismo fa a pugni con l'essere persone senza qualità, spesso senza nemmeno le qualità più comuni: onestà, semplicità, simpatia, ecc. ecc.). Basti pensare all'umiltà, che è sempre stata considerata un valore – magari perché assieme alla pazienza era lo strumento principale per tentare scalate sociali o economiche di ogni genere o perché semplicemente descriveva una situazione di partenza svantaggiata, che tuttavia poteva essere abbandonata – e che ora è considerata da molti un'offesa.