Note per una critica della categoria dei "diritti civili"
La categoria dei diritti civili è una delle più ideologiche che esistano. Essa tende a scindere la comunità in due: da un lato coloro che sono favorevoli ai diritti civili, dall'altro coloro che sono contrari. Ovviamente, essendo una categoria inventata e invocata dai favorevoli, i contrari sono sovente oggetto di giudizi negativi: reazionari, conservatori, bacchettoni, retrogradi, fobici di vario tipo.
Ultimamente la categoria è sottoposta a critica: si tratterebbe di diritti "cosmetici", nel peggiore dei casi, o soltanto "secondari" rispetto ai diritti sociali, nei casi in cui la critica è affievolita.
Penso che si possa e debba andare oltre. La categoria è falsa sotto due profili.
In primo luogo taluni pretesi "diritti" sono in realtà doveri.
Pensiamo alle unioni omosessuali. Qui ciò che veramente è in ballo è il potere di contrarre un vincolo, altro che “diritto ad avere un diritto”! Nessuno mai, il giorno in cui si è sposato, ha pensato di aver acquistato diritti (salvo qualche scemo o qualche falso opportunista). Egli ha contratto un vincolo, il vincolo matrimoniale, appunto, composto da doveri e soggezioni.
Né si dica che dinanzi a un dovere sta un diritto: davanti al dovere di fedeltà sta la possibilità di ottenere l'imputazione della separazione in caso di violazione del dovere, possibilità che non è propriamente un diritto e comunque è mera reazione alla violazione del dovere, che chiaramente ha la priorità logica. Nessuno mai, dopo essersi sposato ha pensato: "ho diritto alla tua fedeltà", oppure “da adesso in poi se mi tradirai farò imputare la separazione a tua colpa, con le conseguenze di legge che ne derivano”; mentre molti, soprattutto gli infedeli, hanno avvertito il dovere di essere ormai fedeli. Un discorso analogo, anzi identico, vale per tutti i doveri che sorgono nei rapporti tra coniugi: coabitazione, mutua assistenza materiale e morale, collaborazione.
Anche il diritto di disporre liberamente del proprio patrimonio in occasione dellapropria morte è limitato e non ampliato dal il matrimonio. Scoperto il coniuge sul letto matrimoniale mentre fa l'amore con dieci persone o scoperto che ci ha sempre traditi, una parte rilevante del nostro patrimonio, se moriamo prima di riuscire a divorziare, è riservata comunque a lui. Al contrario, un uomo non sposato, se non ha ascendenti legittimi, è liberissimo di indirizzare con testamento il patrimonio verso chi vuole.
Inoltre, se l'uomo non sposato ha ascendenti legittimi, la quota riservata agli ascendenti è di un terzo. Una volta sposato, se ha un coniuge e gli ascendenti, la quota riservata è del 75% (25% agli ascendenti legittimi e 50% al coniuge).
Ciò che dispiace, dunque, quando viene posta la questione delle unioni civili, è l'invocazione di una concezione squallida, falsa e assurda del matrimonio come fattispecie dalla quale discenderebbero diritti, quando il matrimonio è il regno dei doveri: chi contrae matrimonio, contrae vincoli e perde la propria libertà.
Pertanto, in tema di unioni civili, il problema è se anche agli omosessuali va riconosciuto il potere di contrarre vincoli, questione che non ha nulla a che vedere con la tematica dei "diritti civili". Il fatto che, in considerazione dell'assunzione di vincoli numerosi, rilevanti e pesanti, l'ordinamento, con norme estranee al diritto di famiglia, riconosca taluni diritti o preferenze (punteggio per il riavvicinamento al coniuge, pensione di reversibilità) è un discorso diverso e logicamente successivo. Infatti, è proprio in ragione degli enormi vincoli che legano i coniugi che la legislazione previdenziale o che disciplina il trasferimento da un ufficio ad altri della pubblica amministrazione o altre norme, attribuiscono ai coniugi taluni diritti o preferenze. Voler contrarre matrimonio per acquistare questi diritti, oltre che stupido (i doveri sono molti di più e più rilevanti e pesanti) è chiaramente meschino, perché essi non sono il proprium del matrimonio.
Attendo poi che la scienza inventi il ventre d'acciaio, che consentirà a uomini soli o uniti, per mezzo di unioni civili, di avere figli lasciando maturare l'embrione nel ventre d'acciaio, grazie all'ovulo donato da una sconosciuta. Attendo di verificare se i "progressisti", che oggi si dicono certi dell'ammissibilità dell'eterologa, si faranno portatori di questo diritto. La possibilità che un uomo "generi" un figlio da solo, grazie al regalo di un ovulo da parte di una sconosciuta e all'uso del ventre d'acciaio forse, giuridicamente, almeno in senso lato, è un diritto. Ma è un diritto incivile.
Dunque sotto la categoria dei diritti civili sono compresi sia doveri, che non sono diritti, sia diritti che non sono civili. Una ragione in più per abbandonare la categoria e, senza schierarsi fanaticamente e aprioristicamente per un partito o per un altro, prendere posizione sulle singole questioni.
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