Il tempo consumato
È da qualche tempo che vorrei documentarmi sul concetto di tempo e l’influenza che il tipo di società in cui viviamo può dare alla nostra percezione temporale. Ma non ho tempo. Forse è più giusto dire che non trovo il tempo. Oppure che non uso il tempo giusto.
Di sicuro esiste il tempo storico. Ma la percezione che ne abbiamo non è costante, più si avvicina al nostro tempo e più se ne avverte la velocità; al contrario, più si allontana da noi e più lo percepiamo lento, indipendentemente da qualsivoglia direzionalità.
Esiste poi il tempo fisico, che ha uno stretto rapporto con la velocità; infatti, la velocità dipende dal tempo.
Quindi è in via teorica possibile affermare che il tempo è una grandezza costante (qui nel senso che non subisce accelerazioni) mentre la nostra percezione del tempo non lo è, anzi è una variabile dipendente dal singolo individuo e da ciò che lo circonda.
La rivoluzione industriale ci ha portato in dono un’altra grandezza dipendente dal tempo: il lavoro. Ma la cosa più interessante è che la dipendenza del lavoro dal tempo si chiama potenza ed è espressa come quantità di lavoro nell’unità di tempo. Quindi, possiamo dire che la potenza è una specie di giudizio sul lavoro fatto: più lavoro in meno tempo dà maggiore potenza.
E qui sta il punto centrale della questione: l’ideologia oggi dominante, appoggiata dalla tecnica, è riuscita a infettare ogni luogo della vita sociale con la sua propria percezione di tempo (riassunto nel detto: il tempo è denaro) attribuendogli la verità scientifica della grandezza fisica assoluta.
Il tempo incalzante e asfittico della nostra società è solo uno degli innumerevoli modi che ha l’uomo di percepirlo. Il tempo della produzione, basato sul mero giudizio quantitativo, è adatto al consumo e quindi è, iperveloce. Questo tempo corrompe il nostro essere, e, in maniera frenetica, ci consuma, proprio come un oggetto.
Esiste anche un altro modo di giudicare il tempo e il lavoro: l’aspetto qualitativo. La qualità, come l’esperienza, ha bisogno di un tempo ottimale non definibile a priori che non dipende dalla velocità ma solamente dal risultato finale.
Ecco quindi che per arrivare concretamente a un risultato finale voluto, non sarà mai troppo tardi.
Dobbiamo cercare di cambiare la nostra percezione del tempo da grandezza che si consuma e ci consuma, a variabile che con costanza ci fa migliorare attraverso l’esperienza.
Questo vale per tutti le entità sociali, soprattutto per i partiti politici. Infatti, un partito deve volere arrivare al risultato che si era posto come obiettivo (la sovranità costituzionale), senza pensare al tempo che passa ma accumulando durante il percorso qualità ed esperienza.
Perché il fine ultimo di ogni partito politico è superare la percezione del tempo presente e raggiungere il tempo storico.
“Quanto più a lungo gli eventi lasceranno tempo per riflettere all’umanità che pensa e tempo per riunirsi all’umanità che soffre, tanto più perfetto verrà al mondo il frutto che il presente porta in grembo” Karl Marx
PS: se qualcuno volesse consigliarmi qualche buona lettura su questo argomento, gliene sarei grato.
Davide Visigalli
ARS Liguria
Per quello che e' il tempo come variabile scentifica puoi leggerti Bertrand Russell "ABC della relativita'" oppure Greene con "L'universo elegante". Per la parte filosofica non sono preparato a riguardo..
Grazie Roberto. Ne terrò conto.