Sovranità, autonomia o indipendenza? Questo è il dilemma
Alla luce delle recenti tendenze politiche caratterizzanti svariati movimenti e sempre più miranti a strane forme di rivendicazione di partecipazione locale, di autonomia o di indipendenza contro un “cattivo” potere centralizzato, si cercherà di fare chiarezza sui fondamenti concettuali di tutte queste tendenze in relazione al sovranismo da noi sostenuto.
Indipendenza. Con tale termine si intende la richiesta più o meno incisiva di recedere un territorio dal potere sovrano dello stato che lo congloba. In Italia sono noti i movimenti secessionisti veneti, sudtirolesi, sardi, siciliani e via dicendo. In tal senso indipendenza è spesso sinonimo di separatismo, anche se i diversi contesti e le diverse sensibilità lo declinano ogni volta in maniera diversa.
Autonomia. Con questo termine si intende la richiesta di maggiori poteri locali, che vadano a mitigare quello che spesso viene considerato come un eccesso di potere centralizzato. In Italia sono noti vari movimenti autonomisti, il più conosciuto è quello della Lega Nord (con qualche dubbio a riguardo), tramite la sua richiesta pluridecennale (e in verità mai portata a compimento) di un federalismo fiscale. L’autonomia dovrebbe però riguardare non soltanto l’ambito fiscale, ma anche gli altri ambiti della vita politica: autonomia politica e amministrativa ad esempio. Si nota di sfuggita che in un certo senso forme di autonomia speciale sono già realmente delegate dalla nostra costituzione a regioni come la Sicilia, la Valle d’Aosta e così via.
Entrambe le tendenze nascondono però un problema. In ciascuno dei due casi la richiesta è sempre rivolta al riconoscimento di una diversità. Ciascun territorio, ciascuna regione, ciascuna città, ciascun paese, nel proclamare la propria identità territoriale, speciale, linguistica, storica o quel che sia, chiede in qualche modo che tale identità venga riconosciuta e diventi fondamento di una rinnovata divisione politica, per quanto debole o forte tale divisione possa essere. L’esito di tali tendenze non può che essere quindi che la frammentazione politica.
Cosa intendiamo noi quindi per sovranismo e come ci diversifichiamo dalle succitate tendenze? Il sovranismo non è una richiesta locale. Esso rappresenta piuttosto la richiesta dell’applicazione completa di una costituzione di un paese, laddove tale costituzione sia in fin dei conti il segno della già avvenuta diversificazione di quel paese dagli altri. Con sovranismo noi intendiamo che un popolo che ha già uno statuto e una identità politicamente riconosciute e rilevanti possa quindi essere sovrano di se stesso e non subordinato e attaccato da istanze politiche ad esso estranee. L’esito del sovranismo non è ne può quindi essere una qualche frammentazione, ma al contrario rappresenterebbe la radicalizzazione di un’identità già presente. In tal senso l’identità di un popolo è presa sul serio, si lotta per essa e la si vuole rendere davvero efficace e capace di fare e di essere politica.
In conclusione, che identità può nascere dalla distruzione di un’identità, per quanto più grande? Dalla frammentazione? Dall’esaltazione della micro realtà, locale, territoriale, alla ricerca di identità sempre più piccole? Dall’esaltazione del piccolo (avverso al grande)? In un’ottica sovranista quell’identità più grande che è quella italiana e il popolo stesso italiano sono sotto attacco. Se l’Italia affonda, tutte le regioni, tutte le città, tutti i territori affonderanno con essa. E ad ogni modo in essa, nell’identità e nella costituzione italiana, tutte quelle altre identità più piccole, locali e territoriali sono già comprese e valorizzate. L’unica cosa, amara, da ammettere, è che tale costituzione e identità italiana non è presa sul serio e realmente applicata in tutto e per tutto. Concluderò con una battuta dal sapore platonico: il grande e il piccolo stanno sempre assieme. Vederli come separati porta soltanto a contraddizioni e aporie.
A me sembra che il maggior impulso verso secessionismo o autonomismo in Italia derivi semplicemente da un carico fiscale ormai insostenibile.
si è vero, il motivo profondo è quasi esclusivamente monetario, poi viene “condito” di qualche identitarismo (della lingua, della storia, della tradizione). certo è che se applicassimo la costituzione in maniera seria, allargando lo statuto speciale a tutte le ragioni la Lega non avrebbe senso di esistere. grazie e ciaoooo :D
Pero’, se si allargasse lo Statuto speciale a tutte le regioni, non solo la Lega, anche lo Stato italiano probabilmente non potrebbe piu’ esistere. Io non volevo neanche criticare troppo i Veneti. Volevo dire che, in questa situazione pietosa dello Stato italiano, tra l’altro completamente soggetto all’Europa, e’ inevitabile che nascano sentimenti separatisti.
Aggiungerei che, prima di parlare di autonomie, secessioni o altro, bisognerebbe effettivamente riacquistare una sovranita’. Non so se per es. gli indipendentisti veneti, che hanno anche ragione quando si lamentano per le tasse, si rendono conto che devono diventare indipendenti anche da Bruxelles.
ma guarda, concordo pienamente, gli indipendentisti veneti vivono di ideologia, primo perché sono ammantati dalla retorica neo-leghista del “roma ladrona”, poi non si accorgono che i veneti rubano tranquillamente in veneto stesso, come nel caso Mose. Secondo, guardando i dati del “referendum” sull’indipendenza veneta, la maggior parte dei votanti non ha votato contro basi nato ecc ecc. cioè, indipendentisti per modo di dire, dato che non si rendono nemmeno conto da cosa dipendono sul serio da cosa no. grazie dell’intervento ad ogni modo :D
La maggior parte dei votanti non ha votato contro basi NATO ecc. Vero, ma purtroppo la maggior parte della gente in tutta Italia viene tenuta all’oscuro di certi problemi ed e’ stata educata a credere nella NATO come nella Madonna.
temo non se ne rendano conto, questi vogliono l’euro e pure pagare il debito, perchè tanto noi veneti siamo virtuosi, gli altri no……