Parola di Putin
Il concetto stesso della «sovranità nazionale» per la maggioranza degli Stati è diventato un valore relativo. In sostanza, è stata proposta la formula seguente: più forte è la lealtà a un unico centro di influenza nel mondo, più alta è la legittimità del regime governante.
Con queste parole il presidente russo Vladimir Putin, in una conferenza dello scorso ventiquattro ottobre, criticava l’operato degli Stati Uniti d’America e della stessa Europa dal punto di vista geopolitico. Secondo Putin la tendenza imperante sia nell’economia che nella politica è di assoggettare singoli Stati alle regole dettate da pochi altri Stati più forti, annichilendo quindi la libertà e la sovranità di quegli stessi Stati più deboli. Una logica imperiale, di centralizzazione assoluta del potere, delle risorse, della moneta, parrebbe quindi sottesa agli sforzi occidentali di modificare l’assetto geopolitico mondiale.
Le misure per esercitare pressione sui disubbidienti sono ben note e collaudate: azioni di forza, pressioni di natura economica, propaganda, intromissione negli affari interni, rimandi a una certa legittimità di «infra-diritto».
È facile capire il metodo tramite il quale i paesi Occidentali, in primis gli USA, riescano nel loro intento egemonico ed imperialistico. Tramite la loro previa predominanza economica e finanziaria essi hanno il potere di rovinare interi paesi in forza di embarghi, restrizioni, sanzioni e via dicendo, cosa oggi ancora più cogente in seguito all’indecoroso embargo imposto negli ultimi giorni alla Russia: ennesimo tentativo maldestro degli USA di destabilizzare il mondo, ovviamente a proprio favore, secondo miseri parametri democratici.
Nei casi più estremi gli Stati Occidentali si sono spesso scagliati violentemente contro paesi arretrati con la pretesa di portare loro democrazia, rettitudine, ordine, pace. Paesi considerati “canaglia”, secondo l’espressione coniata dal filosofo francese Jacques Deriddà, cioè dipinti come malvagi e terroristici, tramite una sordida retorica populistica basata sulla sola potenza e predominanza propagandistica dei media occidentali. Celebre l’esempio della armi di distruzione di Saddam Hussein, mai trovate ed esistite, eppure motivo cogente per il quale l’Iraq fu invaso per la seconda volta.
Secondo Noam Chomsky, quindi, la definizione di Stato Canaglia dovrebbe essere applicata agli stessi USA. Noi ci limiteremo a ricordare inoltre che la presunta democrazia statunitense è in verità fondata su lobbies e grandi elettori, non certo su un popolo davvero sovrano, assieme ad altre civilissime e democraticissime istituzioni come la pena di morte su sedia elettrica, o la libertà di porto d’armi per tutti e tutte.
Bisogna trovare la soluzione, nel contesto del perfezionamento del diritto internazionale, al dilemma tra le azioni della comunità mondiale volte a garantire la sicurezza e i diritti dell’uomo e il principio della sovranità nazionale e non intromissione negli affari interni degli Stati.
Quali potrebbero essere le soluzioni di fronte ad una situazione così complessa? Putin non nasconde il suo scetticismo. Se nulla cambierà nello scenario geopolitico mondiale, i rischi di una escalation alla guerra e alla violenza risulteranno molto probabilmente inevitabili. La vera sfida non è certo questa però, ma, al contrario, essa starebbe nel difficile percorso della conciliazione, della mediazione, del rispetto della libertà e sovranità degli Stati del mondo e soprattutto nel diritto internazionale, un diritto che dovrebbe però venire elaborato e quindi rispettato da tutti noi, non certo imposto dittatorialmente da pochi Stati su tutti gli altri, come in effetti è avvenuto fin’oggi sotto l’egida della Nato e dei vecchi rapporti geopolitici scaturiti alla fine della seconda guerra mondiale. Dobbiamo quindi guardare avanti, innovare quei vecchi rapporti e farla finita con una situazione ormai superata dai tempi.
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