La protesta di Luigi Settembrini
Il documento è una amara e lucida denuncia del malgoverno del Regno Borbonico. Fu pubblicato anonimo nel 1847 dal patriota napoletano Luigi Settembrini. Ne pubblichiamo un estratto significativo.
Gli stranieri che vengono nelle nostre contrade, guardando la serena bellezza del nostro cielo e la fertilità de’ campi, leggendo il codice delle nostre leggi, e udendo parlar di progresso, di civiltà e di religione, crederanno che gl’italiani delle Due Sicilie godono di una felicità invidiabile. E pure nessuno Stato di Europa è in condizione peggiore della nostra, non eccettuati nemmeno i turchi, i quali almeno sono barbari, sanno che non hanno leggi, son confortati dalla religione a sottomettersi ad una cieca fatalità, e con tutto questo van migliorando ogni dí: ma nel Regno delle Sicilie, nel paese che è detto giardino d’Europa, la gente muore di vera fame e in istato peggiore delle bestie, sola legge è il capriccio, il progresso è indietreggiare ed imbarberire, nel nome santissimo di Cristo è oppresso un popolo di cristiani. Se ogni paesello, ogni terra, ogni città degli Abruzzi, de’ Principati, delle Puglie, delle Calabrie, e della bella e sventurata Sicilia, potesse raccontare le crudeltà, gl’insulti, le tirannie che patisce nelle persone e negli averi; se io avessi tante lingue che potessi ripetere i lamenti e i dolori di tante persone, che gemono sotto il peso d’indicibili mali, dovrei scrivere molti e grossi volumi; ma quel pochissimo ch’io dirò farà certo piangere e fremere d’ira ogni uomo, e mostrerà che i pretesi miglioramenti che fa il nostro governo, sono svergognate menzogne, sono oppressioni novelle piú ingegnose. Questo governo è un’immensa piramide, la cui base è fatta da’ sbirri e da’ preti, la cima dal re: ogni impiegato, dall’usciere al ministro, dal soldatello al generale, dal gendarme al ministro di polizia, dal prete al confessore del re, ogni scrivanuccio è despota spietato e pazzo su quelli che gli sono soggetti, ed è vilissimo schiavo verso i suoi superiori. Onde chi non è tra gli oppressori, si sente da ogni parte schiacciato dal peso della tirannia di mille ribaldi: e la pace, la libertà, le sostanze, la vita degli uomini onesti, dipendono dal capriccio, non dico del principe o di un ministro, ma di ogni impiegatello, di una baldracca, di una spia, di un birro, di un gesuita, di un prete.
Gli altri italiani soffrono anch’essi, ma i nostri mali trapassano ogni misura. La Toscana ha un principe umano, un governo mite e ragionevole: nel Piemonte gli ordini civili sono saldi, il principe voglioso di operare, gli uomini parlano, scrivono ed hanno dignità di uomini: nel Lombardo-Veneto è il gran male della dominazione tedesca, e son puniti severamente anche i sospetti di peccato politico; ma la giustizia civile, criminale ed amministrativa, serbasi esattissima: nello Stato romano, dopo sedici anni di oscena tirannide, or finalmente si respira, e si benedice al magnanimo pontefice che si fa promettitore di lieto avvenire a tutta l’Italia. Ma son ventisette anni che le Due Sicilie sono schiacciate da un governo, che non si può dire quanto è stupido e crudele, da un governo che ci ha imbestiati, e che noi soffriamo, perché forse Dio ci vuol far giungere alla estrema miseria e all’estrema vergogna, per iscuoterci poi ed inalzarci a fortuna migliore: da un governo che non vuol vedere, non vuol udire, e ci ha finalmente stancati. Né vi è speranza di avvenire men reo; perché re Ferdinando attempandosi diventa peggiore; e i figli nati da lui ed educati da’ preti, saranno ancor più tristi di lui. Onde a questi popoli sventurati, non resta altro partito, che ricorrere alla suprema ragione delle armi: ma prima che giunga il giorno terribile dell’ira, è necessario ch’essi si protestino al cospetto di tutta Europa, anzi al cospetto di tutta Europa, anzi al cospetto di tutti gli uomini civili.
(da Luigi Settembrini, Protesta del popolo delle Due Sicilie, Napoli 1847)
Checché se ne dica, il Regno delle Due Sicilie era il più industrializzato, il più sviluppato e il più civilizzato tra gli stati unitari. Lo confermano il fatto che ful il primo ad essere elettrificato, il primo ad avere il telegrafo, la prima ferrovia, la vaccinazione obbligatoria contro il vaiolo, l’edilizia carceraria avanzata, le più ingenti risorse auree e monetarie. Insomma, esistevano dei problemi di malgoverno che Settembrini illustra, ma ciò non fa chiarezza sullo stato complessivo del Regno.
Leggiti Mottola che ti dice quali erano i “primati”…
Giuseppe, utilizziamo questo commento per portare qualche dato, sia rispetto a ciò che hai detto, sia rispetto a ciò che hai trascurato. Poi tra parecchi commenti, faremo una valutazione complessiva. Ti prego, sempre che tu voglia approfondire, di svolgere una discussione analitica e puntuale.
Cominciamo dalla tua affermazione su “la prima ferrovia”. Ora è evidente che aver iniziato un anno prima degli altri, non significa assolutamente niente con riguardo alla situazione del 1860.
Quindi dedicherei il prossimo commento ESCLUSIVAMENTE a indicare i chimometri di ferrovia che c’erano nel 1860 nel Regno delle due Sicilie e negli altri stati preunitari. Poi cerchiamo altri dati. Intanto fissiamo una volta per sempre questo dato.
Io su wiki (Storia delle ferrovie in Italia) ho trovato questi dati: ” Nonostante gli interessanti progetti in cantiere, alla data del 1860 la rete ferroviaria del Regno in esercizio regolare assommava a poco più di 120 km di ferrovie” E poi dopo’esposizione dei dati relativi agli altri stati, questa conclusione: “Un’indicazione di massima mostra che alla vigilia dell’unità d’Italia la rete piemontese (al di qua delle Alpi) assommava già a oltre 800 km[33](cui andrebbero aggiunti, secondo alcune fonti almeno 50 km in costruzione e detratti circa 30 km di tratte comuni)[34], quella del Lombardo-Veneto a oltre 500 km, quella Toscana a oltre 300 km[35][36][37], quella del Regno delle Due Sicilie a poco più di 120 km[8][38][39][40] mentre quella dello Stato Pontificio aveva 101 km in esercizio; si aggiungevano a queste le tratte ferroviarie ricadenti o realizzate negli altri stati più piccoli”.
Ecco cominciamo ad affermare con certezza che “l’argomento della “prima ferrovia” è un argomento logicamente ridicolo, un argomento usato dai neomeridionalisti disonesti e disonesto, un argomento che noi non dovremmo utilizzare, perché altro è la volontà di approfondire e di consocere, altro l’uso di argomenti in sé stessi privi di logica e utili soltanto per la propaganda della lega del sud che alcuni vorrebbero promuovere. Il Regno delle due sicilie era rimasto MOLTO IN RITARDO in questo campo. Aggiungi anche che “La Sicilia avrà la sua prima, brevissima, ferrovia solo nel 1863 con la Palermo-Bagheria”.
Questa è dunque una materia:
a) che spiega perché le elite siciliane volevano la separazione, pensando di essere sottoposte a dominio straniero (così erano considerati i borboni di Napoli) e perché accettavano più volentieri il progetto unitario (i rivoluzionari del 1848, che in gran parte erano indipendentisti, nel 1860 saranno quasi tutti unitari);
b) che segnala un indizio (uno solo, per carità) del fatto che la borghesia del sud potesse essere critica nei confronti dei regnanti.
Se vuoi trova altri dati, eventualmente contrastanti, altrimenti passerei al “il primo ad avere il telegrafo”. I dati, con riguardo al 1860 (ma devono essere relativi al 1860 o giù di lì), cercali tu e scrivili in un commento qua sotto.
Per quanto riguarda i TELEGRAFO,
la notizia del “primo ad avere il telegrafo” sembra destituita di ogni fondamento.
E la situazione nel sud italia alla fine degli anni 50 era la peggiore rispetto all’intera Europa.
Guarda a pag. 21 di questo file in PDF l’immagine della “densità telegrafica in Europa alla fine degli anni 50” (per l’essere arrivato primo,cosa di per sé irrilevante, leggi invece pag. 10 il primo ad introdurlo fu il Gran Ducato di Toscana -1947 – e il primo stato ad aprire un ufficio al pubblico il Lombardo Veneto -1850): https://www.google.it/search?q=telegrafo+storia&ie=utf-8&oe=utf-8&client=firefox-b&gfe_rd=cr&ei=yXQoV8qVM6rD8ge15aeABw#q=storia+italia+linee+telegrafiche
Aggiungi, sempre con riguardo al TELEGRAFO nel 1860, mentre la Sardegna era collegata al continente, la Sicilia non lo era (e ciò spiega come la Sicilia fosse oggettivamente trascurata dai Borbhoni e fossi il loro punto debole)
https://books.google.it/books?id=YpQdfylmkWgC&pg=PA86&lpg=PA86&dq=storia+italia+linee+telegrafiche&source=bl&ots=e6YOMT52Tn&sig=yA2vIhAdtwugg0JvwOT17Nv1SUo&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjOmJij0b3MAhWB8RQKHTgqD8gQ6AEIVjAJ#v=onepage&q=storia%20italia%20linee%20telegrafiche&f=false