L’alienazione culturale e geopolitica di un popolo
di LUCIANO DEL VECCHIO (ARS Emilia-Romgna)
Dopo la morte della Patria consumatasi l’8 settembre del ’43 il popolo italiano è entrato in una sorta di patologia, un disturbo che gli impedisce di percepire la propria continuità storico-culturale e la propria concretezza geo-politica, come se vivesse dentro una perenne irrealtà dove la sua identità e la sua indipendenza sono costantemente minacciate. Nonostante che lo sviluppo economico e le conquiste sociali, che dal dopoguerra lo accompagnarono fino agli anni ’80, avrebbero dovuto rivelargli come autentica ed eroica la stoffa di cui è fatto, il popolo sembra incapace di liberarsi da una continua insicurezza ontologica, come se una pluridecennale ipnosi collettiva avesse disgiunto la sua identità dalla sua esistenza e lo costringesse ad agire in modo contrario ai suoi interessi. Omologato dalle potenze vincitrici a una società “altra”, il popolo si è alienato, smarrito in una indifferente estraneità alla sua Costituzione e ai suoi ordinamenti, quasi ostile a se stesso, colpevolizzandosi fino ad abbandonarsi a degradanti manifestazioni di autorazzismo.
A seguito di quel trauma l’Italia, perdendo progressivamente la coscienza della continuità temporale e il senso della propria coerenza e coesione, s’è lasciata espropriare della sua storia pre e post unitaria, a cominciare dalle sue conquiste risorgimentali che, agevolate all’epoca dalla potenza inglese, sono state minacciate dalla nuova potenza d’oltreatlantico che, negli anni del dopoguerra, mise in atto il tentativo di sottrarre la Sicilia all’Italia. Dopo aver privato il popolo, tramite gli apparati mass-mediatici, anche della libertà di professare il suo amor patrio se non come colpa di cui vergognarsi, un’oligarchia di eurounionisti non eletti sta cancellando, poco alla volta e ambiguamente, anche i simboli unitari, come prova la loro silenziata decisione di eliminare, da poco più di un anno, dallo stemma delle forze armate i nastri tricolori e le sciabole incrociate, simbolo a ricordo dell’epopea risorgimentale: l’iniziativa genera il sospetto che si voglia indurre il popolo a doversi quasi vergognare di essersi dato uno Stato unitario, o avvertirlo di rinunciare a una nuova missione storica a cui la geografia e la politica lo destinerebbero.
Colpa e vergogna che sembrano diventare assolute e metastoriche allorquando ci vengono imputate estendendole dalla storia recente fino a quella più remota di significativo valore. L’antica Roma repubblicana a cui, cinque secoli or sono, guardò Machiavelli per riscoprire un fondamento alla patria, allo stato e all’esercito popolare di leva, oggi è stata quasi fatta scomparire dai libri di testo per una sorta di piaggeria culturale nei confronti della storiografia anglosassone, che ha distorto la nostra storia civile e istituzionale fin quasi ai nostri giorni. Infatti, quella che era ed è l’autentica tradizione autonomistica italiana delle Province e dei Comuni è stata soffocata da una masnada di quisling designati da oligarchie straniere che ci ha imposto le regioni.
Sotto diktat angloamericano, le regioni, che la Costituzione del ’48 con equilibrio aveva previste come unità di decentramento amministrativo, furono “degenerate” in repubblichette-covo di corruttela e malaffare, e come tali accreditate con uffici autonomi presso l’Unione europea per inchiodarci a una fragilità istituzionale permanente e al ricatto costante di balcanizzazione. Altro e non meno allarmante sintomo di questa alienazione civile e culturale è l’espulsione strisciante della nostra lingua dalle aule universitarie da parte di baronie politico-accademiche che impongono, provincialmente civettuole, la lingua straniera nelle lezioni, invitando al malvezzo ora anche gli istituti superiori.
Non soltanto sul piano socio-culturale ma anche e soprattutto su quello geopolitico e militare agisce una pesante dissociazione che ha rimosso politicamente e diplomaticamente l’Italia dalla sua intrinseca collocazione mediterranea e l’ha coartata ad aderire innaturalmente a una realtà nord-atlantica, nei cui ranghi il nostro esercito è stato obbligatoriamente coscritto. Questa alleanza, artificiosamente imposta, ci ha obbligati a intervenire militarmente su scenari africani e asiatici per difendere interessi stranieri come se fossero nostri, e addirittura a vantarci di queste intromissioni ostili e incostituzionali.
Assurdi e vaniloquenti dibattiti sulla grande stampa ci hanno presentato come un vanto l’appartenenza a un indefinito Occidente, costrutto anglosassone e nordamericano volto a diffondere la dottrina economica liberista e a difendere l’economia di mercato spinta agli estremi. Ci viene imposto in maniera arbitraria e truffaldina di riconoscerci dentro una indeterminata identità “occidentale” di discutibile esistenza, proposta come altra rispetto a una “orientale”, quando è noto che l’idea di Occidente è stata partorita dal pensiero politico statunitense (dottrina Monroe) proprio per affermare e rafforzare l’espandersi della potenza americana contro gli stati europei.
A fronte di questi specchi deformanti un popolo, creatore storico di concetti e istituzioni universali, stanziato al centro di un Mare su cui affacciano tre masse continentali con relative culture di cui per secoli ha costituito geniale sintesi, avrebbe il diritto e il dovere di respingere come insensati, estranianti e pericolosi schieramenti geo-politici e militari denotati Occidente e Oriente, di sottrarsi ad appartenenze nordatlantiche o euroasiatiche, di ritrovare in se stesso le forze per liberarsi e riconquistare la sovranità. L’alienazione, insinuatasi subdolamente nel sentire comune, ha sospeso la capacità di autopercepirci come popolo, fino al punto da lasciarci paralizzati, incapaci di reagire davanti al dramma della Patria “…senz’ordine, battuta, spogliata, lacera …” di leggi e ordinamenti, di lavoro e giustizia, di lingua e di studi, di territorio e di esercito.
Una sintesi impietosa, ma vera.
Segnalo che nel libro “il golpe inglese” vengono descritti alcuni meccanismi concretamente utilizzati, dai servizi inglesi, per denigrare e sminuire il prestigio e l’orgoglio italiani… con l’ovvio obiettivo di azzoppare koralmentw un concorrente, scomodo in molti scenari…
… azzoppare moralmente…
Il pensiero unico che sta distruggendo tutto sembra irreversibile caro Luciano. Gli strumenti a disposizione del ristretto numero di individui che sta colonizzando tutto il globo sono implacabili. Ogni tanto risveglio qualche coscienza alienata, ma è sempre poco a cospetto dell’oblio in cui siamo e stiamo precipitando………….Ingabbiati dal Sistema delle orde neoliberiste, riusciremo attraverso due o tre generazioni a spezzare le catene? Un sincero augurio che la volontà di pochi esseri umani votati alla militanza, scalfisca l’alienazione di interi popoli, e che, ancora una volta, distrugga il Giogo che ci hanno messo addosso.
Concordo. Si e’ volutamente screditata qualsiasi manifestazione di patriottismo, accusandola di “fascismo”. Quanto alla lingua, noi stessi dovremmo sforzarci di non usare sempre termini inglesi, quando esistono benissimo i corrispondenti italiani.
Perchè lo era.
Quell’aborto osceno e ripugnante noto come Repubblica Italiana è nato (e Scalfari è l’unico che ha il coraggio di ammetterlo) con un tradimento.
Per mezzo secolo gli UNICI che tentavano, con mille ambiguità, di rivendicare una qualche forma di patriottismo sono stati ammazzati in pubblica piazza ed additati alla vergogna del popolino cattocomunista.
La prova del fatto che la Repubblica di merda fondata sulla sudditanza non sia antifascista ma antitaliana?
Craxi.
Appena è sorto un leader interessante, sovranista (come direste voi che non avete il coraggio di essere nazionalisti) e mediterraneo è stato massacrato, in particolare da quella oscena metastasi nota come PCI.
Inutile fare finta che 70 anni siano passati invano.
Matteo
a questo punto credo che la merda sia nella tua testa.
Probabile.
Ma almeno non tento di rifarmi una “verginità nazionale” facendo finta che i comunisti siano sempre stati nazionalisti.
Falso, almeno non in Italia.
Durga notava che effettivamente per decenni ogni forma di patriottismo era considerata “fascismo”, ed ha ragione, salvo dimenticare CHI ha la responsabilità per questo scempio: principalmente i comunisti e la Chiesa.
Sono cresciuto in questa storia, so bene quanto ci mise Togliatti a far accettare il tricolore nel simbolo del PCI insieme a falce e martello (e comunque lo fece solo per ordine di Stalin), so bene quale era l’aria che si respirava nelle sezioni, so bene chi brindava ai criminali rossi che sparavano ai “fascisti”.
E conosco benissimo i libri di storia che si usavano e si usano nella scuola dell’obbligo tutti scritti da comunisti (come quelli di filosofia tutti scritti da cattolici).
Io, caro Stefano d’Andrea, ho probabilmente tonnellate della summenzionata materia fecale in testa, ma non ho la necessità di fingermi un buon democratico, un buon patriota e (stante le ultime uscite) un buon liberale venendo da una storia antidemocratica, antinazionale ed antiliberale.
Io sono e rimango fascista, anche se oramai la parola ha perso di significato, perchè non me la sento di festeggiare il tradimento.
Matteo, dal 1943 i fascisti combatterono alleati con i tedeschi che non sarebbero mai riusciti a riunire l’Italia (quindi se avessero resistito avremmo avuto l’Italia del nord e l’Italia del sud); i comunisti combatterono alleati con gli statunitensi in una prospettiva democratica e che doveva portare e èportò a riunificare l’Italia.
Dopo la guerra, in Italia, nel 1949, il MSI fu favorevole all’adesione alla NATO e il PCI contrario. Nel 1957 il MSI votò i trattati di Roma, il PCI votò contro mentre ilPSI si astenne. Il MSI votò la ratifica del trattato di Maastricht (e a Tremaglia parve “poco”), mentre Rofondazione votò contro, tra l’altro dopo un bell’intervento di Vinci in Senato (il fatto che negli anni seguenti abbia dimenticato tutto anziché sviluppare quella linea non solo è un disonore ma è stata la causa della morte). Le BR furono infiltrate dalla Cia mentre settori dell’estrema destra eversiva collaboravano con la Cia. Fino agli anni settanta non c’era stata l’americanizzazione dei giovani comunisti, se non in una parte minima, fisiologica, verificatasi ovunque nel mondo non esistessero regimi autoritari che difendessero altri punti di vista ideologici. Negli anni ottanta ovunque nel mondo vi fu il cedimento. La vittoria dell’americanismo fu prima una vittoria di idee – vittoria dell’americanismo appunto – e poi una vittoria politica degli Stati Uniti, con la disintegrazione dell’URSS.
Questi sono i fatti, oggettivi e indiscutibili.
Non nego il sincero antiamericanismo di frange minoritarie della destra (ma quelli che conosco già negli anni novanta avevano dimenticato tutto ma proprio tutto, quindi sarà rimasto qualche reduce). Ma la destra politica in Italia è stata anticomunista e filostatunitense. Ugo D’Andrea era lo zio di mio padre. La storia della destra italiana nel dopo guerra, anche di quella che finì per entrare nei “liberali” (tutti figli di ex podestà), la conosco piuttosto bene.
La mia non era una difesa dell’MSI, su cui tutto il male possibile è già stato detto.
Per dire che il PCI (e la Chiesa) sia stato antitaliano non ho la necessità di salvare la “mia” parte, sia perchè sono onesto intellettualmente, sia perchè non me ne frega assolutamente nulla di Almirante e sodali.
La tua ricostruzione degli anni di piombo è semplicistica (dire che per esempio Terza Posizione collaborasse con la CIA è folle), così come la strana visione della RSI come “Padania ante litteram”, ma prendiamo tutto per buono, perchè non è questo il punto.
Io rispondevo a Durga sul perchè di fatto il 90% degli Italiani (contrariamente ai Francesi o ai Tedeschi, o se è per questo agli Iraniani che conosco meglio) considerino la parola “Patria” qualcosa di strano, vecchio, stantio, potenzialmente pericoloso se non di per se malvagio.
Il fatto che PCI e DC siano stati i partiti maggioritari per mezzo secolo vorrà dire qualcosa.
Come vorrà dire qualcosa l’adozione sistematica di libri di testo anti-risorgimento, anti-Grande Guerra ed anti-fascismo.
Un popolo che sputa sul suo passato, evidentemente, non può provare alcun genere di amor di Patria, mi pare ovvio.
I Russi tengono Stalin e Nicola II sullo stesso altare.
E fanno bene.
Sulla DC concordo, sul PCI fino ai primi anni settanta no.
Libri antirisorgimentali di storia non ne ho conosciuti. In letteratura italiana le lezioni erano tutte de sanctis e si leggeva il principe. Illibro di storia era il De Rosa ma la impostazione cattolica non ne faceva minimamente un libro antirisorgimentale. Lo Spini o il Saitta che consultavo non mi sembravano libri antirisorgimentali.
Concordo in pieno invece sul fatto che in Italia si sia abituati a tagliare le parti della nostra storia che non ci piacciono. Ho scritto anche un articolo su questo: https://www.appelloalpopolo.it/?p=1504
Ma tu sei parte del problema, direi strutturalmente avendo scelto di essere antidemocratico. Io infatti, come accenno nell’articolo linkato, riesco ad affermare che nel ventennio furono dimostrate alcune qualità importanti, che vanno riprese. Tu invece sei incapace di dire anche soltanto mezza parola non negativa quando parli del PCI.
La mia posizione sulla democrazia liberale non è quella di Evola o di Romualdi o altri che malsopporto, ed in realtà nemmeno di Pareto (interessante comunque ma non trasse le dovute conclusioni).
è quella di Marx e Lenin.
Sei liberissimo di dire che è una posizione problematica, che è illegittima, che è irrazionale o che è da sociopatici (come scrisse qualcuno su questo sito).
Coerenza però vorrebbe che non scrivessi che Matteo (cher conta come il due di picche a briscola) è un problema, bensì che Marx e Lenin sono un problema.
Si chiama coerenza logica, dato che io non pretendo (essendo un uomo di scienza) nessuna originalità particolare nel mio “pensiero”, ammesso e non concesso che esista come entità a se stante.
Non pretendo che tu mi risponda (come non mi hai risposto le altre volte, per esempio sulla deprimente uscita liberale), ma prima o poi voi, come partito politico, come ARS o come FSI o quello che vi pare, sarete costretti a fare “pulizia in casa”, passami questo termine sgradevole.
Ed allora bisognerà scegliere fra Marx e Tocqueville.
Buh, sarà sociopatia, ma è una delle cose più interessanti che abbia scoperto in internet.
P.S.
Grazie ancora per il tuo articolo di qualche mese fa sul PN riguardante il Risorgimento: boccata d’aria fresca.