Ipermodernità
di VANNI CODELUPPI (Sociologo)
Negli ultimi decenni, molti sociologi, soprattutto negli Stati Uniti e in Inghilterra, hanno fatto ricorso all’aggettivo «postmoderno» per definire in maniera sintetica le società contemporanee. Il problema però è che oggi abbiamo sempre più a che fare con delle società che sono chiaramente ancora moderne. Infatti, più che porre l’accento sul «post», cioè sull’arrivo di un processo di totale cambiamento rispetto all’epoca della modernità, è necessario pensare che quest’ultima sia entrata in una nuova fase della sua evoluzione. La fase che stiamo attraversando cioè non porta a una situazione «post», a una realtà totalmente diversa da quella che era propria della modernità, ma in essa la stessa modernità viene portata all’eccesso, in quanto è soggetta a un processo di accelerazione e intensificazione dei principali fenomeni che l’hanno da sempre contrassegnata e diventa pertanto «ipermoderna».
Come ha sostenuto Gilles Lipovetsky nel volume L’impero dell’effimero, la cultura moderna che ha preso avvio a partire dal Quattrocento è caratterizzata da due aspetti cruciali: l’idealizzazione del nuovo, del progresso sociale e del futuro; la possibilità per l’individuo di svincolarsi dai legami sociali tradizionali e di sentirsi libero di esprimere la sua autonoma capacità di scelta. E tutto ciò ha comportato la nascita di una condizione di vita necessariamente imperniata sullo spostamento e l’instabilità. Una condizione naturalmente resa possibile anche dalla progressiva adozione di tecnologie di trasporto e di comunicazione sempre più potenti ed efficaci. Di conseguenza, nelle società ipermoderne la cultura sociale accelera progressivamente la sua velocità e gli esseri umani si trovano a dover vivere in una condizione paradossale nella quale faticano a comunicare tra loro e hanno la sensazione di essere in un istante onnipresente dove passato, presente e futuro tendono progressivamente a fondersi. E dove non è più possibile elaborare progetti a lungo termine ed è necessario convivere al meglio con ciò che quotidianamente si presenta. È necessario cioè accontentarsi, anche rinunciando alla ricerca della qualità ottimale e accettando quella proposta del “buono quanto basta” che il mondo dei consumi propone con sempre maggior frequenza.
Le modificazioni che riguardano la capacità umana di orientarsi rispetto al tempo e allo spazio sono cruciali per comprendere i processi di cambiamento che sono attualmente in corso nelle società ipermoderne. D’altronde, la modernità, come ha messo in luce Anthony Giddens nel volume Le conseguenze della modernità, ha potuto svilupparsi proprio perché ha saputo attribuire uno statuto indipendente al tempo e allo spazio, teorizzate per la prima volta come categorie distinte tra loro e rispetto alle esperienze sperimentabili nell’ambito della vita quotidiana. Ciò è stato possibile soprattutto grazie alla diffusione dei moderni sistemi di trasporto e comunicazione, che hanno consentito di superare la necessità di un’interazione caratterizzata dalla presenza nello stesso tempo e nello stesso ambiente degli interlocutori e di creare una separazione del tempo e dello spazio rispetto al luogo, categoria centrale nell’epoca pre-moderna che indica uno spazio fisico in grado di sviluppare legami sociali e culturali particolarmente forti e duraturi tra gli individui. Si è potuto così standardizzare il tempo e lo spazio, in quanto l’organizzazione sociale del tempo è stata fatta corrispondere all’uniformità della misurazione del tempo introdotta dall’arrivo dell’orologio meccanico, mentre lo spazio è stato reso sempre più autonomo.
Nell’epoca pre-moderna, il tempo e lo spazio erano misurati a partire dall’esperienza individuale, e in particolare dall’esperienza personale di rapporto con l’ambiente naturale, ma con la modernità la loro percezione è stata sempre più uniformemente condivisa in tutto il sistema sociale. L’avvento della modernità ha così sostanzialmente “svuotato” della loro essenza sia il tempo che lo spazio. Questi sono stati resi cioè entità astratte che riescono a facilitare il funzionamento della società e dei mercati proprio perché non hanno la necessità di intrattenere dei legami con un preciso contesto sociale. Tutto ciò ha reso possibile oggi un’incredibile accelerazione della velocità di vita che produce come conseguenza pesanti costi per l’ambiente naturale e una compressione del tempo a disposizione degli individui. Passato e futuro si accorciano progressivamente e domina la necessità di essere istantanei. Gli esseri umani tentano disperatamente di inseguire i ritmi vorticosi di sviluppo delle società contemporanee e il processo di accelerazione subito dalla realtà in cui vivono, ma il loro sforzo si rivela sempre più difficoltoso, perché la mente umana non è in grado di modificarsi e adattarsi così velocemente come il sistema economico e quello culturale.
Fonte: Doppiozero
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