Resistere, resistere, resistere
di Francesca Recchia
Bevo gin and tonic e scrivo. Dopo un anno di assenza sono arrivate di nuovo nei supermecati le lattine di acqua tonica: il gin and tonic diventa quindi facilmente un argomento di discussione.
So che gli ultimi bollettini hanno lasciato molti preoccupati; le cose sono pesanti, ma – anche se un po’ a fatica – sono riuscita a ritrovare la terra sotto ai piedi e a cambiare la prospettiva da cui guardare le cose. Adesso mi sembra tutto un gioco di strategia, una buffa combinazione fra una partita a scacchi e un episodio di Tom e Jerry in cui io, per evitare incontri indesiderati, mi nascondo dietro al monitor del computer o sgattaiolo via spalmata sul muro dei corridoi dietro le spalle di chi non voglio vedere…
E poi succede che viene il 25 aprile, che per me è il giorno più importante dell’anno e comincio la giornata ascoltando Bandiera Rossa su Youtube e poi L. mi manda Bella Ciao cantata da Gaber e un po’ mi commuovo e penso che davvero è una bella giornata. E penso che la storia della Resistenza non finirà mai di lasciare il segno nella mia vita, penso che è una storia che ogni anno mi racconta una cosa anche di me e che è un messaggio vivo e presente che mi aiuta a ritrovare l’equilibrio, a rimettere a fuoco i valori importanti, a ricordarmi perchè prendo le decisioni che prendo.
E poi succede che in classe racconto ai miei studenti la storia della Lberazione e che i nostri partigiani e i loro peshmerga hanno tratti simili, di ideali, vicinanza e sensibilità e le montagne tornano in primo piano, perchè è dalle montagne che si raccontano sia la loro che la nostra lotta per la libertà. E mi torna in mente che tanto tempo fa un amico curdo – che ha passato un po’ di anni a combattere sulle montagne – mi canticchia una canzone e mi dice la conosci? Certo che la conosco, è Bella Ciao tradotta in curdo, cantata su montagne diverse con parole diverse ma per gli stessi ideali. E le facce dei miei studenti si illuminano. E a quel punto la bocca chiusa non la tengo più e butto lì che la lezione sia dei miei che dei loro partigiani non ce la dobbiamo dimanticare nelle nostre piccole battaglie quotiane, neache qui all’università quando quello in cui crediamo è così profondamente messo in discussione da chi prende le decisioni probabilmente anche per noi, ma sicuramente non in nome nostro.
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