Elezioni in Sudafrica: dietro la mediocrità dei commenti, la realtà sul campo
Traduzione di Massimo Maria Corbino (FSI Roma) di un articolo di Bernard Lugan pubblicato su Le blog officiel de Bernard Lugan – Actualité africaine
In Francia i commenti sulle elezioni sudafricane sono sia penosi per mediocrità che del tutto sfasati rispetto alla realtà. Così, con il loro solito pappagallismo, i media francesi parlano di un fallimento dell’ANC (African National Congress /Congresso Nazionale Africano), mentre, al contrario, osserviamo una stabilità del corpo elettorale[1].
Cinque osservazioni:
- Confrontiamo ciò che è confrontabile limitandoci alle sole elezioni comunali. Nelle elezioni del 2011, l’ANC aveva ottenuto il 61,95% dei voti. Alle elezioni del 3 agosto 2016, gli ha dato i propri voti il 54,30% degli elettori. Il calo è quindi tra i 6 e i 7 punti percentuali. È però lontano dagli annunzi di collasso pronosticati dagli “esperti”. Non solo il partito è ancora largamente dominante, ma nelle province rurali realizza punteggi molto alti; così nel Mpumalanga (il 68,34% dei voti) nel Limpopo (il 68,73%) e nel Capo Orientale (il 65,37%).
- I punti persi dall’ANC a livello nazionale, sono andati a un partito che nel 2011 non esisteva. Si tratta del FEP (Freedom Economic Fighters Party/Combattenti per la Libertà Economica) di Julius Malema, che ha ottenuto il 7,96% dei voti. Quest’ala dissidente di sinistra dell’ANC ha per programma la confisca senza indennizzo dei terreni appartenenti ai bianchi, la nazionalizzazione delle miniere e delle banche. Il relativo declino dell’ANC non è dunque la prova di una svolta “a destra” del Sud Africa.
- Nonostante il consolidamento nella sua base etnica-elettorale del Capo Occidentale, dove ha ottenuto il 63,55% dei voti, e una vittoria spettacolare a Port Elizabeth[2], vecchio baluardo dell’ANC, la DA (Alleanza Democratica / Democratic Alliance) non realizza il successo annunciato. Passa in effetti dal 23,94% dei voti nel 2011 al 26,57%, cioè guadagna poco più di due punti. Mettendo a capo un nero nativo di Soweto, questo partito bianco, meticcio e indiano sperava di fare presa sull’elettorato urbano nero deluso dalle promesse non mantenute dall’ANC. Orbene, il suo progresso è stato marginale. La DA rimane dunque il partito delle minoranze razziali.
- Ancora una volta, la lezione principale di questo voto è l’estrema polarizzazione razziale della società sudafricana. Lo studio circoscrizione per circoscrizione mostra in effetti che i neri hanno votato per i partiti neri, mentre i bianchi, i meticci del capo e gli asiatici hanno dato il loro voto alla DA. Pertanto:
– i Neri sono circa l’80% della popolazione del Sud Africa; ora, se sommiamo i voti della ANC (54,30%), del FEP (7,96%), dell’Inkatha (4,55%) e quelli ottenuti da una moltitudine di piccoli partiti neri locali (6,78%), otteniamo quasi il 74% dei voti;
– i Bianchi (9%), i meticci del Capo (10%) e gli asiatici (2%) sono circa il 20% degli elettori. Con il 26,57% dei voti, l’Alleanza Democratica ha così attratto a sé soltanto una frazione minoritaria dell’elettorato urbano nero. Questi cittadini neri che hanno votato DA rientrano in due categorie: la prima è una frangia “borghese” che ha dato un voto di adesione; la seconda, la più importante, è quella dei neri che respingono la gestione ANC, come a Port Elizabeth, dove il voto a DA è l’espressione del rifiuto di un’amministrazione dell’ANC particolarmente corrotta e inefficiente.
- La cosa più importante è che, nonostante un calo tutto sommato relativo, la posizione di Jacob Zuma si è indebolita, il che porterà ad una feroce guerra fra clan all’interno dell’ANC. Con l’obiettivo della conferenza del 2017 che vedrà la nomina del prossimo candidato dell’ANC alle elezioni generali del 2019.
Bernard Lugan
2016/08/05
[1] Uno studio dettagliato e la mappatura di queste elezioni saranno effettuati nel numero del mese di settembre di Africa reale.
[2] Non essendo maggioritaria, la DA dovrà formare nel frattempo una coalizione.
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