Chi non lavora non mangerà
di Stefano D'Andrea
Come ci liberiamo di siffatti contestatori del sistema?
Esistono, singolari “contestatori del sistema”. Essi enunciano i fini e non si soffermano sui mezzi che, teoricamente, dovrebbero essere utilizzati per raggiungere quei fini. Né illustrano i sacrifici che sarebbe necessario sopportare per realizzare i fini. Questi ultimi, poi, nell’opinione di siffatti “contestatori”, non sono condizioni di arrivo che implicano, una volta realizzate, il continuo impiego di serietà, rigore, ulteriori sacrifici, coerenza, impegno notevole e violenza (si violenza: la legge che si desidera è violenza né più e né meno di quella che si intende abrogare). No. Il loro mondo ideale è un mondo senza violenza. La falsa e buona coscienza – la falsa coscienza è sempre buona – di questi contestatori dice:
vorrei un mondo di pace; vorrei un mondo senza stati dominanti; vorrei un mondo in cui tutte le monete fossero emesse dai popoli, non a debito ma come unità di misura dei beni circolanti, eventualmente entro i limiti di disponibilità di beni reali ai quali quei popoli danno valore; vorrei un commercio internazionale libero senza che uno o più stati abbiano monete di riserva e quindi senza che uno o più popoli possano acquistare beni da altri popoli pagando con carta straccia; vorrei un mondo organizzato in modo che chiunque abbia un reddito di cittadinanza; che quasi non sia necessario lavorare per altri: se uno vuole lavora per sé o in cooperativa, altrimenti riesce a campare anche se non lavora; vorrei un mondo dove la scuola ti dà le capacità e “le informazioni” necessarie alla vita che desideri vivere; vorrei un mondo senza rifiuti; ecc. ecc.
L’infantilismo di queste posizioni è lapalissiano. Come ci liberiamo di siffatti contestatori del sistema? Anche io voglio esprimere un auspicio: vorrei un mondo nel quale non esistano pseudocontestatori, ossia contestatori che credono che la Costituzione e comunque la Politica debbano garantire il diritto alla felicità. I contestatori seri, i contestatori-costruttori, che hanno fatto o promosso rivoluzioni o rivolte o grandi cambiamenti, hanno sempre posto in primo piano il sacrificio per la causa, la missione, i doveri, le sanzioni. E hanno sempre avuto consapevolezza della violenza e/o dei sacrifici necessari a combattere la violenza del sistema contestato, a resistere all’ordine costituito, ad organizzare la rivoluzione e a garantire la vitalità del nuovo ordine. I comunisti italiani, per esempio, cantavano “e noi faremo come la Russia: chi non lavora non mangerà”: altro che reddito di cittadinanza!
L’idealismo, particolarmente diffuso nella rete, non è quasi mai accompagnato dalla necessaria cattiveria e dalla sincera individuazione dei nemici e dall’illustrazione dei sacrifici necessari per tentare di realizzare l’ideale. La conseguenza è il buonismo, che è il modo di pensare degli ingenui o degli ipocriti. Idealisti si; ma anche cattivi e tanto più cattivi quanto più si è idealisti. E’ una logica – direi la logica – che non lascia scampo.
Sono d'accordo con queste osservazioni. Pare che le cose "succedano da sè", basta pensarle. Il cambio di paradigma tanto auspicato avviene per spostamento di "massa critica" dove questa non è, come nella realtà, frutto di un braccio di ferro estenuante tra le due parti (tipicamente padronato e lavoratori), ma miracolo del pensiero pensato.
Non serve quindi lottare mettendo in conto non solo successi e sconfitte ma soprattutto tempo ed energie spese. Secondi questi pensatori del nuovo millennio il buonismo, il politically correct da salotto è la chiave che aprirà le porte del cambiamento.
Questi signori si dimenticano le forze oscure che stanno manovrando affinchè tale cambiamento non avvenga. Tali forze oscure usano tanto violenza che propaganda.
La violenza serve ad ammazzare chi si oppone fieramente contro gli interessi del capitale e si muove per favorire gli interessi delle genti. Il teatro odierno è in sudamerica, fucina di cambiamenti epocali mal graditi dalle multinazionali e dai politici da loro pagati.
La propaganda invece fa credere che con il buonismo, il profilo basso, le voci sussurrate, le tecniche new age si raggiungano i risultati migliori.