di Tito Pulsinelli fonte Selvasorg
Il canovaccio che ispira la narrazione del latifondo mediatico si riduce ad uno scarno slogan manicheo: non importa chi verrà dopo, bisogna voltare pagina. Poco importa qual’è la pagina seguente, nè la credibilità del nuovo racconto in via di elaborazione, le cui bozze –tese a diventare trama credibile- sono sparse in vari meandri del potere romano. Nazionale ed internazionale, republicano e monarchico, europeo ed imperiale, italiano e anglosax. C’è un frontismo strisciante e rampante che chiama a pigiarsi in un unico contenitore: da Draghi a Montezuma, agli esangui frammenti “nano-partitici” che mendicano comparsate alla greppia mediatica.
E’ la fronda di chi ha fretta di incolonnare in un unico fronte banchieri e pensionati, confindustriali ed artigiani, casta e disoccupati, parassiti della rendita e salariati. E’ il grido della jungla già rimbombato ad Atene, Madrid, Dublino, Lisbona, Parigi, dove varia il colore della livrea dei valletti al governo, ma è identico lo spartito che
ispira gli omologati cori funebri.
Scalpitano le controfigure italiane che vogliono finalmente “fare come l’Europa”: dare in piena libertà capitali pubblici all’élite finanziaría che ha distrutto l’economia europea e la coesione generata dallo Stato sociale. Gli emuli nostrani della debacle, reclamano la libertà di socializzare le perdite generate dal fondamentalismo monetarista della Banca Centrale Europea. La loro genialità si manifesta nell’allungamento della vita lavorativa ai settantenni e nella moltiplicazione esponenziale della disoccupazione dei ventenni.
L’attuale governo in carica ha fornito truppe per l’Afganistan e Iraq, si appresta ad ospitare tutto l’arsenale atomico di cui gli Stati Uniti dispone sul teatro d’operazione europeo, compra F35 all’ingrosso alla depressa economia a stelle e strisce…ma di quali gravi colpe si è macchiato? Le luci rosse? Mmumm. La crisi? Il debito estero viene da molto lontano e qualsiasi governo ha sborsato 70 miliardi di euro annuali per pagare gli interessi.
Come già anticipammo nei mesi scorsi, si è fatto palese l’attacco a Finmeccanica con l’apertura di un’indagine giudiziaria. E’ il preludio ad un’offensiva che ha nel mirino soprattutto l’ENI, vale a dire la ghiotta sostanza finanziaria e strategica dell’industria nazionale, sopravvissuta alla sarabanda privatizzatrice iniziata negli anni ottanta. I suoi artefici –palesi ed occulti- sono molto attivi nel fronte colorato del cambio senza obiettivi dichiarati. D’altronde, già da tempo Goldamn Sachs e le “qualificatrici di rischio” –ed altra ferramenta della spoliazione anglosax– toccano insistentemente il tasto delle due grandi parastatali nazionali. Raccomandano “disinterassatamente” di scorporare, fare spezzatini, poi loro compreranno il filetto e lasceranno le cotiche.
Tra i “frontisti colorati” c’è chi dà loro retta, e si spinge a stroncare le relazioni dirette istaurate dall’Italia con i grandi fornitori di gas e petrolio (Libia, Iran, Russia, Venezuela), senza però dire dov’è lecito comprare gli idrocarburi. Forse alla BP, Exxon e Shell (dopo che si saranno aggiudicate a buon mercato l’ENI)? Bocciano qualsiasi iniziativa tesa a rafforzare l’autonomia energetica nazionale, e sposano tutte le politiche che negano un ruolo attivo italiano nell’ambito delle sponde del Mediterraneo. E’ il concubinaggio senza velo con i nemici d’una più accentuata sovranità europea, resa possibile dall’accellerato posizionamento del multipolarismo e dal declino inoccultabile degli Stati Uniti.
I mesti cantori del “Paese normale” di ieri, incastrato nello scenario hollywoodiano della salvifica “globalizzazione”, in nome della quale –al pari di qualsiasi sclerotizzata nomenklatura– misero all’asta il patrimonio pubblico italiano, oggi approdano ai più provinciali lidi della “globalizzazione giusta” (sic). Nel frattempo, è avvenuta la distruzione dell’economia edificata con successo dal 1945 agli anni 90. Con la catastrofica realtà di generazioni che staranno peggio dei loro padri e nonni, e il più grave dei fattori negativi: paralisi demografica e paura del futuro.
I loro sodali europei sono quei schizofrenici “napoleoni” che -in pochi anni- passarono dall’Europa dei 10 all’ammucchiata “a 27”, con basi sulla sabbia del bancomat del mercato&moneta, senza politica estera e senza esercito. Avevano fretta, dovevano ingurgitare con furia bulimica tutte le centralizzate economie statali dell’area del Patto di Varsavia. Gli “strateghi” d’Europa furono –e sono- banchieri centrali formati ed attivi nelle madrasse anglosax del liberismo finanziario, che in un batter d’occhi trasformarono i monopoli statali in altrettanti monopoli privati. Voila!
Questa elite ha distrutto gli sforzi pazienti e prudenti dei padri fondatori dell’Europa imperniata su sei nazioni, ha fatto la fortuna dei grandi speculatori finanziari reintroducendo il darwinismo sociale, annichilendo la stessa nozione di sovranità e autonomia. Più liberisti della Tatcher, ma con meno buonsenso e con la testa sprofondata nella Borsa. E’ necessario metterli in condizione di non nuocere, in primo luogo evitando che mettano o tolgano governi a loro piacimento, quando non applicano integralmente la loro ricetta. E’ imperdonabile che mentre gli Stati Uniti perdono terreno rispetto ai nuovi blocchi emergenti del multipolarismo, i responsabili del fallimento europeo si apprestano a consegnargli la supestite argenteria di famiglia. Questa élite non vuol prendere atto che le nuove potenze emergenti sono tali perchè hanno limitato lo strapotere delle banche centrali, esaltato la sovranità in tutti gli ambiti, grazie ad un affidabile sistema di difesa reale ed autonomo.
La pagina che bisogna cominciare a scrivere prevede la pensionabilità di questa élite che ha riconsegnato l’Europa al FMI, dopo aver definitivamente abdicato al consolidamento del polo europeo. Sulla tratta Tel Aviv-Washington si affollano i candidati in cerca di nuove o estreme unzioni per riportare l’Italia all’essenza di “espressione geografica”. Comprese le new entry (Maroni, Vendola), innovatori del lessico maccheronico e di metafore ardite, per tarsfigurarsi dal ruolo di operatori alternativi degli Stati Uniti Occidentali fondati sulla NATO. Non c’è futuro per gli italiani se non difendono gli unici poteri ed istituzioni che possono ancora scegliere o che le forze occulte e parallele non si sono ancora annessi definitivamente.
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