inflazione nel quadro internazionale
Inflazione – Seconda parte
Nello scritto precedente ho analizzato come inizia e come eventualmente si sviluppa il processo inflazionistico.
Ed anche come raggiunge un nuovo equilibrio prezzi/disponibilità economiche.
Il tutto considerando un ambiente stagno, sigillato, in cui tutto avviene al suo interno, in cui tutti gli operatori del mercato sono a loro volta acquirenti, nel mercato stesso, in cui chi produce dei beni ricava redditi che usa per acquistare altri beni prodotti da altri.
Oggi invece vedremo di allargare questo schema ad un ambiente aperto, dove scambi si verificano anche tra diverse realtà sia produttive che di consumo.
Ma per far ciò dobbiamo fare alcune considerazioni supplementari circa il valore del denaro.
Nell’ambito dello stesso paese, è da supporre che almeno una buona parte dei beni di largo e comune uso e consumo riscontrino nella maggioranza della popolazione ( le cui persone sono abituate a condividere usanze e consumi) la stessa o analoga desiderabilità e quindi valore. Facendo riferimento ai prezzi di tali beni, quindi, il denaro assumerà un valore condiviso con buona approssimazione.
Inoltre ogni popolazione potrà avere il proprio denaro, che , ricordo ha una espressione numerica solo in rapporto alla unità di misura adottata.
Così potranno esserci monete la cui unità di misura vale di più ed altre in cui l’unità di misura ha un valore inferiore.
Se pensiamo alla lira antecedente l’entrata dell’euro e la confrontiamo col marco tedesco, ci si renderà conto che mentre in lire era normale parlare di migliaia, in marchi si parlava di unità, fermo restando che un bene non reperibile in nessuno dei due paesi, ma che avesse dovuto essere acquistato all’estero, avrebbe avuto lo stesso valore per entrambi , ma la sua espressione monetaria sarebbe stata molto diversa.
Quindi, in ogni paese, la moneta esprime il valore dei beni di quel paese.
E per esempio un chilo di mele costava 1000 lire in Italia e 1 marco in Germania, da questo confronto si ricavava che il marco valeva 1000 volte più della lira.
Se tale rapporto veniva confermato da un intero paniere di beni, allora il rapporto di cambio tra le due monete sarebbe stato accettato.
Ma se è facile fare una comparazione tra beni che vengono valutati in modo analogo nei diversi paesi, il discorso cambia se ciò non accade.
Il grasso di tricheco potrà avere un buon valore in un paese artico, ma sicuramente non avrà lo stesso valore in un paese equatoriale, ma così probabilmente anche un frigorifero o un condizionatore.
E ciò perché le popolazioni diverse, in ambienti diversi valutano certi beni in modo assolutamente molto diverso, a prescindere dal valore della loro moneta.
E dato che una moneta ricava il proprio valore dalla sua proprietà di facilitare gli scambi, se gli scambi sono difficili per la tipologia delle merci, diventa ancor più complesso esprimere beni con valori diversi in monete diverse.
La cosa pertanto ha trovato una sua naturale soluzione, prima facendo riferimento ad un bene desiderato in modo pressoché analogo da tutti, l’oro, poi usando il dollaro la cui convertibilità in oro era garantita, ed infine, oggi, senza più nemmeno tale garanzia.
Ecco quindi che il valore del denaro di un paese straniero, è legato a filo doppio con il tipo di beni o servizi che esso può dare in cambio, ai beni che desidera, e questo a prescindere dal valore che quei beni hanno nel loro paese.
Faccio l’esempio del grasso di tricheco, il quale avrà un certo valore nel paese artico, ma pressoché nullo al di fuori di esso.
Tale paese potrà ottenere dei beni da altri paesi, SOLO se riuscirà a fornire dei beni ambiti nel paese di origine di tali beni, oppure trovando qualcuno che desideri il suo grasso di tricheco, ma che abbia anche molti altri beni da scambiare sul mercato internazionale.
Solo in questi due casi, quindi, quel paese, potrà ottenere dall’estero dei beni che gli occorrono.
Più un paese è in grado di esportare tipologie diverse di beni, e più la sua moneta potrà essere usata , al limite in triangolazioni (A cede dei beni a B che con il denaro ricavato acquista beni da C ), negli scambi internazionali.
Ma non basta.
Tale moneta deve anche dare almeno l’impressione di una buona stabilità, di conservare il proprio valore nel tempo, per poter esser usata come riserva.
Infatti gli scambi in triangolazione non è detto che debbano ( anzi non accade mai) avvenire in simultanea, e pertanto ogni paese tenderà a crearsi una riserva di tale moneta.
Ma come si può definire , quindi il rapporto di cambio tra due monete ?
Un modo è il seguente, che pur essendo teorico, dà un’idea del come potrebbe esser calcolato.
Prendendo tutti i beni del paese A che hanno un valore nel paese B, e sommandone i prezzi espressi nella moneta del paese A, e facendo altrettanto nel paese B, il rapporto di cambio equivale al rapporto tra tali risultati.
Se poi si considera la totalità dei paesi che possono quindi triangolare i beni anziché il valore che hanno nel paese B occorre prendere la media dei valori che hanno gli stessi beni sull’intero mercato internazionale.
Ovviamente tale risultato dà un rapporto di cambio teorico, mentre praticamente tale rapporto scaturisce solo dal volume di scambi tra i due paesi, considerando che anche il denaro, sovente è un bene che occorre per investimenti o per acquistare presso paesi la cui moneta non è quotata.
Mi rendo conto che aver voluto sintetizzare questi concetti, li ha resi piuttosto di difficile comprensione, ma per procedere nel discorso inflazione, è necessario rendersi conto di quanto peso abbia il rapporto di cambio tra le monete dei due paesi.
Perché, un certo bene, può esser più conveniente ( a un prezzo minore) se acquistato all’estero e se tra le due monete esiste un certo rapporto di cambio oltre ad un prezzo in quel paese sufficientemente basso.
Ma questo rompe quella catena che legava la produzione agli acquisti tramite gli operatori che facevano parte di entrambe le categorie.
Portando all’estremo tale caso, dato che il prezzo di un bene è frutto di un equilibrio tra quantità di quel bene offerto e risorse messe in campo per acquistarle, se non venissero più prodotte localmente, si creerebbe disoccupazione. E quindi, tolto un ceto numero di stipendi, calerebbe anche la richiesta.
Ma avvenendo dopo che la produzione è stata spostata, quantità minori importate , potrebbero rendere non più conveniente l’importazione, ma attuata ugualmente perché la produzione locale sarebbe cessata.
In tutto questo discorso, comunque la cosa importante è notare come la produzione di ricchezza (creazione di beni e servizi) renda forte la moneta, mentre l’acquisto all’estero, se non compensato da scambi di altrettanti beni, oltre a causare una bilancia commerciale negativa, con aumento di indebitamento verso i paesi esportatori, finisce per causare inflazione, cosa che indebolisce la moneta.
Quindi, un paese sano economicamente è in genere un paese che esporta più di quanto importa, ma se questo si verifica ci sarà qualche altro paese in condizioni speculari, che però si indebolisce.
L’ottimo, per tutti, quindi sarebbe un sostanziale equilibrio degli scambi, in cui non prevale per nessuno ne l’esportazione ne l’importazione.
Esattamente, cioè, la situazione opposta all’attuale.
Nel prossimo numero vedremo quindi quello che l’attuale crisi ha mostrato evidente sul mercato mondiale delle monete.
Ed ora alcune considerazioni sugli eventi della settimana.
Si fa un gran parlare dei debiti sovrani dei paesi deboli dell’unione, dimenticando chi è il creditore.
E tra essi la parte del leone la fanno le banche.
del debito della Spagna circa 730 miliardi di dollari sono suddivisi tra banche di Germania, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti.
Circa 570 miliardi di dollari del debito irlandese sono detenuti da Germania, Francia, Gran Bretagna Stati Uniti e Spagna.
Dei 220 miliardi di dollari di debito del Portogallo sono creditori Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna.
E dei 180 miliardi del debito Greco sono creditori Germania, Francia, e Stati Uniti.
Resta quindi evidente che un default di uno di questi paesi trascinerebbe nel baratro le banche dei paesi creditori, ed è quindi ANCHE interesse di questi ultimi trovare una soluzione che non appesantisca al limite dell’insopportabile il peso dei debitori.
Ma se l’Europa piange , gli USA non ridono.
La situazione disoccupazione USA continua ad essere critica, nel senso che aumenta mentre diminuiscono gli occupati a qualsiasi titolo, mentre , stranamente pare che riprendano i consumi privati.
Da cosa derivi questa “euforia” è tutto un mistero, visto ch etra dicembre e gennaio inizieranno a terminare i supporti ai disoccupati che possono essere erogati per un massimo di 99 settimane.
Non dimentichiamo che il mercato immobiliare è sempre molto critico ed il numero di case nuove acquistate ha toccato il minimo di sempre.
Ma la cosa che fa vedere le cose ancora peggiori è il numero dei mutui ARM ( contratti per acquisto di case di medio valore, con condizioni particolarmente buone per i primi due anni, che peggiorano sensibilmente dopo ) da ristrutturare, unito ai problemi di vendita dei locali commerciali, i quali, essendo stati finanziati essenzialmente dalle banche locali, stanno fallendo a 3 -4 la settimana da 2 anni a questa parte (vedere report del FDIC , l’ente che gestisce i fallimenti bancari).
Quindi, l’accanimento delle società di rating americane contro i debiti dei paesi “deboli” europei, ha più l’aria di essere un modo per distogliere l’attenzione dai problemi statunitensi, che una reale necessità di mettere in guardia gli investitori sui problemi, seppur reali, ma non inferiori a quelli del loro paese.
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[…] Articolo Originale: inflazione nel quadro internazionale Aggregato il 21 dicembre, 2010 nella categoria Guida alla Scelta, Mutui, Prestiti, […]