Scontro di capitali? (1)
La storia mi venne riferita un paio di anni fa. La persona in questione, da un ventennio rappresentante commerciale di una grossa multinazionale, mi confidò che era stato costretto a farsi la partita IVA e a modificare il suo rapporto di lavoro con l'azienda: non più dipendente ma collaboratore esterno. In realtà faceva sempre lo stesso identico lavoro di prima, ma senza più ferie e malattia pagate. Il motivo? Riduzione dei costi aziendali.
A dire il vero quella sofferta decisione era stata preceduta da una burrascosa riunione in cui i vertici dell'azienda avevano "chiesto" ai dipendenti di ridursi lo stipendio per potere fronteggiare la crisi. Ma alla fine al consiglio di amministrazione neanche un salario ridotto all'80% era sembrato sufficiente. E quindi tutti collaboratori esterni: si guadagna in base alle percentuali di vendita, punto.
Le ragioni di questa progressiva spinta verso il basso dei lavoratori che per lunghi decenni avevano garantito ottimi guadagni all'azienda mi venne descritta in tutta la sua oscena nudità: il pagamento dei dividendi agli azionisti. Una multinazionale quotata in borsa ha bisogno di essere sostenuta dai propri azionisti. Per questo li paga profumatamente, per convincerli della bontà dell'investimento e attrarre nuovi investitori.
In un periodo di vacche grasse i due aspetti, quello industriale e quello borsistico, vanno di pari passo, ed entrambi i settori acquisiscono posizioni importanti.
Quando però le vacche dimagriscono occorre operare una scelta, ed i due aspetti entrano in rotta di collisione: chi avrà la precedenza?
Un'investimento industriale ha bisogno di tempo per vedere maturare il proprio capitale, al contrario dell'investimento borsistico (meglio sarebbe chiamarlo speculazione).
Chiarificatrice in tal senso è l'affermazione di Del Giudice, scopritore assieme al prof. Preparata di un sistema di fusione fredda con acqua pesante e palladio e già riportata in un mio precedente articolo: [1]
"L'arricchimento mediante speculazione ha preso il posto dell'arricchimento produttivo. L'investimento produttivo per bene che vada rende il 10-15 % l'anno, un investimento finanziario se le va male la porta al lastrico ma se le va bene le permette di triplicare il suo patrimonio. Non c'è nessuna industria che fa della programmazione di lungo periodo, tutti partono dall'idea di Keynes che sei mesi è un lungo periodo e quindi nelle grandi Corporation gli amministratori delegati vengono licenziati se entro 6 mesi non raggiungono gli obiettivi previsti. Anche il Venture Capital non è disposto ad aspettare anni. Lui ti dice: io ti presto il denaro, tu entro sei mesi mi fai guadagnare il 25 % E quale ricerca scientifica ti può garantire un risultato così entro 6 mesi?"[2]
Cosa sta succedendo a livello globale quindi? Che i manager aziendali sono "costretti" ad ubbidire alle leggi di Wall Street e limitare la propria produzione, mettendo la speculazione borsistica davanti all'innovazione tecnologica. Il modello matematico usato per ingegnerizzare nuove interfacce con il reale ha dovuto cedere il passo alla matematica finanziaria che garantisce maggiori utili ai vertici mentre impoverisce larghi strati di popolazione, togliendo loro sicurezza e diritti.
Significativa è l'analisi effettuata da La Voce, la rivista di economia di Tito Boeri, che così si esprime:
"sono stati analizzati i costi dei Cda di un gruppo di società quotate .. (ma)…
non è stata riscontrata alcuna relazione tra il costo complessivo del Cda e il dividendo distribuito. (..)
Se il Cda è l’organo aziendale atto a definire le strategie generali, l'amministratore delegato è colui che individua le tattiche operative per raggiungere tali strategie: potrebbe dunque gestire la leva del dividendo per instaurare un maggior grado di fiducia con l’azionista e quindi giustificare i propri maggiori compensi."
Conclusione lapidaria: "il costo di questi organi è largamente immotivato e determinato da fattori endogeni." [3]
Non esiste quindi nessuna meritocrazia (immotivati quindi gli esorbitanti stipendi dei Cda societari) mentre per "fattori endogeni" si può solo pensare ad una chiusura delle elites finanziarie anche nei confronti della controparte industriale. Marchionne sarebbe quindi il Deus Ex Machina partorito dal connubio tra l'homo oeconomicus e Confindustria e segna il nuovo passo dell'evoluzione capitalista: lo scontro tra finanza ed industria con il Cda che coraggiosamente e con costi personali di tutto rilievo (?!) si schiera dalla parte del massimo profitto personale e garibaldinamente obbedisce al diktat dei banksters di Wall Street.
Nel frattempo lo Stato se ne sta in disparte ad osservare, e quando è il caso smobilita le forze repressive per sedare le legittime dimostrazioni di insofferenza verso queste costanti diminuzioni di potere d'acquisto dei salari e accesso alle risorse.
[1]https://www.appelloalpopolo.it/?p=1672
[2]http://www.progettomeg.it/ffreddadelgiudice.htm
[3]http://www.lavoce.info/articoli/-categoria48/pagina1002005.html
Articolo correlato: Scontro di Capitali? Rumsfeld e Cimoli vs Charney, https://www.appelloalpopolo.it/?p=2735
Lo Stato ha promosso la finanziarizzazione dell'economia. Le imposte che si pagano per aver rivenduto azioni acquistate ad un prezzo più basso sono ridicole, rispetto a quelle che si pagano sui profitti di chi ha investito in un'attività produttiva (inutile dire che queste seconde imposte sono minori di quelle che si pagano sui redditi delle persone fisiche). Aggiungi la legislazione sul lavoro, l'impossibilità di barriere doganali ed ecco che "il ricatto" è la risultante di una precisa scelta politica; asseritamente necessaria a causa della globalizzazione, mentre è evidente che la globalizzazione si realizzava attraverso l'adozione, nei vari Stati nazionali, di queste scelte politiche
Caro Stefano,
mi pare di capire che tu veda le cariche dello Stato al vertice della piramide sociale, ed uno scalino sotto i vertici finanziari, quindi industriali. Ho invece la chiara impressione che siano i vertici finanziari a stabilire cosa i vertici statali debbano legiferare. Sennò non si spiegherebbe come mai i nostri rappresentanti politici siano così attenti a favorire quel crescente travaso di risorse dalle tasche nostre alle tasche dei banksters (in generale) che l'allargamento forbice della distribuzione della ricchezza testimonia.
E' quindi verissimo che lo Stato abbia promosso la finanziarizzazione dell'economia. Proprio perchè rappresenta quelle lobbies, e non noi cittadini.
"I Politici sono i camerieri dei banchieri" (Ezra Pound)
…credo proprio che abbia ragione Tonguessy…
Certamente. Ondate ideologiche (neoliberismo, monetarismo, individualismo liberale), mazzette monetarie e immobiliari, penetrazione della finanza nel campo del politico (Dini, Ciampi, Draghi. Padoa Schioppa) nella ipocrita veste di "tecnica", cessazione di ogni spinta e controllo popolare e quindi assenza del pericolo della rabbia del popolo, tutti questi fattori hanno trasformato i politici i maggiordomi del grande capitale finanziario. I politici sono stati i becchini di se stessi. O meglio hanno rinunciato alla volontà e al potere di decidere la direzione. Qualcuno per stupidità, essendosi fatto ingannare dalla ideologia. Altri per convenienza (mazzette di vario tipo). I politici veri, che hanno tracciato la direzione, paradossalmente, sono stati i tecnici: Dini, Ciampi, Draghi. Padoa Schioppa
"I politici veri, che hanno tracciato la direzione, paradossalmente, sono stati i tecnici: Dini, Ciampi, Draghi. Padoa Schioppa"
è talmente paradossale che credo si possa tranquillamente abbandonare il discrimine tra tecnici e politici. C'è qualcosa di più politico delle scelte anti-costituzionali attuate dai figuri che tu hai brevemente elencato? Qualcuno avrebbe il coraggio di affermare che Draghi o Trichet non fanno politica? Politico è chiunque determini e imponga scelte strategiche.Noi siamo abituati a confondere il termine "politico" con "uomo di partito". Perciò si dice: i politici oggi non contano nulla. Non i politici, ma i partiti non contano più nulla di fronte alle imprese. è la ragione è facile a comprendersi: i partiti sono responsabili nei confronti dei cittadini, dacché è difficile che si pongano in contrasto frontale col popolo. le imprese sono irresponsabilie e spietate.
è ora che tornino a fare politica, quella vera, uomini di partito; i partiti sono l'unica speranza della gente comune.è inutile lamentarsi sulla cattiveria delle "multinazionali", se non ci si mette nell'ordine di idee di combatterle nello scontro per il potere. Chiunque diffonda retorica qualunquista anti-partito, sulla scia dei radicali d'antan, è un nemico da stroncare.
vedo di scrivere solo poche righe, perchè quici sarebbe da riemppire dieci pagine.
primo. Cda e DG, hanno operato tanto bene da costringere o stato, sotto il ricatto del "too big to fail" ad accollare alla collettività le perdite mentre loro si autodistribuiscono profitti inesistenti.
Marchionne, ha distribuito dividendi, nonostante un bilancio in perdita, poi vuole i 10 minuti degli operai.
l'etica dei politici, se mai è esistita,sicuramente oggi non sanno nemmeno più dove stia. l'ho detto, e lo ripeto, ma se la popolazione vuole riappropriarsi del proprio futuro deve poter controllare i governanti, e non solo una volta ogni 5 anni, ma sempre, in continuazione, e questo istituto si chiama "revoca immediata" del mandato e a casa senza pensione. chi farà di questa proposta la sua bandiera, avrà il mio voto, altrimenti non lo spreco.
Quello del recall del singolo deputato era un istituto vigente in URSS. Era previsto nella costituzione del '36. Non ci inventiamo niente.