Scontro di Capitali? Rumsfeld e Cimoli vs Charney
Si potrebbe pensare che lo sciacallaggio sistematico ordito dai banksters ai
danni delle classi inferiori sia l'unica faccia che il capitalismo abbia dato di
sè. Non è esattamente così (e mi duole ammetterlo). In passato gli industriali
crearono la middle class grazie al fordismo, che faceva reinvestire nei prodotti
industriali quella parte degli utili data ai lavoratori come "bonus". Più avanti
c'è un esempio di questo uso del capitale. La classe dei lavoratori diventava
così il necessario volano per il consumo di massa di quei prodotti: la Vespa, la
500, il televisore etc…
Il fatto che i lavoratori fossero considerati un volano sociale (pure
relativamente ai guadagni degli industriali) viene poi abbandonato dal
thatcherismo, figlio indiscusso della reaganomics. Paradigmatico in tal senso fu
lo scontro con i minatori ('84-'85): non più lavoratori da incentivare ma "rami
secchi" da tagliare per indirizzare diversamente i capitali. Una decina d'anni
più tardi Merton e Scholes saranno insigniti del Nobel per l'economia, ma già
dal 1973 la formula dei derivati finanziari era attiva, scivolo per l'economia
speculativa sempre più sganciata da quella produttiva.
Vorrei quindi proporre i profili di tre CEO (o AD, Amministratori Delegati) che
impersonificano le due essenze del capitalismo (speculativo da una parte e
fordista dall'altra): Rumsfeld e Cimoli contro Charney.
Come ho ricordato in un mio precedente articolo, Rumsfeld fu amministratore
delegato della Searle (quella dell'aspartame) dal 77 all'85. Il Wall Street
Transcript e Financial World lo premiarono come Outstanding Chief Executive
Officer nel '80 e '81 per avere, durante la sua gestione, tagliato il numero dei
dipendenti del 60%, facendo cosi'schizzare alle stelle gli utili della
società.[1]
Non fu meno tenero con i graduati dell'Air Force: pochi anni dopo i tragici
fatti dell'11 settembre (allora era Segretario della Difesa) ne licenziò 900
perchè in eccesso e sempre per "contenere i costi".[2][2b]
Rumsfeld incarna il senso puramente speculativo del capitale così come
sottolineato dall'articolo di La Voce ("il costo di questi organi -il CdA- è largamente immotivato")[3]: la Monsanto si accorpa la Searle e lui ci guadagna 12 milioni di dollari. Tutte le sue operazioni sono mirate ad
accrescere prestigio, influenza e capitali suoi e delle società che dirige,
anche a scapito della salute e del benessere delle persone come spiegavo nel mio
articolo: dopo l'aspartame ecco il Tamiflu contro la bufala dell'aviaria che gli
frutta altri 5 milioni di dollari, mentre le azioni della Roche che lo produce
fanno un balzo in avanti del 60%.
Torniamo in Italia: la lezione "tagliare i rami secchi" (anche quando sono verdi
e fruttificano) Cimoli la impara molto bene dalla Thatcher: i lavoratori sono
essenziali non per la qualità dei servizi resi, ma per mantenere il rapporto
costi/benefici a tutto favore delle elites. Diventano cioè loro malgrado i
garanti della speculazione.
Giancarlo Cimoli nel 2003 diventa Amministratore delegato delle ferrovie dello
Stato con uno stipendio annuo di 2,79 milioni di euro. Nel 2006 a fine mandato
(e dopo avere definitivamente messo in ginocchio le FFSS), Cimoli incassa sei
milioni di euro (bonus contrattuale) e passa a dirigere Alitalia.
Quando nell'ottobre 2001 le ferrovie inglesi dichiarano bancarotta
rinazionalizzando i 4 miliardi di sterline di debito conseguiti con la
privatizzazione (eh, sì: privatizzare i profitti e statalizzare i costi, questa
è la grande lezione del thatcherismo/reaganomics), Cimoli si affretta a
dichiarare «Noi abbiamo scelto un disegno strategico di tipo opposto a quello
britannico» [4]
Talmente diverso fu il disegno strategico che la Corte dei conti così apostrofa
le ferrovie gestite da Cimoli:«Inadeguatezza infrastrutturale, anche in termini
di sicurezza, con ritardi nell' esecuzione dei lavori; parco rotabile di età
media elevata; necessità di monitoraggio dei livelli di produttività».[5] Cioè
gli stessi identici problemi che portarono le ferrovie inglesi al collasso.
Prima della riforma (legge 210 del 1985) i ferrovieri erano 228mila. Cimoli ne
ha ridotto il numero a 83mila; alla fine del 2013 saranno 70mila [6]. Fate un
po' una curva di proiezione futura di questo trend e sappiatemi dire….
Dopo avere rovinato le FFSS, Cimoli viene pagato 190.000 euro al mese per
rovinare ache Alitalia, contro AD di Air France e British Airways pagati
rispettivamente 30.000 e 60.000 euro/mese per amministrare aziende che
funzionano bene. In più a fine mandato si porta a casa una liquidazione di 8
milioni di euro. E mentre incassa il premio della lotteria, migliaia di
lavoratori vengono "messi in mobilità" (licenziati in qualche modo) causa
"esubero".
Di carattere diametralmente opposto è invece Dov Charney, amministratore
delegato di American Apparel.
Self made man, si ritrova a capo della American Apparel, azienda nata a Los
Angeles che ora conta circa 9000 dipendenti in tutto il mondo. Visita
personalmente le linee di produzione (nessuna delocalizzata, tutte a Los
Angeles) per favorire il contatto diretto con i propri dipendenti. Ha messo in
mano loro 2,7 milioni di sue azioni (quotate in borsa complessivamente 300
milioni di dollari); ogni impiegato ha ricevuto così una media di 4.000 dollari.
Premiato come uno dei più potenti businessman californiani, in tempi di
nazionalismi, xenofobia, avversione per l'immigrato, Charney è qualcuno che non
solo pensa, ma fa controcorrente. In un mondo dove domina l'outsorcing e ogni
capo viene fatto in Cina, Vietnam, Pakistan o dove costa meno il lavoro,
American Apparel realizza tutto, dall'ideazione all'impacchettamento, in una
fabbrica di sette piani a Los Angeles.
Mentre nelle altre aziende del settore l'occupazione cala, lì aumenta. Rumsfeld, Cimoli e gli AD affetti da
thatcherismo licenziano, Charney assume. E la maggior parte dei lavoratori
assunti sono immigrati di cui Dov Charney chiede la regolarizzazione, comunque
abbiano passato la frontiera. Per lui non ci sono clandestini, solo gente che si
sposta, e ha diritto di farlo. "Legalize LA", mettete in regola Los Angeles, è
lo slogan della sua campagna.
Secondo questo illuminato imprenditore esiste un'alleanza (da lui definita
sacra) tra poveracci e aristocrazia intellettuale, mentre il vero problema è
rappresentato dalla classe media, refrattaria a qualsiasi cambiamento. E
"nazionalismi e religioni sono la radice di ogni male". Non esita poi a parlare
di come vanno le cose da noi: "Quel che non va è la cultura istituzionale
italiana, quella appesantisce tutto. I vostri capitalisti, pure quelli, non
vanno. Hanno distrutto un patrimonio: la manifattura italiana." [7]
La conduzione della sua azienda è conseguentemente di carattere fordista: mentre
da noi Cimoli licenzia e Marchionne delocalizza, lui paga I suoi impiegati più
del doppio della media salariale californiana, offre loro l'assicurazione medica
al prezzo irrisorio di 75 dollari l'anno, e lezioni gratis di inglese e
stretching collettivo alle 2 del pomeriggio.
Alla American Apparel tutti i collaboratori hanno il diritto di esprimere la
propria opinione avendo così la possibilità di influenzare direttamente lo
sviluppo dell'azienda e di conseguenza migliorare la propria vita.
Charney è convinto che la forza del suo successo sia legata al fatto che i suoi
dipendenti siano contenti e tranquilli.
«American Apparel è la dimostrazione che seguire la massa non significa
necessariamente fare la scelta più conveniente. Siamo a favore dei diritti dei
lavoratori, sia a Los Angeles che in ogni altro luogo del mondo. Produciamo
negli Stati Uniti non perchè siamo dei fanatici della bandiera a stelle e
strisce. A mano a mano che il valore e la forza di American Apparel crescono, ci
impegnamo a migliorare il nostro prodotto e la vita dei nostri operai. Il mio
motto: innovazione e responsabilità sociale.»
«Siamo giovani, ci divertiamo, facciamo party e facciamo soldi in modo
responsabile. Abbiamo un team di massaggiatori per alleviare lo stress dei
dipendenti. Meglio di così…»[8]
[1]https://www.appelloalpopolo.it/?p=2033
[2]http://nightlight.typepad.com/nightlight/the_progressive_executive/
[2b]http://www.stripes.com/news/air-force-lieutenants-await-news-on-future-1.478
56
[3]http://www.lavoce.info/articoli/-categoria48/pagina1002005.html
[4]http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/10/09/crac-d
elle-ferrovie-inglesi-cimoli-la-rete.html
[5]http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/03/09/la-cor
te-dei-conti-boccia-le-fs.html
[6]http://www.avvenimentionline.it/content/view/2720/689/
[7]http://www.americanapparel.net/presscenter/articles/200809gq.html
[8]http://www.americanapparel.net/presscenter/articles/20070901velvet.html
Scontro di Capitali? 1
bellissimo articolo che dimostra come una politica stupida e retriva , che dimentica le persone per vedere la forza lavoro solo come numeri, sia ampiamente disastrosa, sul lungo periodo.
In Italia abbiamo avuto anche tanti imprenditori illuminati , che hanno sapto fare il loro mestiere, in sintonia con i loro tempi.
ricordo in proposito Camillo Olivetti, di cui vidi l'opera visitando Ivrea la prima volta.
Asili, mense, case popolari… tutto un insieme studiato per far sentire i dipendenti a loro agio, toglier loro i patemi del vivere, dar loro sicurezza, ampiamente ricambiato se solo si pensa a quel gioiellino di allora , lettera22, che fu l'invidia del mondo intero.
solo chi considera i dipendenti una risorsa, avrà da essi la conferma di ciò, mentre chi penserà solo a sfruttarli, stressarli, abbruttirli, in paga avrà solo declinio aziendale.
L'articolo è interessante perché segnala un errore frequente. Non c'è nstato un succedersi di un tipo di imprenditore ad un altro. Ancora oggi esistono imprenditori e imprenditori. I migliori, pur non essendo nazionalisti e quindi razzisti e suprematisti, vogliono produrre su una terra, la loro terra, dove "loro" sta a significare della nazione alla quale appartengono.
Sembra tuttavia da eviatare l'errore opposto, ossia quello di ritenere che non vi sia stata successione di un tipo di capitalismo ad un altro. La successione vi è stata. E il secondo tipo di capitalismo, che è un tipo giuridico, prima di essere economico ed è quindi stato promosso e costituito con leggi e giurisprudenza (nel frattempo che si affermava sotto il profilo ideologico), è il capitalismo di Rumsfeld.
Cosa fare? Non certo chiedere agli imprenditori di fare i bravi, di amare, oltre il denaro, la produzione, la terra, la nazione e i concittadini. Se qualcuno è bravo è bravo. Gli altri non lo seguiranno. Salvo che diventi conveniente. Salvo che diventi obbligatorio.
Tutto ciò è compito della politica. Sarebbe compito di un partito che non esiste e che dovrebbe conquistare l'appoggio di una parte dei capitalisti. Quali? Quelli bravi? Non soltanto loro (evitiamo i moralismi). La categoria è più ampia. Tutti quelli, anche cattivissimi, che hanno interesse a una economia impiantata nel territorio dello stato, fondata sulla remunerazione del lavoro produttivo e non della intermediazione, liberata dal giogo del capitale finanziario, rispettosa della natura e dell'ambiente, che riserva allo stato la programmazione, il controllo e eventualmente l'0esercizio delle imprese strategiche. In cambio, i ceti popolari dovrebbero essere favorevoli alla protezione delle imprese rispetto ai concorrenti esteri (dunque niente concorrenza e prezzi più bassi), dovrebbero acquistare italiano e infine dovrebbero voler punire tutti i lavativi e gli approfittatori. Uno scambio, dove si dà qualche cosa in cambio di qualcos'altro.
@Andrea:
vero, Olivetti finche è durato è stato il fiore all'occhiello dell'imprenditoria italiana. Altro che Marchionne!
@Stefano:
tutto vero, esistono imprenditori illuminati ed esiste la deriva del capitalismo dovuta alla mancata regolamentazione da parte dello Stato. O peggio alla combine Stato-Elites, cioè i rappresentati dei Cittadini che diventano rappresentanti delle lobbies.
Voglio però fare una precisazione: anche se è per certi (o molti) versi è auspicabile un ritorno al fordismo, non dimentichiamoci che lo scempio ambientale non viene meno.
Il problema dell'industrializzazione che porta a inquinamento e degrado lo si ritrova comunque, buoni o carogne che siano gli industriali (anche se preferiamo sempre quelli buoni…)