I negoziati di Astana
Le notizie sui negoziati di Astana consentono di svolgere qualche riflessione.
Il dato più rilevante è l’assenza delle Unità di protezione del popolo curde. Nessuno dei partecipanti le ha volute. Non Assad, perché il governo è contrario ad un assetto federale, non la Turchia, perché esse sono il principale nemico della Turchia e non l’Iran. La Russia ha dovuto quindi accettare l’esclusione. Ne deriva che il 18% del territorio di quella che fu la Siria, controllato dalle Unità di protezione del popolo, è escluso dalle trattative. Chi vorrà dovrà riconquistare quel territorio con un’altra guerra o meglio, proseguendo la guerra.
Ovviamente è escluso anche lo Stato Islamico, che controlla circa il 35% del territorio, esattamente come il governo di Assad. Perciò le trattative riguardano, al più, l’assetto del 47% del territorio “siriano”: le virgolette sono necessarie, perché niente lascia presagire che la tragica vicenda siriana finirà, almeno nell’immediato, con la ricostituzione di uno Stato siriano che si estenda per tutto l’antico territorio. Per sottrarre allo Stato Islamico il vastissimo territorio che esso controlla, sarà necessaria un’altra guerra o comunque continuare la guerra. Se l’organizzazione dello Stato Islamico non sarà nel frattempo riuscita a penetrare la società, la riconquista potrebbe essere relativamente facile, se invece sarà riuscita (per intenderci, se tutti o quasi tutti i giovani che avevano 16, 15, 14 e 13 anni nel 2013, sono stati indottrinati e fidelizzati alla ideologia del Califfato e al compimento dei 17 anni sono diventati guerrieri), la guerra sarà ancora molto lunga.
Infine, complessivamente, le innumerevoli milizie islamiche islamiste e comunque sunnite, controllano soltanto il 12% del territorio “siriano”. Tra esse, Jabhat al fatah al sham è stata esclusa dai negoziati e Ahrar al sham, che era stata inizialmente invitata, dopo essere persino incappata in scontri con Jabhat al fatah al sham, sua alleata storica, non è andata ad Astana ed ha dichiarato che accetterà i risultati delle trattative soltanto se saranno “nell’interesse della nazione” (cosa voglia dire la formula non si sa). Più in generale, delle sette alleanze tra milizie invitate al momento dell’annuncio della tregua, quattro sembra si siano ritirate per protesta contro asserite violazioni della tregua da parte dell’esercito di Assad. Perciò, escluse le zone controllate dalle milizie filo-turche, anche altre parti del territorio siriano rischiano di restare occupate da milizie che non accetteranno i risultati delle trattative.
Le trattative continueranno i primi di febbraio a Ginevra ma, ad analizzare i dati, pur senza essere esperti di diplomazia, sembra che non si debbano avere troppe speranze sul processo di pace.
Tutto come previsto:
“”Visto che non stiamo partecipando a questi colloqui, vogliamo sottolineare che non siamo vincolati da alcuna decisione prodotta dalla conferenza di Astana”. Lo sostengono in un comunicato le milizie curdo-siriane dell’Ypg, sulla cui presenza alle trattative sul futuro della Siria, in corso in Kazakistan, la Turchia, mediatore con Russia e Iran, aveva posto il veto. “Crediamo che le entità che stanno partecipando e hanno sponsorizzato questi colloqui siano in primo luogo parte del problema in Siria”, si aggiunge nella nota.
il vicepremier e portavoce del governo turco, Numan Kurtulmus, a proposito dell’offensiva dell’esercito turco contro al Bab, roccaforte strategica del sedicente Stato islamico nel nord della Siria, ha dichiarato intanto che quella contro l’Isis “non è un’operazione lanciata per liberarla e consegnarla al regime”.
La delegazione dei ribelli siriani intende pubblicare una propria dichiarazione finale sulle trattative in corso da ieri ad Astana, “separata” da quella dei paesi promotori dei colloqui, ha aggiunto Zeid. “Noi – ha dichiarato – abbiamo una bozza preparata della nostra dichiarazione, ma se ne parlerà dopo pranzo”. Secondo il rappresentante dell’opposizione, il documento che stanno preparando insieme Turchia, Iran e Russia riguarda solo questi paesi e nessuna bozza di questa dichiarazione è stata consegnata ai ribelli. “Non abbiamo ricevuto nessuna bozza. Si parla molto di questa bozza, ma non ci è stata consegnata e non la stiamo discutendo”, ha affermato Osama Abu Zeid”. (ANSA)