Il ‘triangolo magico’, i sistemi elettorali e l’accountability
di STEFANO ROSATI (FSI Rieti)
Negli ultimi giorni la questione della legge elettorale è tornata di stretta attualità.
È bene però essere chiari: le dispute sui sistemi elettorali sono aria fritta.
Il sistema elettorale maggioritario, uninominale o a doppio turno, o quello proporzionale con sbarramento (al 5%!) o con premi di maggioranza – ossia i sistemi elettorali di cui si parla da anni in Italia – sono gli unici ammissibili in quanto funzionali alla sola forma di governo ammessa dai Trattati europei; quella del “pilota automatico”.
Il perché è piuttosto semplice; la rappresentanza in Parlamento di soggetti politici nuovi, non accettati o non controllati dal “pilota automatico”, comporterebbe il rischio di nuove spese a carico del bilancio pubblico. Le forze politiche nuove vorrebbero infatti incidere sulle politiche di bilancio per soddisfare le istanze di cui sono portatrici (funziona così dagli albori dei sistemi parlamentari: “no taxation whitout representation”).
Questo non può essere ammesso nel sistema di governo euro-unitario. In Europa le decisioni DEVONO essere prese al riparo dai processi elettorali, soprattutto quelle sulla (riduzione della) spesa pubblica.
Malgrado la principale leva per la spesa pubblica – la Banca Centrale – sia stata sottratta da tempo al cosiddetto circuito democratico (con il modello dell’amministrazione indipendente – rectius, neutrale – a fungere da cavallo di Troia), la burocrazia europea teme moltissimo i residui margini del potere parlamentare nazionale a causa dell’incompiuta realizzazione della sua costituzione economica.
La costituzione economica europea si fonda, infatti, sul cosiddetto ‘triangolo magico’ teorizzato dal Governatore della Banca centrale olandese Holtrop, ripreso dalla “Stabilitatsgesetz” tedesca e, infine, imposto a Maastricht da olandesi e tedeschi alle altre “Alte parti contraenti”.
Il ‘triangolo magico’ è una “procedura per realizzare un equilibrio tra base monetaria, rapporti di cambio con altre monete (scilicet, il dollaro) e spesa pubblica”. Questo equilibrio è diretto unicamente al mantenimento di bassi livelli di inflazione (nei Trattati europei, prolissi oltre ogni limite di decenza, la concorrenza e la stabilità dei prezzi sono nominati rispettivamente circa 50 e 40 volte, mentre è stato ‘dimenticato’ di inserire un articolo analogo al secondo comma dell’art. 3 Cost.).
La realizzazione della valuta unica e di una Banca Centrale Europea indipendente ha consentito la perfetta attuazione dei primi due lati del triangolo magico nei Paesi dell’eurozona. Le regole europee sul divieto di deficit eccessivi, invece, non hanno consentito finora la perfetta realizzazione del terzo lato (a causa degli effetti perversi degli interessi sul debito pubblico e dell’atteggiamento poco solidale della Germania verso gli altri partner con bilancia commerciale in squilibrio, secondo alcuni, per la riottosità dei politici di alcuni Paesi che vogliono coprire con la spesa pubblica la loro pigrizia, secondo altri).
Per mitigare gli effetti della mancata realizzazione del terzo lato del triangolo, i burocrati europei, non potendo, per il momento, eliminare i Parlamenti nazionali hanno cercato di esautorarli.
Strumenti efficaci, da questo punto di vista, sono stati l’introduzione di sistemi elettorali compatibili con il “pilota automatico” e l’ideologia della “accountability”, spacciata come una forma più avanzata di controllo democratico da professorucoli da quattro soldi, ricompensati per i loro servizi con scranni un po’ ovunque, anche alla Corte costituzionale.
Tanto per fare un esempio, il “Testo unico delle leggi sugli Istituti di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca” prevedeva la costituzione di una commissione parlamentare permanente composta da sei parlamentari eletti dalle due camere di cui il Ministero delle Finanze poteva servirsi nello svolgimento dell’attività di vigilanza che la legge stessa allo stesso affidava (R.D. 204/1910). Questa commissione parlamentare non è mai stata attiva ma, fino al divorzio tra Banca d’Italia e Ministero delle Finanze, la sinergia delle amministrazioni pubbliche nell’attuazione del programma costituzionale ha consentito di ritenere superflua la questione.
Sul finire degli anni 90, alcuni politici, in vista della realizzazione dell’Unione economica e monetaria presentarono una proposta di legge per il complessivo riordino della Banca centrale nazionale che prevedeva, tra l’atro, l’istituzione di una commissione parlamentare permanente composta da 10 senatori e 10 deputati, eletti dai rispettivi Presidenti delle due Camere, a cui erano affidati poteri di vigilanza – anche ispettiva – sull’attività del Consiglio superiore della Banca centrale, a sua volta profondamente rinnovato (AC N. 6128).
Alcuni scellerati epigoni della peggiore scuola del diritto amministrativo mai avuta in Italia – una scuola che questo povero Paese davvero non meritava – si dissero “sorpresi” da questa proposta di legge che addirittura aveva avuto l’ardire di proporre di affidare al Parlamento il controllo sull’operato di un’amministrazione dello Stato, pur nel doveroso rispetto della sua autonomia!
Secondo i nuovi amministrativisti globali sarebbe stata molto più efficace, ai fini del controllo democratico, “l’imposizione di obblighi informativi nei confronti del pubblico”: cioè, la pubblicazione di una relazione sul sito dell’Ente. In ciò consiste l’accountability.
Un’altra gioiosa invenzione della generazione dei gessetti colorati. Una brillante trasposizione, sul piano del diritto amministrativo, del “me variopinto”. Detto fuor di metafora, una pagliacciata utile a coprire pericolosi abusi di maggioranze esterofile.
L’accountability giustifica la rimozione di strumenti di controllo parlamentari, diluendo la funzione di controllo stessa in fanciullesche forme di dibattito fine a se stesso. Uno strumento utile per perder tempo; come l’autogestione ai tempi del Liceo.
Per tentare di rendere equilatero il ‘triangolo magico’, quindi, da un lato, si cerca di non fare entrare in Parlamento nuovi partiti popolari con leggi elettorali che sacrificano la rappresentatività e, quindi, l’eguaglianza dei cittadini e, dall’altro si privano le minoranze (superstiti) di efficaci strumenti di controllo; in sostanza, si tratta degli obiettivi perseguiti dalla proposta di revisione costituzionale bocciata dal popolo il 4 dicembre scorso.
Tutto ciò solo per cercare di ‘contenere’ la residua sovranità fiscale e di bilancio degli Stati aderenti che, forse, con la prossima crisi riusciranno a portarci via.
Tutto ciò solo per perseguire la stabilità dei prezzi, impedendo, di fatto, la realizzazione degli obiettivi costituzionali.
È evidente, infatti, che la ‘magia’ del triangolo in null’altro consista se non nell’estinzione del principio di eguaglianza sostanziale che non può realizzarsi senza uno Stato che tramite la spesa pubblica persegua la piena occupazione e il benessere dei cittadini.
In sé, il ‘triangolo magico’ non è tecnicamente errato, è solo volontariamente contrario agli interessi di una certa frazione dei cittadini europei; circa il 99% della popolazione. Questo mi sembra ovvio, visto che il ‘triangolo magico’ non persegue l’uguaglianza sostanziale dei cittadini ma persegue la stabilità dei prezzi (ossia gli interessi di chi presta denaro in assenza di inflazione).
Coglie molto bene questo punto il titolo di un articolo degli anni 60 dell’Economist (che però non sono riuscito a rintracciare integralmente): “secondo il dott. Holtrop [l’inventore del modello] il mondo è in squilibrio fondamentale verso i Paesi Bassi”.
L’Unione europa è, infatti, un sistema che fa gli interessi di una piccola percentuale di persone che pensa di avere il diritto di avere tutto dagli altri senza dare alcunché.
È quindi un sistema in assoluto contrasto con la nostra Costituzione; anche questo mi sembra intuitivo.
Nella costituzione economica europea infatti non c’è nessuna volontà di perseguire il progresso e il benessere sociale. Non c’è altro se non un cieco egoismo, un’avidità senza fondo, una ripugnante visione del mondo.
Non si può comprendere il modello europeo se ci si trastulla nella ricerca di imperfezioni macroeconomiche. L’onanismo economico porta alla cecità, come ci insegnavano al catechismo. L’economofilia è una nuova parafilia, molto più grave delle altre forme più canoniche.
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