Come il mercato non si autoregola
di LUCA MANCINI (FSI Roma)
La legge di Say, enunciata dall’economista francese Jean-Baptiste Say, sostiene che in regime di libero scambio non sono possibili le crisi prolungate, poiché l’offerta crea la domanda. Se in un dato momento si ha un eccesso di offerta, i prezzi tenderanno a scendere. La discesa dei prezzi renderà conveniente nuova domanda. È in tal senso che l’offerta è sempre in grado di creare la propria domanda. In caso di crisi da sovrapproduzione il rimedio delle crisi non deve perciò, secondo Say, ricercarsi in un intervento dello Stato ma in una capacità autoregolatoria del mercato.
Questa idea, sostenuta ancor oggi dai liberali, è puramente ideologica e priva di ogni fondamento empirico. È sufficiente aprire un qualsiasi libro di storia per rendersi immediatamente conto che duecento anni di storia del capitalismo sono costantemente funestati da ricorrenti crisi di sovrapproduzione e che queste non si sono mai risolte da sole. Non c’è mai stato un caso in cui la capacità autoregolatoria del mercato si sia manifestata. Duecento anni sono tanti per provare una teoria e nel corso di questi due secoli ci sono state ben tre grandi crisi di sovrapproduzione come banco di prova: la Grande Depressione del 1873-1895, la crisi del ’29 e l’attuale crisi economica.
In nessuno di questi tre casi il mercato, lasciato a sé, ha saputo riequilibrare domanda ed offerta. È sempre stato necessario un intervento dello Stato, talvolta leggero come il protezionismo, talvolta più pesante come il keynesismo o quello attuato dai regimi fascista e nazionalsocialista.
Usando termini scientifici, tanto cari ai liberali, continuare a sostenere un’ipotesi che non ha passato il vaglio dell’esperimento significa essere folli. Fortunatamente Galilei ce l’ha insegnato circa 400 anni fa.
Sbagliare è umano, perciò il povero Say ha fatto male i suoi conti, ma perseverare è diabolico e dietro a coloro che oggi continuano a sostenere una tesi assurda, ridicola e priva di ogni fondamento, deve necessariamente esserci un intento diabolico. Infatti, ad un occhio più malizioso la legge di Say potrebbe sembrare un modo per giustificare la smodata avidità del grande capitale, un modo per mettersi a posto la coscienza di fronte a cotanta mostruosità.
Tale atteggiamento fideistico, tipico del fanatismo religioso, è totalmente inaccettabile. Questi uomini hanno deificato il mercato credendolo in grado di porre rimedio agli errori e all’avidità dell’uomo. Trattano il liberismo come una religione e la legge di Say come un dogma. Tutto ciò è completamente irrazionale e privo della più elementare prova empirica.
Non solo il mercato non si è mai auto-regolato nella storia, ma anche questo atto di fede nei confronti del liberismo, inteso come una religione, è privo di ogni logica. Nietzsche sosteneva che per dimostrare la fallacia di una religione, bastava dimostrare che essa era un prodotto umano e che come tale andava trattata. Per fare ciò bisognava farne una genealogia e risalire al momento della sua creazione, comprenderne i motivi che l’hanno fatta nascere, osservare il suo sviluppo e i suoi cambiamenti nel corso del tempo, ossia trattarla come un qualsiasi fenomeno storico, il quale ha avuto un inizio e presumibilmente avrà una fine, come tutti i prodotti umani.
Ebbene, il liberismo economico nasce nel XVIII secolo con Adam Smith e si sviluppa ampiamente nel corso del secolo successivo, nel contesto della rivoluzione industriale. Esso non ha fattezze divine, né porta un messaggio divino, è soltanto un prodotto umano e come tale è discutibile. Pertanto, dal momento che esso ha dimostrato la sua fallacia in più di un’occasione negli ultimi duecento anni, è giunto il momento di affermarlo a chiare lettere: il liberismo è una fandonia e il mercato non si autoregola.
Viva la Repubblica Sovrana!
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