“Io adoro lo Stato”
di STEFANO D’ANDREA
“Io adoro lo Stato” scrisse Santi Romano. Il verbo prescelto oggi può destar sospetto. Ma adorare sta per amare. E non è chiaro per quale ragione non ci meravigliamo se qualcuno dice di “adorare” un film o il cinema, un brano musicale, un musicista o la musica o almeno la musica classica (o sud americana o etnica, ecc.), un vino o il vino o la birra, o la storia o la libertà (amo la libertà) e ci stupiamo se qualcuno dice di adorare lo Stato, ossia il fondamento di tutta la vita associata nazionale.
Mi sembra che ci si collochi semplicemente ad un livello superiore o più profondo. Lo stupore dunque dipende soltanto dalla nostra volgarità. Non è un caso che sia già più diffuso l’amore per la famiglia (adoro la famiglia non stona come adoro lo Stato), della quale si comprende più agevolmente il ruolo di fondamento del carattere e in genere della personalità dei membri, in particolare dei figli.
Eppure, come la famiglia genera conforma e condiziona la personalità dei figli, al più come forma della quale a un certo punto essi si liberano (ma sempre soltanto parzialmente), allo stesso modo lo Stato genera conforma e condiziona generalmente l’antropologia, la cultura e i tratti di un popolo: lo Stato riceve dalla storia ma lentamente anche costruisce la nazione.
Dunque senza giungere, per il momento, ad adorare lo Stato, sarebbe importante che si muovesse dal presupposto che in Italia si deve ricostruire lo Stato.
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