Avvelenata italiana: la soluzione è copiare dal nostro passato
di STEFANO D’ANDREA
In Italia è accaduta una cosa assurda, qualcosa che richiama il concetto di simulacro di Baudrillard: la finta politica, la politica delle declamazioni ideologiche – quella che faceva credere ai militonti, ai simpatitonti e ai votonti che il PCI dovesse fare una rivoluzione, che in realtà il PCI non voleva fare e che l’URSS non avrebbe consentito di fare (attentato a Berlinguer in Bulgaria; consenso, documentato, del kgb al rapimento di Moro), mentre poi, come ha mostrato Pizzorno, negli anni 50 (!) il 90% delle leggi era approvato dal Parlamento all’unanimità (la politica vera dei fatti e degli atti e degli statisti) – la finta politica declamatoria dicevo è divenuta la vera politica.
Questi liberali squallidi che ci governano sono davvero nemici tra loro, nemici personali direi: un po’ come spesso sono nemici personali i consiglieri di amministrazione di gruppi imprenditoriali rivali, che sono maggioranza e minoranza litiganti all’interno di una grande multinazionale.
Talvolta si odiano: chi odia Berlusconi chi odia Renzi, chi odia Salvini e, ora, chi odia Di Maio. Per giunta, l’assurdità è assoluta perché le declamazioni dei partiti liberali sono marketing e, a ben vedere, le stesse declamazioni sono molto simili: la differenza riguarda singoli temi e per il resto i toni, il lessico e i modi. La Lega non si differenzia dal PD più di quanto i morotei si differenziavano dai dorotei. Questo dovrebbe essere indiscutibile.
Tutta questa mostruosità – la finzione che diventa realtà, gli omogenei identici o simili che appaiono, credono di essere e finiscono per essere, alternativi – è derivata dalle coalizioni forzate, dal bipolarismo inventato dal maggioritario senza più partiti, dalle coalizioni elettorali, dalle elezioni comunali dove i sindaci sono appoggiati da 12 liste e dalle elezioni regionali dove i candidati alla presidenza della regione sono appoggiati da 10 liste, che i “governatori” si fanno da soli – perché loro sono il partito, che non è più niente – e dai premi di maggioranza.
I cittadini sono stati educati e ormai sono abituati alla mancanza di serietà e addirittura ora ne sono sostenitori.
Questo è il dramma italiano, non più solo istituzionale. Siamo davvero in questo momento i più idiotizzati o tra i più idiotizzati popoli della terra (idiotizzati non significa idioti, per fortuna).
Se siamo sprofondati così in basso, i colpevoli sono stati moltissimi, compresi i costituzionalisti. Se i costituzionalisti non segnalano continuamente che, nelle elezioni regionali, è assurdo che in Puglia ci sia uno sbarramento dell’8%, in Sardegna del 5% e altrove del 3%; che è assurdo che se la lista è in coalizione entra con il 2% e se non è in coalizione con altre entra con il 4% (come in Abruzzo e altrove); che è assurdo che in provincia di Milano per presentare la lista delle elezioni regionali è sufficiente raccogliere 1000 firme, mentre nella provincia di Pescara ne servono 1500; che è assurdo che le leggi elettorali regionali prevedano ancora il premio di maggioranza senza richiedere che si raggiunga una quota minima, e talvolta senza che esso consenta di raggiungere necessariamente la maggioranza; se i costituzionalisti non segnalano quotidianamente queste sfasciste assurdità quale sarà la ragione?
La ragione è che sono tutti contro il “centralismo”, ossia sono per lo sfascismo bossiano e credono che Cavour, la destra storica, la sinistra storica, Mussolini, De Gasperi, Fanfani, Togliatti e Moro, fossero tutti idioti a non capire che il federalismo o il decentramento è sempre e comunque e ovunque meglio del centralismo, mentre la verità è che i costituzionalisti contemporanei sono normalissimi nani, come lo siamo tutti, e presuntuosi, come lo sono in tanti nella nostra epoca: il Berlinguer che entra in università con una cattedra di storia delle istituzioni sarde e riforma la riforma gentile è il modello dello stupido (lo stupido è l’incapace presuntuoso).
Ecco allora che abbiamo rischiato di trovarci con l’accoppiata premio di maggioranza sbarramento, presente nella legge elettorale “Italicum”, una peculiarità mondiale; che sembra esserci l’accordo per reintrodurre il premio di maggioranza; e che gli studiosi di diritto pubblico tacciono, mentre dovrebbero fare le barricate.
Tutti, ma proprio tutti, siamo colpevoli dello sfascio e dell’esistenza di finti partiti: sono ormai un simbolo, un centro di comando ideologico nazionale e centri di potere brutale al livello locale; e niente altro. Dal centro danno e tolgono il simbolo a squallidi o insignificanti o casuali personaggi dei territori.
Perciò non resta che decidere di fare i soldati nella costruzione di nuovi partiti. Questa classe dirigente degli ultimi 20 anni non vale un millesimo di quella fascista, che era stata la peggiore che avevamo avuto fino ad ora. E come il fascismo portò alla prima morte della patria, questa ha portato alla seconda.
Ma questa volta, data la situazione, nessuno verrà a salvarci. Dovremo salvarci da soli. Impiegheremo 50 anni, anche se per fortuna la china cominceremo a risalirla molto prima, ma sono certo che ce la faremo.
Noi abbiamo la soluzione perché vogliamo soltanto copiare. Dobbiamo soltanto umilmente copiare dalla tradizione italiana, in ogni ambito nel quale abbia dato alcuni risultati. E bandire da ogni ruolo rilevante, politico o culturale, tutti i nuovisti e gli esterofili. È necessario, tuttavia, svolgere una campagna propagandistica contro di loro. Dovremo arrivare al punto in cui coloro che si dichiareranno esterofili, o per il nuovo, o comunque vorranno inventare istituti estranei alla nostra tradizione, saranno numericamente come i liberali nella Prima Repubblica e ora i comunisti in questa terza. Non dovranno contare nulla.
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