E i gonzi votano e tifano!
di MAURIZIO FERRARA (FSI Napoli) e PASQUALE LANNA
Da diversi anni a questa parte si assiste ormai alla demonizzazione della cosiddetta “alleanza tra partiti”, presentando tale concetto a volte con una terminologia da salvezza nazionale (“esecutivo del presidente”, “governo di scopo”, “governissimo”), a volte con dispregiativi (“inciucio” ed “ammucchiata”) – bollando in ogni caso il compromesso come “il cancro della democrazia”.
A tal proposito, sarebbe però opportuno consultare la nostra Costituzione, da molti difesa e osannata ma, nei fatti, per nulla conosciuta (1). Essa, infatti, all’articolo 49 recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale“. Nei lavori preparatori veniva poi affermato: “Con questo articolo si stabilisce la norma per cui tutti i partiti, quando esprimano un’ attività che vada al di là dell’ambito del partito stesso, cioè un’attività che concorra alla formazione della politica nazionale, devono usare il metodo democratico” (2).
Il nostro costituente, utilizzando la locuzione “metodo democratico”, coglie l’occasione per sottolineare che la democrazia può esistere solo laddove vi sono dialogo e confronto tra diversi soggetti portatori di interessi contrapposti. Tali soggetti sono appunto i partiti e quella italiana è una democrazia dei partiti, ovvero un sistema politico-istituzionale in cui tali soggetti politici godono della necessaria rappresentanza popolare, istituzionalizzata proprio nella Carta costituzionale, che li invita a concorrere al fine di determinare l’indirizzo politico del governo.
I partiti sono, dunque, lo strumento principe ed indispensabile alla rappresentanza politica, attraverso cui il Popolo esercita la propria Sovranità; il potere sovrano, infatti, ai sensi dell’articolo 1 della Costituzione, “appartiene al Popolo” che è chiamato ad esercitarlo “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La Sovranità popolare, però, non è pura ed illimitata; la Costituzione italiana, così come mutatis mutandis ogni altra carta costituzionale, indica i mezzi mediante i quali il Popolo può esplicarla, ponendo dei limiti: si veda, ad esempio, l’articolo 139 dove si dice che “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”.
La politica, quella vera, è dunque fatta di accordi e mediazioni. Anzi, il dialogo è il cuore pulsante dei sistemi democratici. Ahimè, è la stessa cultura politica che dal 1993, anno di introduzione del Mattarellum (3), ci ha abituati a sistemi elettorali prevalentemente maggioritari o proporzionali con premio di maggioranza che, creando prevalenze politiche autonome, negano ab initio il dialogo tra partiti.
La formula maggioritaria è, infatti, concepibile solo in presenza di un pensiero unico dominante che non ammette alternative (T.I.N.A.) (4) e che costituisce il presupposto di un sistema politico dato e immutabile o presunto tale. La verità è che il maggioritario è per Weltanschauung (5) deboli o simili fra loro. Non è pensabile, infatti, che con il regime dell’alternanza di un centrodestra e di un centrosinistra aventi interessi antitetici si possano avere, ad esempio, riforme strutturali in senso centralistico, per poi, in caso di opposto risultato elettorale, riavvolgere il nastro qualche anno dopo: l’intera comunità rimarrebbe al palo! Nel sistema maggioritario si alternano, quindi, inevitabilmente due schieramenti favorevoli alle medesime concezioni strutturali, seppur con differenze in realtà marginali e spesso insignificanti.
Per contro, con il proporzionale i diversi partiti sono costretti (vivaddio!) a dialogare per pervenire ad una sintesi dei diversi interessi in gioco e, nel contempo, permettere alla società di progredire, così com’è avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra durante la cosiddetta Prima Repubblica, allorquando, grazie al sistema proporzionale fondato sui partiti, l’Italia, da paese più distrutto d’Europa dopo la Germania, è divenuta la quarta potenza economica mondiale (6).
In definitiva, il maggioritario è la formula elettorale consona alle pseudo-democrazie in cui sguazza il partito unico neoliberale. Per la propria sopravvivenza il sistema neoliberale ha introdotto nel dibattito fra le forze in gioco termini privi di ogni significato democratico e politico quali “stabilità di governo” o “spread”, frutto invece del totalitarismo finanziario conseguente alla cieca sottomissione ai mercati a cui è stata ceduta la nostra sovranità.
L’elettorato è stato perciò perniciosamente educato ad una concezione distorta della politica, basata sulla sola dicotomia maggioranza-opposizione, fomentata dalle bugie dei partiti (7) troppo superficialmente diffuse nel corso delle campagne elettorali. Se poi si aggiunge che, all’indomani del voto, gli esponenti dei partiti, denotando un’evidente malafede volta a ridurre la comprensione degli eventi da parte della pubblica opinione, se non addirittura una grossolana ignoranza dei principi democratici di cui si è appena discusso, rilasciano stucchevoli interviste (8), appare chiaro il subdolo intento di manipolare l’opinione pubblica.
Il risultato è, da un lato, quello di aggravare il disorientamento dell’elettorato dinanzi alle diatribe dei partiti per la formazione di un governo nazionale e, dall’altro, quello di aumentare la disaffezione alla politica da parte del cittadino che finisce per considerare il relativo dibattito incomprensibile ed inutile, se non addirittura volto a tutelare esclusivamente interessi personali.
1. Cfr. “La gaffe di Di Battista: ignora l’anno della Costituzione” (“Il Giornale” del 11/11/2016)… e non solo l’anno!
2. Cfr. Lavori preparatori Assemblea Costituente. Intervento On. Ruggiero del 21/05/1947.
3. Legge elettorale di tipo misto, per il 75% maggioritario e per il 25% proporzionale.
4. Margaret Thatcher, il primo ministro britannico che capeggiò la controrivoluzione neoliberista all’inizio degli anni ’80 e che tuttora viviamo, una volta mise a tacere i propri critici dicendo: “There is no alternative”. Lo spirito della risposta, diventato famoso con l’acronimo T.I.N.A, contraddistingue il modo falso con cui la globalizzazione viene raffigurata dal main stream.
5. Termine derivante dal tedesco, che sta ad indicare un concezione del mondo, della vita e della posizione in esso occupata dall’uomo.
6. cfr. “Corriere della Sera” del 16/10/1991.
7. cfr. Il Retroscena: “Mi si spacca il Movimento”, “Corriere della Sera” del 20/04/2018.
8. TG1 ore 13:30 del 21/04/2018. Martina, segretario PD: “Siamo passati da ‘prima gli Italiani’ a ‘prima i partiti’”, dimenticando (?) che i partiti agiscono in rappresentanza degli italiani.
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