Per una nuova etica della storiografia
di LUCA MANCINI (FSI Roma)
La storiografia corre oggi un pericolo mortale! Da magistra vitae è stata ormai ridotta ad ancella delle scienze esatte, le quali nella società odierna sembrano essere le uniche degne di considerazione. Va rifiutato e ripudiato con fermezza lo scientismo moderno, che pervade ogni angolo della nostra società con le sue pretese assolutistiche!
La storia, come ogni altra materia umanistica, subisce l’influenza ideologica del dominante sistema liberale, il quale, per la logica di redditività che lo guida, tende a svalutare e minimizzare tutto ciò che è poco redditizio.
La storiografia, per sua natura, non riempe i portafogli, ma arricchisce le menti e questo è un problema per l’ideologia dominante che non vuole intellettuali critici, ma abili ignoranti in grado di produrre opere di medio-basso livello su questioni irrilevanti o del tutto secondarie.
L’accademia, conforme al diktat liberale, non fa altro che produrre in serie questi abili ignoranti, ai quali vengono riservati i pochi e privilegiati posti di ricerca sottopagati, dove essi conducono le loro irrilevanti ricerche su tematiche che non criticano mai l’ideologia dominante.
Il riferimento è alla tendenza attuale della storiografia accademica che studia irrilevanti casi di microstoria o fenomeni talmente particolari che finiscono per non avere nessun interesse, se non per gli addetti ai lavori, i quali noiosamente si citano a vicenda per compiacersi l’un l’altro, soddisfacendo esclusivamente la loro vanità, senza apportare alcun valore sprirituale alla società.
L’accademia ottiene risultati ancor peggiori ogni qualvolta tenta di comprendere una società passata, senza comprendere i rapporti economici di produzione che la dominano. Il problema principale, infatti, è che è venuta meno la lezione di Marx, il quale è stato gettato via dagli accademici come un vecchio giocattolo, considerato non più soddisfacente. In realtà, dietro a ciò, c’è un preciso attacco ideologico, del quale i professori accademici sono più o meno consapevoli. Vengono alla mente le parole di Costanzo Preve: “gli intellettuali universitari hanno un guinzaglio lungo, perché devono dare l’impressione di essere liberi opinatori, certo molto più lungo di poliziotti, militari, diplomatici, eccetera, ma hanno sempre un guinzaglio, anche se lungo.”
Del filosofo di Treviri vanno recuperati due punti importanti: il primo è che bisogna smettere di interpretare semplicisticamente il mondo e iniziare a lavorare per cambiarlo. A tal fine, è necessario che la storiografia sia coraggiosa e critica, nel senso che smetta di essere intimidita dall’ideologia dominante e trovi il coraggio di ribellarsi, per trovare la libertà di pensiero che le spetta e le serve per tornare ad essere magistra vitae. Interpretare variamente aspetti particolareggiati di una società è una forma di timoroso servilismo. Una società per essere compresa deve essere studiata nella sua complessità, perciò serve una storiografia deduttiva e non induttiva come quella attuale.
Questo ci porta al secondo punto importante della filosofia di Marx, che va recuperato e valorizzato: sono i rapporti economici di produzione che determinano il pensiero sociale, ossia è la struttura che determina la sovrastruttura, per usare termini marxiani. Se la storiografia non recupera questo assunto fondamentale, rischia di diventare per sempre sterile e non produrrà mai più nulla di valido. Non si può pretendere di comprendere una società senza comprendere chi detiene il potere economico in essa e chi, invece, è relegato ad un ruolo di subalternità. Questo perché il modo di pensare degli attori di quel tempo sarà necessariamente influenzato dalla loro condizione economica.
Serve uno slancio eroico per liberare la storiografia dalle catene di un’accademia ormai serva supina dell’ideologia liberale!
Viva la Repubblica Sovrana!
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