Noi vogliamo l’uguaglianza (parte II)
di MARINO BADIALE (FSI Genova)
Alcune obiezioni
I figli non sono pacchi
Con questo si intendeva sostenere l’idea che i tempi paritari comportino gravi disagi per i figli, costretti a spostarsi continuamente, appunto come pacchi, fra le case dei genitori. Ora, questa obiezione tocca corde profonde nell’animo di un padre separato, e occorre una buona dose di calma per rispondere in maniera serena. Si potrebbe osservare che è vero, i figli non sono pacchi. I pacchi non ti dicono “papà mi manchi”, “papà stasera posso stare con te?”, e tu a un pacco non sei costretto a rispondere “no piccina, sai che abbiamo fatto quegli accordi, stasera devi tornare da mamma”. Ogni padre separato ha mille storie di questo tipo da raccontare. Storie di sofferenze, dei figli e dei padri. Ma non si vuole adesso suscitare della facile commozione. Si vuol solo rimarcare concretamente quanto detto sopra: il rapporto fra un padre e i suoi figli (esattamente come quello fra una madre e i suoi figli) è un legame profondo, essenziale, che tocca gli aspetti più fondamentali dell’anima, sia del padre sia dei figli.
Di fronte a un dramma come quello della separazione, la cosa più importante è preservare questi rapporti, proteggerli. Tutto il resto viene dopo. Le questioni di organizzazione della vita pratica vengono dopo. E si può aggiungere che questi problemi pratici, i problemi di organizzare la vita di un bambino fra due appartamenti, non devono essere così drammatici, visto che in pratica questo “pendolarismo” è già presente, nell’attuale organizzazione delle separazioni. È buffo infatti osservare che lo slogan in questione può nascere solo da una colossale ignoranza della situazione reale delle separazioni.
Come ho detto sopra, lo schema normale delle separazioni è che i figli trascorrono col padre un weekend ogni due, e almeno un giorno infrasettimanale. Questo vuol dire che i figli, normalmente, vanno avanti e indietro fra le due case almeno una volta alla settimana. Fanno già i “pacchi”, se vogliamo usare questa espressione, nelle condizioni attuali della grande maggioranza delle separazioni. Se si introducessero i tempi paritari, non cambierebbe nulla, purché ovviamente i genitori si accordino in maniera sensata. Basterebbe infatti, per fare solo un possibile esempio, che i figli trascorressero una settimana con un genitore e una con l’altro, ed ecco che gli spostamenti dei “pacchi” sarebbero ridotti a un cambio di casa alla settimana, esattamente quello che già succede nella maggioranza dei casi.
I tempi paritari non implicano dunque nessun peggioramento nella situazione “logistica” dei figli, purché ovviamente i genitori siano persone di buon senso (ma se non lo sono, i problemi ci sono anche nella situazione attuale). Lo slogan “i figli non sono pacchi” è dunque vuota retorica che crolla di fronte a semplicissime considerazioni come quelle appena svolte.
Si vuole tornare al medioevo/ Si vuole tornare indietro di 50 anni.
Con questo slogan si denunciava un terribile arretramento nei diritti delle donne e in generale nei rapporti familiari, in caso di approvazione del DDL735. Ora, ovviamente il “medioevo” non c’entra assolutamente nulla: forse che nel medioevo c’era il diritto al divorzio? Con tempi paritari e mantenimento diretto? Il fatto che un certo numero di persone, che immagino abbiano percorso un normale iter scolastico, possano ripetere una simile assurdità, può solo indurre a tristi riflessioni sulla decadenza della scuola italiana. Lo slogan sul “tornare indietro di 50 anni” non è così evidentemente assurdo come quello relativo al medioevo. Ma è, ugualmente, del tutto sbagliato; per la precisione, dice esattamente l’opposto della realtà.
Infatti, come abbiamo spiegato sopra, è la situazione attuale delle separazioni che esprime esattamente un modello di famiglia vecchio e superato: cioè il modello in cui la donna si occupa in esclusiva dei figli mentre l’uomo mantiene la famiglia col proprio lavoro. Lo schema standard delle separazioni non fa che prolungare questa situazione anche nella separazione e nel divorzio. Chi ha attaccato il DDL735 difendeva lo schema attuale, e quindi appunto difendeva un modello di famiglia tradizionale. Al contrario, i principi fondamentali del DDL 735 (tempi paritari e mantenimento diretto) esprimono un’idea di famiglia in cui vi è piena parità fra i genitori: entrambi di occupano paritariamente dei figli ed entrambi si occupano del mantenimento della famiglia. Anche questo slogan si svela quindi, ad una breve analisi, come vuota retorica.
Il DDL735 è adultocentrico
Con questo si voleva dire che il DDL 735 è centrato sui diritti degli adulti e trascura quelli dei bambini. Ma non è così: abbiamo spiegato sopra che il punto fondamentale della richiesta di tempi paritari e mantenimento diretto è il diritto dei figli a mantenere la relazione con entrambi i genitori. Ciò significa che gli aspetti fondamentali del DDL erano piuttosto “centrati sulle relazioni”, cioè sulla fondamentale esigenza per i figli di mantenere vitali le relazioni in essere con entrambi i genitori.
Se il padre separato vuole i figli, doveva accudirli durante il matrimonio!
Stiamo parlando di cose serie e gravi, quindi questo intervento è costretto ad essere, anch’esso, piuttosto serio e grave. Per fortuna, grazie a questo slogan, possiamo concederci un breve intervallo di comicità. Si tratta infatti di una obiezione la cui illogicità, applicata agli altri aspetti di una separazione, porta a conseguenze piuttosto divertenti. L’idea è che se è la madre ad aver speso la maggior parte del suo tempo con i figli, durante il matrimonio, allora i figli devono restare con lei. Con la stessa logica, se il marito durante il matrimonio si occupava dei lavoretti di casa, allora con la separazione deve portarsi via i rubinetti e le lampadine. Se era il marito ad usare prevalentemente l’automobile per le varie necessità della famiglia, allora dopo la separazione l’ex moglie deve andare a piedi. Se durante il matrimonio la moglie si occupava della cucina, allora, inevitabilmente, al padre separato sarà proibito di occuparsi dei figli ma anche di farsi da mangiare.
Si potrebbe continuare, ma è meglio chiudere questo intermezzo umoristico, e cercare di mostrare in maniera precisa dove sta l’assurdità dello slogan di cui stiamo discutendo, assurdità che genera le conseguenze umoristiche che abbiamo enunciato. La questione è molto semplice, quasi tautologica: quando le persone formano una famiglia c’è una certa situazione, quando le persone si separano la situazione cambia completamente, e non ha senso trasportare nella nuova situazione le dinamiche che valevano nella prima.
Quando c’è una famiglia, c’è una organizzazione della vita che prevede molte cose diverse. Una di queste può essere che sia la moglie ad occuparsi dei figli, e quindi a passare la maggior parte del tempo con loro. Questo è solo uno dei tanti aspetti della vita in comune di una famiglia. Quando la famiglia si rompe, tutte le dinamiche della vita di coppia si rompono. Non vale più nulla di quanto valeva in precedenza e occorre ricostruire una organizzazione della vita equa per tutti. L’errore logico che stiamo discutendo consiste nel trascegliere, all’interno dell’organizzazione della vita precedente, l’aspetto che fa più comodo, e pretendere che solo questo aspetto si prolunghi nella vita dopo la separazione. Si tratta ovviamente di un procedimento del tutto arbitrario, e la comicità, che abbiamo visto sopra, scatta quando si prendono altri aspetti della vita della famiglia e si chiede di prolungare anch’essi nella vita dopo la separazione.
[continua]
Qui la prima parte del saggio
Sullo slogan dei pacchi, aggiungerei che non mi risultano ne denunce per maltrattamenti, ne provvedimenti, ne ostacoli alle madri che autonomamente, dopo la separazione, decidono di portare i figli a centinaia di km di distanza, dove però il bonifico arriva comunque..i figli non sono pacchi solo quando devono vedere il padre.
Più in generale, a leggere l articolo 36 della costituzione, non deve esistere un lavoratore che nonostante abbia un lavoro non possa vivere una vita dignitosa ( e la dignità prevista dalla costituzione, non era certo un tozzo di pane, ma comprendeva, fra le altre cose, l’abitazione e la possibilità di formazione del risparmio..). tutto questo a prescindere dalla situazione matrimoniale. Invece abbiamo padri separati con doppio lavoro che dormono in macchina….forse non sarà possibile garantire tutto questo ( io non lo so) ma è chiaro per me che se non si può garantire tutto, quello che deve soccombere non è la dignità del lavoratore, ma per esempio il diritto all’assegno di divorzio. Un paese civile non può più permettere la schiavitù, condizione a cui oggi il capitale vuole avvicinare un po tutti i lavoratori, ma vissuta pienamente dai padri separati e solo da loro: un pluriergastolano vive una condizione più desiderabile.