Il sovranismo come necessità
di SIMONE GARILLI (FSI Mantova)
Per chi si identifica in una filosofia politica sociale e democratica, sia essa di matrice socialista o cristiano sociale, cioè in Italia per chi si identifica nella Costituzione del 1948, redatta da comunisti che erano nei fatti riformisti radicali, socialisti veri e propri e democristiani di chiara matrice sociale, il sovranismo, oggi, è una necessità.
Non è il fine, ma il mezzo. O detto in altri termini: è il fine intermedio di un progetto che come fine ultimo ha l’applicazione della Costituzione del 1948.
Qui c’è tutta la distanza qualitativa tra il sovranismo costituzionale e il sovranismo leghista, che è in verità regionalismo liberale, laddove il fine ultimo è la sopravvivenza dell’impresa esportatrice del nord-est davanti all’offensiva di altre potenze, ma pur sempre in un orizzonte “fortemente competitivo” come è quello delineato dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).
La “nuova” Lega altro non è che il centro-destra berlusconiano aggiornato alla situazione attuale, che è di sempre più intensa concorrenza tra medi e grandi capitali afferenti agli Stati nazionali europei e globali in competizione reciproca.
Motivo per cui la Lega deve strutturalmente oscillare tra un antieuropeismo di fase, quando gli interessi dell’impresa esportatrice nordica sono sotto massima pressione, e un europeismo d’accatto, per guadagnare a quella stessa impresa la sua fetta di torta, che, nell’ottica del progetto leghista, va divisa sempre meno con i lavoratori nordici e con il resto d’Italia (autonomia differenziata), anche perché si tratta di una fetta necessariamente più piccola e sempre più dipendente dalla grandezza della fetta riservata all’impresa esportatrice tedesca.
Il sovranismo costituzionale è sociale e democratico, quello leghista è liberale e in ultima istanza europeista.
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