Cronache dall’Unione Europea – Capitolo 3: Il dilemma francese
di SIMONE GARILLI (FSI Mantova)
L’Unione Europea venne concepita a Germania divisa: non è e non poteva essere il progetto di uno Stato sconfitto nella Seconda Guerra Mondiale. Non serve nemmeno la storiografia, basta la logica per capirlo. Si trattò di un progetto francese inserito nel più ampio interesse strategico americano, laddove gli Stati Uniti, insieme all’Urss, sono stati i soli vincitori del conflitto mondiale. Una comunità europea guidata dal necessario alleato francese doveva servire agli Stati Uniti, ed è servita, per ingabbiare politicamente la Germania riunificata, impedendo scivolamenti ad Est che avrebbero saldato la potenza economica tedesca con l’ombrello nucleare, militare ed energetico prima sovietico e poi russo. Questo è il quadro generale, rimuovendo il quale non si può capire nulla delle opposte propagande attive in questa fase, e di quali interessi stiano veicolando.
Pensiamo alla Francia. Si propone, per la verità molto timidamente, come potenza ragionevole e federatrice, contro la Germania dell’austerità. Allo stesso tempo, però, della Germania non può fare a meno, perché non può fare a meno dell’Unione Europea, che a sua volta senza la Germania non adempie al suo fine storico. La Francia si trova quindi di fronte ad un dilemma strategico, come direbbero gli studiosi di geopolitica: da un lato, con l’appoggio americano, ha bisogno di mitigare la pulsione mercantilista della Germania, la quale indebolisce anche la sua economia e crea frizioni potenzialmente distruttrici in seno all’Unione, oggi come non mai; dall’altro, non può rompere il duopolio europeo che condivide con la stessa Germania e che è stato recentemente ribadito a Meseberg: se lo facesse, perderebbe il sostegno statunitense perché, come accennato, gli Stati Uniti utilizzano anche l’Unione, così come la Nato, per “tenere fuori l’Unione Sovietica, dentro gli americani e giù i tedeschi”.
Se deve stare con la Germania, e lo deve fare, la Francia non può tirare la corda fino a rischiare di provocarne la fuoriuscita spontanea dall’Unione Europea, ma deve muoversi per rendere almeno non masochista dal punto di vista economico questa alleanza anti-storica (Vichy e il 1870, ovviamente, bruciano ancora). Ecco, allora, che di fronte all’ovvio e costituzionalmente fondato rifiuto della Germania di rivoluzionare l’Unione in senso espansivo, ciò che ne minerebbe alle fondamenta il modello di sviluppo trainato dalle esportazioni, la Francia può fare sponda con l’Italia e la Spagna, ma senza alzare troppo la voce. Gli Eurobond rappresenterebbero l’ipoteca sulla sovranità tedesca, e quindi nella loro formulazione pura sono irrealistici, ma anche una BCE prestatrice di ultima istanza andrebbe oltre l’impianto deflattivo imposto dal Bundestag e dalla Corte federale di Karlsruhe.
Rimane il MES, che potrà essere indorato attraverso l’intervento parallelo della BCE (programma OMT), oppure per mezzo dell’emissione di Eurobond, in entrambi i casi senza eliminare ovviamente le rigide condizionalità (formali e informali) che lo stesso trattato sul fondo salva stati e l’articolo 136(3) del TFUE impongono. Unica scappatoia, ma si tratterebbe di una tregua pericolosa per la Germania, potrebbe essere l’ulteriore ampliamento del Quantitative Easing in modo da coprire tutte le emissioni obbligazionarie del 2020 di Italia, Spagna, Francia e di chiunque ne avesse bisogno. Un piano ben più corposo dell’attuale, che ammonta nel complesso a 1.100 miliardi di qui a fine anno, dei quali a occhio 200, massimo 250, per l’Italia (che deve emettere ancora 260 miliardi di titoli solo per rifinanziare debito in scadenza e almeno 100, ma probabilmente molti di più, per far fronte al calo del Pil).
Anche se la Germania dovesse accettare un super QE, questo sarebbe per sua natura limitato nel tempo e discrezionale (la BCE non potrebbe comunque specificare ai mercati la quota esatta di debito italiano che coprirà nel 2020). Finita l’emergenza, la BCE dovrebbe tornare obbligatoriamente nel recinto che i Trattati (e la solita Costituzione tedesca) le riservano. Pena l’uscita tedesca, che la Francia e gli Stati Uniti non sono disposti ad accettare, salvo smentite.
Vi è un’ altra lettura: la Francia ha subito il disegno USA servendosi di ex capi nazisti sopravvissuti al crollo e collaborativi con la potenza vincitrice. In un disegno anti-URSS, per provocarne lo smantellamento, per impedire che la stessa Germania , una volta riunificata, cadesse nell’ orbita sovietica insieme ad altri paesi comunisti europei (Italia in primis e Francia). La Francia di De Gaulle, tra i vincitori della guerra, che non voleva le basi USA sul suo territorio, con vocazione di grandeur e potenza nucleare, con aspirazioni imperialiste europee di memoria napoleonica, non si prestava ai disegni USA anti sovietici ed aspirava (deve dirsi legittimamente) ad un ruolo dominate in Europa ma indipendente dagli USA. Diversamente la Germania, aveva ogni interesse a svolgere il ruolo di gendarme USA in Europa, con le sue basi USA, con la sua appartenenza alla NATO, con la promessa di riunificazione appoggiata dagli USA, con la promessa di una leadership europea sostenuta dagli USA, per sottrarsi all’ influenza dominate del vicino francese. De Gaulle, è risaputo, ha sempre respinto l’ idea di unione europea, che è prevalsa solo dopo che il suo governo è stato messo in minoranza. Dopo di lui la Francia ha iniziato ad essere europeista, ma tuttavia la popolazione francese ha respinto col voto l’ idea di una Costituzione europea. La Francia ha subito “obtorto collo”, l’ iniziativa USA-Germania, accettando di entrare nella UE, per rimanere schiacciata dalla rinascita di una potenza tradizionalmente ostile ai suoi confini. La Francia non garantiva agli USA il ruolo di vassallo obbediente che la Germania era disposto a svolgere, per i suoi interessi. Oggi, qualcosa è cambiato nel quadro geo-politico (la fine dell’ URSS e la nascita del nuovo nemico, la Cina. Ragion per cui lo stesso presidente USA tifa per il dissolvimento della UE germanocentrica, entrata in conflitto con gli interessi economici e strategici degli USA. L’ America sovranista di Trump ha bisogno dell’ Europa, di Stati sovrani amici, che non debbano obbedire a linee strategiche dettate da una entità sovranazionale prima voluta e docile, ma ora antagonista e sfuggente.