Covid 19 e altre pandemie: bloccare la vita sociale o accettare un maggior numero di morti?
Il problema filosofico o etico posto da covid 19 e da eventuali altre pandemie è se si debba accettare che la vita sociale sia interrotta o bloccata per anni, nel senso che innnumerevoli e anzi quasi tutti i settori della società non funzionino o funzionino in percentuale estremamente ridotta – dal 20 al 50% – o se la vita sociale non vada paralizzata, a costo di sopportare un maggior numero di morti.
Da mesi, infatti la vita sociale è interrotta o paralizzata, non semplicemente sospesa per più o meno brevi periodi di tempo.
E quanto alla tesi che il problema non sarebbero i morti per covid 19, malattia tutto sommato a bassa letalità, ma il rischio che il sistema sanitario vada in tilt, essa è ipocrita e nazista: ipocrita perché la disfunzionalità del sistema sanitario si risolve in un maggior numero di morti; nazista, perché essa, sia pure surrettiziamente, implica che, se i morti sono ultra-ottantenni malati, allora la vita sociale non si deve fermare, se invece sono anche uomini maturi e sani, che morirebbero per mancato funzionamento del sistema sanitario nazionale, allora per evitare questo rischio la vita sociale va bloccata o paralizzata»
https://ribelli.tv/videos/1/2527/ecco-i-numeri-il-62-probabilmente-morira-a-breve
la scusa del vaccino ha altre finalità….
Essere chiari è molto importante.
Posso condividere la conclusione cui perviene il prof. D’Andrea impostando filosoficamente il problema. Occorre però nel medesimo tempo riagganciare la medicina al principio ippocrateo: il medico serve la vita, non la morte. Tale principio è affermato nella teoria, non nella pratica, come dimostra il dibattito sull’eutanasia. Diversamente l’atteggiamento indicato dal prof., se trasferito dalla sfera individuale a quella publica, rischia di legittimare ulteriori più gravi aberrazioni. Per esempio, come ci ricorda Giuseppe, una sperimentazione di massa imposta con il ricatto.