Un articolo che dice cose diverse dalla solite asserzioni sulla riserva frazionaria (SD'A)
di Piero Valerio Tempesta perfetta
Anticipo subito che l’argomento che affronteremo oggi è un po’ lungo e spinoso dal punto di vista concettuale, ma rappresenta la base indispensabile per capire come funziona il sistema bancario e monetario moderno nel suo complesso. Una volta capito il meccanismo di funzionamento della riserva frazionaria, non esiste in effetti altro ambito teorico o procedurale che non possa essere spiegato utilizzando la falsa e ingannevole applicazione del concetto in questione. Dalla distorta impostazione del processo di creazione della riserva frazionaria discendono infatti a cascata tutte le anomalie e storture del sistema monetario basato sul regime fiat money (creazione di denaro dal nulla senza vincolo di convertibilità in oro o altro bene reale di scambio), che ricordiamo è stato avviato a partire dal 1971, anche se la maggioranza degli addetti ai lavori ha preferito nascondere e trascurare gli effetti pratici del grande cambiamento avvenuto e sono stati sempre troppo pochi quelli capaci di comprendere le conseguenze di questa incredibile rivoluzione epocale.
In maniera molto sintetica, la riserva frazionaria rappresenta quella parte di denaro depositato dai clienti o investito in titoli che la banca è costretta ad accantonare e mettere da parte per evitare di trovarsi a corto di liquidità nei momenti di necessità. Questa pratica discende dalla constatazione puramente statistica fatta dagli antichi orafi e banchieri, secondo la quale soltanto una parte minima dei clienti che depositavano l’oro in cambio di banconote o di certificati di deposito tornava poi in banca per ritirare materialmente l’oro depositato e riconsegnare le banconote. Già da questa prima evidenza storica ed empirica si può capire come oggi, che non esiste più la convertibilità in oro e nessun cliente potrà mai recarsi in banca per reclamare questo diritto, non avrebbe più senso tenere in vita una pratica anacronistica e del tutto inadatta ad interagire con i nuovi circuiti telematici di circolazione della moneta.
Tuttavia il sistema bancario, costituito dalle banche centrali e dalla rete di banche commerciali, mantiene ancora in vita questa antica consuetudine per altri scopi che descriveremo in seguito. Anzi è la stessa banca centrale che stabilisce periodicamente il livello di riserva frazionaria o obbligatoria che le banche sono costrette ad accantonare e depositare in particolari conti correnti detenuti presso la banca centrale per adempiere appunto ai loro obblighi legali di riserva. Secondo la teoria classica la riserva obbligatoria ha un rapporto inverso di dipendenza con il moltiplicatore monetario, che è il processo iterativo di passaggi di moneta che consente l’espansione della massa monetaria presente sul mercato. Questa teoria però è completamente inefficace e inadeguata per spiegare ciò che accade concretamente nella pratica giornaliera di normale attività creditizia delle banche e per capire meglio gli errori della teoria basta analizzare per passi ciò che viene riportato su wikipedia, che è del tutto aderente alle tesi espresse sui testi classici di economia monetaria.
Il moltiplicatore monetario è il rapporto tra l'offerta di moneta e la base monetaria esistenti in un determinato momento nel sistema economico e con opportune semplificazioni esso dipende dal coefficiente di riserva frazionaria o obbligatoria deciso periodicamente dalla banca centrale: i passaggi che portano a concludere questo legame sono spiegati come segue.
L'offerta di moneta M, intesa come quantità di moneta esistente in un determinato momento nel sistema economico, è pari alla moneta legale in circolazione (il circolante CU, ovvero le banconote e le monete metalliche), detenuta dal pubblico e dalle banche, più i depositi D che il pubblico ha preferito depositare presso le banche. La base monetaria H è invece pari al circolante CU più le riserve RE depositate dalle banche presso la banca centrale, obbligatoriamente a fronte dei depositi raccolti (riserve obbligatorie) o in eccedenza rispetto a tale obbligo (questi depositi in eccedenza costituiscono le riserve libere delle banche detenute sempre presso la banca centrale).
La base monetaria H ha come caratteristica principale quella di essere originariamente emessa dalla banca centrale, mentre l’offerta di moneta M complessiva di moneta presente sul mercato viene amplificata appunto dall’effetto del moltiplicatore monetario, che consente alla banche commerciali di aumentare artificialmente e progressivamente il numero dei depositi del pubblico.
In termini schematici, l'offerta di moneta può essere espressa come M = CU + D, dove CU è il circolante e D i depositi, mentre la base monetaria può essere espressa come H = CU + RE, dove RE è il totale delle riserve depositate dalle banche presso la banca centrale. Ne segue che il moltiplicatore monetario può essere identificato come:
Dividendo numeratore e denominatore dell'ultima frazione per D si ottiene:
I due quozienti cu e re assumono sempre valori compresi fra 0 ed 1 (essendo i depositi D sempre maggiori sia del circolante CU che delle riserve RE), sicché il moltiplicatore monetario è sempre maggiore di 1. Il coefficiente re rappresenta la quota di depositi complessivi D che le banche non impiegano concedendo prestiti alla clientela o acquistando titoli e tengono come riserva obbligatoria o libera presso la banca centrale e può essere così scomposto: re=reo+rel
reo rappresenta il coefficiente di riserva obbligatoria, ossia la quota di depositi che le banche sono tenute a depositare presso la banca centrale, ed è fissato periodicamente dalle autorità monetarie.
rel rappresenta invece la quota di depositi che le banche tengono come riserve in eccedenza a quelle obbligatorie ed è inversamente correlato al costo opportunità per le banche di tenere tale liquidità senza impiegarla in prestiti o titoli, costo che è rappresentato dal tasso di interesse vigente sul mercato per tali impieghi. Questo coefficiente rel è anche direttamente dipendente al costo che le banche dovrebbero affrontare nel caso si trovassero in carenza di liquidità e dovessero farsela prestare da altre banche o dalla banca centrale; il costo del ricorso alle altre banche è rappresentato dal tasso vigente sul mercato interbancario (soprattutto overnight, ossia per prestiti a brevissimo termine della durata di una notte o al massimo di un giorno), mentre il costo del ricorso alla banca centrale è rappresentato dal tasso ufficiale di sconto, ovvero il costo del denaro o il tasso di riferimento al quale la banca centrale cerca di indirizzare gli scambi che avvengono nel mercato interbancario.
cu rappresenta il rapporto tra la liquidità (banconote e monete) detenuta dal pubblico e i suoi depositi bancari, e dipende dai costi di intermediazione bancaria, vale a dire dai costi (non solo monetari, ma anche, ad esempio, il dispendio di tempo) per prelevare la liquidità dalle banche: più sono alti, maggiore sarà la propensione a tenere scorte di liquidità.
Nell'ipotesi, puramente teorica, che il pubblico depositi tutta la liquidità presso le banche e queste impieghino interamente le somme così raccolte per effettuare prestiti o acquistare titoli, tolto solo il necessario per costituire le riserve obbligatorie, si avrebbe cu=0 e rel=0, ossia re=reo, sicché il moltiplicatore diverrebbe:
vale a dire, come avevamo anticipato all’inizio, il moltiplicatore monetario è inversamente correlato al coefficiente di riserva obbligatoria.
Per quanto detto sopra, il valore effettivo del moltiplicatore sarà tanto più vicino a tale approssimazione teorica, quanto più alti saranno i tassi d'interesse sui prestiti e sui titoli e quindi tanto maggiore sarà la propensione della banca ad investire rispetto a mantenere alti livelli di riserve libere (tutto il contrario insomma di quello che sta accadendo oggi per intenderci, dato che le banche hanno più convenienza a depositare le riserve presso la banca centrale rispetto ad investire a causa degli elevati margini di rischio e dei bassi tassi di interesse).
Per avere un’idea numerica, se la banca centrale fissa un coefficiente di riserva obbligatoria o frazionaria dell’1% (0,01) rispetto ai depositi e ai titoli emessi dalle banche commerciali, dovrà prevedere teoricamente un effetto del moltiplicatore monetario di 100 (a fronte di una base monetaria emessa dalla banca centrale di 1, bisogna cioè mettere in conto un aumento dell’offerta monetaria complessiva presente sul mercato di 100).
La rappresentazione che viene proposta dai testi classici di economia intende però le banche come semplici intermediari finanziari, che non creano credito o depositi dal nulla ma si limitano a traferire il potere di acquisto da un risparmiatore all’altro. Secondo questa spiegazione, molto astratta e semplicistica, il processo di trasferimento di denaro e quindi potere di acquisto è costituito da una serie di prestiti successivi delle banche intermediarie a favore dei clienti mutuatari, che può essere schematizzato come segue:
la Banca A riceve un nuovo deposito di 100 euro (può essere una banconota, un bonifico , un assegno). Se il requisito di riserva è dell'1%, i testi dicono che la Banca A può prestare 99 euro e depositare 1 euro presso la banca centrale come riserva obbligatoria. I 99 euro possono essere, tuttavia, poi depositati dal cliente mutuatario in un'altra banca, la Banca B, la quale a sua volta potrà prestare il 99% del deposito (98,01 euro) e trattenere l'1% come riserva. Questo processo continuerebbe fino a quando alla fine la quantità di fondi prestati e quindi l’offerta di moneta arriverebbe a 9.900 euro in totale, che inclusi i 100 euro di partenza sono appunto 100 volte superiori rispetto al deposito iniziale di 100 euro. Nello schema sotto viene mostrato sinteticamente come si svolge il processo.
Deposito Riserva all'1% Fondi prestabili
Banca A EUR 100 EUR 1 EUR 99,00 –>
Banca B EUR 99 EUR 0,99 EUR 98,01 –>
Banca C EUR 98,01 EUR 0,9801 EUR 97,0299 –>
–> …
–> …
–> massimo ammontare che potrebbe essere prestato dal sistema bancario: EUR 9.900, secondo la rappresentazione accademica della moltiplicazione monetaria
Fin qui abbiamo visto quello che viene riportato sui libri di testo ufficiali, ma già sappiamo che in realtà le cose non funzionano effettivamente così, perché le banche non trasferiscono potere di acquisto da un cliente all’altro quando concedono un prestito (sarebbe impossibile per pura logica, perché il deposito iniziale di 100 euro del primo cliente depositante rimane quando la banca presta al primo cliente mutuatario i 99 euro: quindi secondo questa teoria distorta la banca non trasferisce fisicamente ma utilizza due volte lo stesso potere di acquisto), ma creano dal nulla nuovi prestiti e aprono nuovi depositi al cliente mutuatario senza movimentare assolutamente i depositi già acquisiti (questo processo è già stato descritto nei dettagli in un precedente articolo, dove abbiamo dimostrato che sono i prestiti a creare nuovi depositi e non viceversa).
L’economista inglese Richard Werner (foto a destra) in un suo famoso libro scritto nel 2005 (New Paradigm in Macroeconomics, di cui è possibile leggere uno stralcio tradotto in italiano sul blog L’economista smascherato) ha già evidenziato un processo alternativo di creazione dal nulla dei prestiti e dei depositi, che è molto più aderente con ciò che avviene giornalmente nella pratica bancaria. Quando una banca riceve un nuovo deposito di 100 euro, incassa i soldi e registra questo deposito come nuova passività di bilancio. Invece di prestare 99 euro, come raccontano i libri di testo, la banca deposita direttamente i 100 euro come riserva presso la banca centrale (inserendoli nell'attivo del suo bilancio ed equilibrando i saldi patrimoniali secondo il principio della partita doppia).
I 100 euro possono ora diventare quell'1% di riserva obbligatoria sulla base del quale la banca può prestare 99 volte tanto. Così scopriamo che è proprio la prima banca che può emettere un nuovo prestito di 9.900 euro, senza dovere passare per forza attraverso il processo iterativo descritto in precedenza. Dal momento in cui il prestito è erogato, la banca aumenta simultaneamente il suo attivo di 9.900 euro (l'ammontare totale del prestito, che è appunto una posta attiva per la banca) ed i suoi depositi di 9.900 euro (che è un passivo per la banca), perché intanto il funzionario di banca ha dovuto aprire o estendere un conto corrente a favore della persona o della società che riceve il prestito, creando in pratica nuova moneta elettronica dal nulla che può ora essere spesa dal cliente mutuatario per effettuare qualsiasi tipo di transazione finanziaria.
La moneta che la banca ha creato è un incremento contabile del 99% del suo bilancio (i 100 euro del deposito iniziale più i 9.900 euro di prestito/deposito creato dal nulla) e in questo modo si rispetta il requisito di riserva obbligatoria. Contrariamente alla spiegazione usuale sul processo di creazione del credito riportata in molti testi accademici, ogni banca crea individualmente credito/moneta dal nulla quando concede o estende un prestito. Seguendo questo nuovo schema molto più realistico, il deposito originario di 100 euro diventa l'1% di riserva obbligatoria sulla base del quale la banca può offrire nuovi prestiti fino a 99 volte la cifra iniziale. La creazione del credito ha “allungato” in pratica artificialmente il bilancio della banca e nello schema sotto possiamo vedere tutti i passaggi che portano a questa conclusione.
Bilancio della Banca A
Passo 1 Deposito di EURO 100 da parte del cliente presso la Banca A
Attivo Passivo
……… EUR 100
Passo 2 EURO 100 usati per aumentare le riserve della banca A
Attivo Passivo
EUR 100 EUR 100
Passo 3 Prestito di euro 9.900 effettuato accreditando il conto corrente del mutuatario con un “nuovo deposito” creato dal nulla
Attivo Passivo
EUR 100 EUR 100
……..+ …….+
EUR 9.900 EUR 9.900
A questo punto però la domanda fondamentale è: da dove arrivano i 9.900 euro? Il denaro non è stato prelevato dalla banca da altri conti. Non è stato deviato o trasferito da nessun altro agente economico o da altra parte dell'economia. Ma soprattutto, nonostante sia scritto come deposito, non è stato depositato da nessuno. La banca ha semplicemente creato dal nulla il denaro scrivendone i numeri nella sua contabilità amministrativa e nel conto corrente del cliente. A differenza di quanto viene rappresentato nei libri di testo, vediamo quindi che individualmente ciascuna banca può così creare denaro ogni volta che emette un prestito. Se si insegnasse questa verità nelle accademie e nelle università, non solo sarebbe più facilmente comprensibile e logico tutto il meccanismo, ma si insegnerebbe agli studenti quello che realmente fanno le banche: creano denaro dal nulla. La banca semplicemente pretende di avere 9.900 euro quando concede un prestito, accredita i conti di qualcuno e nessuno se ne accorge.
Questo processo in verità non è stato scoperto da Werner, ma molto prima di lui altri economisti come Wicksell (1898), Schumpeter (1912), Hahn (1920), Goodhart (1989) avevano già fatto luce con chiarezza esemplare sui meccanismi fraudolenti di creazione dei prestiti dal nulla da parte della banche. La stessa scuola austriaca di Von Mises (1949) aveva evidenziato i pericoli derivanti dall’espansione incontrollata del credito bancario, individuando in questa pratica illecita (illecita non perché contro la legge in senso assoluto, anche se esistono tutti gli elementi per accomunare l’attività dei banchieri a quella dei falsari, ma perché fatta ingannando l’opinione pubblica e il senso comune) la causa principale dell’inflazione e aveva proposto come soluzione drastica alla creazione del credito dal nulla un sistema monetario con riserva frazionaria del 100%. Secondo questa ipotesi di riforma le banche avrebbero potuto prestare soltanto una quantità di soldi pari a quelli raccolti con i depositi senza aggiungerne altri nel circuito, garantendo sempre la piena convertibilità alla pari con l’oro custodito nei forzieri (ricordiamo infatti che quando fu avanzata questa proposta dalla scuola austriaca il regime monetario vigente prevedeva la piena convertibilità in oro delle banconote e quindi l’intuizione era quanto mai sensata, mentre oggi che non esiste più alcun vincolo di convertibilità e la circolazione monetaria è completamente digitalizzata non avrebbe più alcun senso).
Non bisogna trascurare nemmeno la circostanza che questa nuova visione dell’attività bancaria scardina completamente tutte le teorie economiche classiche che insistono sul ruolo della banca come semplice intermediario del credito e del risparmio. Secondo queste teorie i risparmi accumulati dalle famiglie rappresentano il presupposto principale per gli investimenti delle imprese attraverso l’estensione del credito: ovviamente non è così, perché le banche decidono autonomamente la strategia creditizia degli investimenti non in base ai risparmi e ai depositi raccolti, ma seguendo alcune semplici regole di opportunità e rischio correlate all’attività di concessione dei prestiti (vedi anche i requisiti patrimoniali richiesti oggi dai regolamenti bancari come Basilea II). Solo per completezza riportiamo alcune citazioni dirette di due di questi importanti economisti, che chiariscono ancora meglio questo concetto.
“…questo altera parecchio la situazione analitica e rende altamente sconsigliabile di costruire il credito bancario sul modello di fondi esistenti che vengono prelevati da altri utilizzi attraverso un atto completamente immaginario di risparmio e poi di prestito da parte dei proprietari. E' molto più realistico dire che le banche creano il credito, cioè che creano depositi che vengono loro affidati.” (Schumpeter, 1954)
“Le banche nelle loro attività di prestito non solo non sono limitate dal capitale proprio; esse non sono limitate, almeno nell'immediato, da nessun capitale qualsivoglia; concentrando nelle loro mani quasi tutti i pagamenti, esse creano esse stesse il denaro di cui necessitano...” (Wicksell, 1907)
“In un sistema puro di credito, dove tutti i pagamenti vengono effettuati attraverso trasferimenti nei libri contabili, le banche sono in grado di garantire in ogni momento qualsiasi ammontare di prestiti a qualsiasi, per quanto minimo, tasso di interesse.” (Wicksell, 1907)
Aggiungiamo adesso un altro elemento, che cambia non poco le nostra attuale prospettiva. Il limite della riserva obbligatoria è solo teorico, o almeno funziona raramente: infatti, la banca centrale fissa un tasso d'interesse interbancario obiettivo, e quando si avvicina la data di controllo periodico dei requisiti di riserva obbligatoria, fornisce qualsiasi ammontare di riserve a richiesta dalle banche commerciali, per evitare un’impennata improvvisa di quel tasso (che sarebbe dovuta ad un’eccessiva domanda di prestiti interbancari da adibire a riserva). Quindi non è tanto la banca commerciale su precisa indicazione della banca centrale a doversi preoccupare di verificare e accantonare la quota di riserva obbligatoria prima di concedere un qualsiasi prestito, ma nella realtà accade esattamente il contrario: è la banca centrale che fornisce e mette a disposizione tutte le riserve di cui le banche commerciali hanno bisogno per consentire a queste ultime di adempiere ai loro obblighi di riserva.
Quest’ultima affermazione rende chiaro che la banca centrale non può controllare l’offerta di moneta, attraverso la definizione del limite di riserva obbligatoria (come indicano invece i libri della teoria classica), ma può al massimo agire sul tasso d'interesse per allinearlo con il tasso di sconto obiettivo stabilito periodicamente. Ritornando all’esempio di prima, la banca che riceve il deposito di 100 euro non potrà solo prestare 9900 euro, perché limitata dall’obbligo di riserva, ma potrà tranquillamente prestare secondo le proprie convenienze fino a 20000, 100000, 1000000, o qualsiasi altra cifra, dato che in ultima istanza la banca commerciale avrà sempre la possibilità di rivolgersi successivamente o al mercato interbancario o alla banca centrale per richiedere e reperire tutte le riserve necessarie a soddisfare i suoi obblighi istituzionali di accantonamento.
Questo solleva delle problematiche enormi per la politica monetaria adottata dalla banca centrale, in quanto quest’ultima non solo non è più in grado di controllare efficacemente l’offerta di moneta nel suo complesso ma non può porre alcun argine teorico alla creazione e espansione del credito bancario, specialmente quando riconosciamo l'esistenza di una informazione imperfetta sia in fase di istruzione accademica dei nuovi addetti che di implementazione pratica di regole esistenti soltanto in teoria.
Inoltre, il fatto che le banche non abbiano in realtà il denaro che prestano, ma lo creano dal nulla, spiega perché la fragilità finanziaria sia vista da tutti gli esperti della materia come un grave problema per il settore bancario, a cui si cerca di porre rimedio con affannose regolamentazioni internazionali come appunto Basilea II. Per essere in grado di considerare la questione delle crisi bancarie, come rispondere a queste e come evitarle innanzitutto, diventa quindi necessario evidenziare il nuovo collegamento che si instaura tra il sistema bancario e la macroeconomia: questo infatti dovrebbe sciogliere definitivamente l'enigma della dipendenza diretta tra la moneta creata dal nulla delle banche e le frequenti crisi finanziarie che si susseguono nel mercato.
Ma chi è arrivato fin qui, seguendo con attenzione i passaggi dei nostri ragionamenti, avrà capito che esiste ancora una domanda a cui bisogna dare risposta: se le banche prestano soldi dal nulla senza prelevarli fisicamente dai depositi già raccolti e se gli obblighi di riserva sono sempre rispettati a valle del processo e non prima della concessione del prestito, cosa fanno materialmente le banche con i soldi depositati dai risparmiatori sui conti correnti o su altri depositi bancari?
Abbiamo visto infatti che questi soldi, in qualsiasi modo venga fatto il deposito iniziale da parte del cliente (contanti, bonifico elettronico, assegno), vengono regolarmente registrati nel passivo di bilancio della banca e producono un pari importo di riserve, che essendo un deposito della banca presso la banca centrale viene altrettanto correttamente incluso fra le attività e gli impieghi della banca stessa: nel caso dei contanti, il passaggio dalle mani del cliente alle riserve depositate presso la banca centrale è abbastanza immediato e intuitivo perché la banca commerciale invia materialmente le banconote alla banca centrale, che distruggerà la carta e aggiornerà le riserve in banconote di quella data banca (la banca centrale preferisce distruggere le banconote cartacee ricevute, perchè per lei rappresenta un costo minore stampare nuove banconote all'occorrenza rispetto a tenere a magazzino grossi cumuli di carta straccia e usata).
Più complesso e astratto è invece il meccanismo che accredita le riserve quando si tratta di bonifico elettronico o di un assegno perché in questo caso dobbiamo tenere presente che esistono due livelli di circolazione della moneta elettronica: nel primo, che possiamo indicare come circuito a vista, circola moneta meno pregiata di banca commerciale (che è la stessa che le banche si inventano quando aprono un nuovo prestito), mentre nel secondo circuito, il cosiddetto mercato interbancario che collega tutte le banche fra di loro e queste ultime con la banca centrale, circola soltanto moneta di banca centrale che è di importanza strategica molto superiore alla precedente perché è stata originariamente emessa dalla banca centrale come nuova base monetaria (banconote o riserve).
Quando una banca riceve un bonifico elettronico o un assegno, da una parte accrediterà questa nuova digitazione contabile a vista sul conto corrente o il deposito del cliente, e dall’altra riceverà automaticamente dal circuito interbancario, attraverso il sistema di regolamento e compensazione dei pagamenti (per l’eurozona questo sistema si chiama TARGET2 ed è stato descritto in questo articolo), un pari importo di moneta di banca centrale che transiterà dal conto di riserve della banca emittente al conto di riserve della banca ricevente il bonifico o l’assegno.
In ogni caso la banca che riceve il deposito da parte del risparmiatore si ritroverà con un importo superiore di riserve libere (non obbligatorie, perché queste come abbiamo già detto vengono gestite attraverso il canale diretto di compensazione periodica con la banca centrale), che possono essere utilizzate in un unico modo dalla banca: acquisto di titoli obbligazionari pubblici e privati o di altri prodotti finanziari, come derivati, titoli strutturati, azioni (vedere un precedente articolo in cui è stato spiegato abbastanza chiaramente come avviene questo processo). Avendo eliminato il collegamento fra i depositi ricevuti dai risparmiatori e i prestiti forniti alla cosiddetta economia reale (famiglie e imprese), alla banca non rimane altra scelta che utilizzare questo improvviso incremento del conto di riserve per investire in finanza e questa scelta dipende soltanto dalle condizioni del mercato finanziario, dalle valutazioni di opportunità e rischio e dagli obiettivi strategici della banca a medio e lungo termine.
Il problema più complicato e ostico da affrontare per chi vuole capire come leggere un bilancio bancario è riuscire a distinguere nella voce “debiti verso clienti” la parte di depositi nati dal nulla tramite la concessione di prestiti e quella invece creata regolarmente con i depositi dei risparmiatori: una volta fatta questa separazione diventa molto più agevole identificare le reali risorse che le banche possono utilizzare per gli investimenti strutturali o speculativi in finanza e quelle invece che, essendo state create dal nulla, non hanno ancora un corrispondente sottostante di riserve da potere investire.
Nel caso specifico, le banche europee in questo periodo di turbolenza finanziaria preferiscono mantenere gran parte delle loro riserve libere nei conti di deposito presso la banca centrale, ricevendo un basso margine di profitto dello 0,25% di interesse, rispetto ad investire in titoli ad alto grado di rischio e perdita, perchè ricordiamo che queste riserve dovranno servire alle banche per rifinanziare un’elevata quantità di titoli pubblici e privati in scadenza nel corso dei prossimi tre anni. Ad ogni modo chi voleva sapere che fine fanno i suoi risparmi depositati in banca è stato presto accontentato: le banche utilizzeranno le riserve ricavate da questi depositi di privati cittadini e imprese per accedere alla borsa azionaria o dei titoli, senza mai rendere conto ai clienti sulle effettive movimentazioni e gli eventuali ritorni economici degli investimenti effettuati con i loro soldi.
Ecco perché progetti di riforma monetaria come Positive Money, di cui l’economista inglese Richard Werner è stato uno degli ispiratori, propongono una separazione netta fra i depositi dei clienti non movimentabili dalla banca (Transaction Accounts) e quelli destinati agli investimenti (Investment Accounts), in modo che il risparmiatore sia sempre consapevole delle finalità e degli utilizzi con cui la banca dispone dei suoi soldi. Nel caso in cui il risparmiatore dia il consenso alla banca di investire una parte dei soldi depositati, è chiaro che la banca stessa debba corrispondere al cliente un’analoga quota dei profitti ricavati o condividere con lui le eventuali perdite (non come avviene oggi che i depositi e i conti correnti non vengono più remunerati o addirittura comportano soltanto dei costi per il cliente, appunto perché le banche giocano da sempre sul fatto che i risparmiatori non sanno o non riescono a capire che fine fanno concretamente i loro soldi depositati).
In conclusione, aggiungiamo ancora un ultimo argomento di riflessione, che magari sarà approfondito con maggiore attenzione in un successivo articolo: chi ha compreso come avviene il processo di creazione dal nulla del credito e di movimentazione delle riserve bancarie avrà subito capito che il sistema monetario moderno presenta una caratteristica molto singolare. Infatti pur essendo basato su un regime di fiat money, in cui la nuova base monetaria viene incrementata dal nulla dalla banca centrale senza alcun vincolo di convertibilità con oro o altri beni e le banche commerciali possono inventare di sana pianta nuovi depositi in seguito alla concessione di prestiti, il sistema monetario funziona come se idealmente esistesse ancora un vincolo di convertibilità: la base monetaria (banconote e riserve) emessa originariamente dalla banca centrale è il nuovo oro fittizio del sistema monetario moderno, perché idealmente può essere ancora convertita in oro tramite gli investimenti in finanza, mentre la moneta elettronica creata dal nulla dalle banche commerciali è invece una semplice banconota virtuale di scarsa qualità e seconda scelta che non ha più la caratteristica di convertibilità, ma a causa della sua continua circolazione influenza i movimenti all’interno del mercato interbancario dell’oro fittizio, la moneta vera, le riserve denominate in moneta legale a corso forzoso create o depositate presso la banca centrale.
Nonostante dal 1971 il regime di convertibilità fra denaro e oro sia stato abolito e si sia passati drasticamente ad un meccanismo monetario di fiat money (creazione di denaro dal nulla e assenza di convertibilità), il sistema bancario nel suo complesso (banche centrali e banche commerciali) continua a lavorare come se nulla fosse accaduto ed esistesse fra l’altro solo in teoria un vincolo di convertibilità alla pari (che in realtà non esiste) fra la moneta circolante nel circuito a vista (la moneta bancaria di scarsa qualità) e la moneta che transita esclusivamente nei mercati interbancari dei capitali senza circolare mai nell’economia reale (l’oro fittizio, la moneta legale emessa dalla banca centrale, il denaro che potenzialmente è più prezioso perché nasconde in modo ingannevole un vincolo di convertibilità con l’oro o con un'altra riserva di ricchezza reale).
Non a caso la banca centrale iscrive sempre al passivo del suo bilancio le nuove emissioni di base monetaria in banconote o riserve, come se in effetti queste ultime fossero un debito di risarcimento verso i possessori di tale moneta o avessero un vincolo di convertibilità con l’oro o con un qualsiasi altro bene di scambio, che in realtà non esiste affatto. A parte l’evidente irregolarità contabile, la banca centrale si comporta insomma come una miniera inesauribile di nuovo oro fittizio, che invece di scavare sotto terra alla ricerca del prezioso metallo clicca semplicemente i tasti di un computer per aumentare la quantità di questo bene puramente virtuale che è presente soltanto nei circuiti interbancari e può essere movimentato esclusivamente fra la banca centrale e le banche commerciali e fra queste ultime e il mercato azionario e obbligazionario. Un bell’affare, soprattutto per chi gestisce la miniera (la banca centrale) e per coloro che possono acquisire a prezzi modici tutte le quantità di oro fittizio di cui hanno bisogno (le banche commerciali).
Questa distorsione e anomalia di funzionamento del sistema bancario, insieme alla falsa impostazione concettuale della teoria della riserva frazionaria, che ancora viene insegnata in ambito accademico, rappresenta uno dei principali motivi per i quali è diventato più che mai urgente riformare e cambiare definitivamente il meccanismo di creazione e circolazione della moneta, in modo da rendere più razionale e meno iniquo tutto il processo ed evitare le derive illogiche che vengono poi enfatizzate nelle ricorrenti crisi finanziarie. Qui non si tratta più soltanto di uno sparuto gruppo di complottisti o signoraggisti che vedono truffe o trame oscure dappertutto, ma di elaborati studi scientifici condotti da emeriti economisti (inspiegabilmente ignorati dalla letteratura ufficiale) che hanno dimostrato nei fatti che il sistema bancario e monetario moderno è irrazionale e falso fin dalle sue fondamenta.
Per citare solo uno degli ultimi economisti di una certa fama che ha denunciato pubblicamente l’irrazionalità e illegalità di condotta dei banchieri, il premio Nobel per l’economia, il francese Maurice Allais disse nel 1988:
“L’attuale creazione di denaro dal nulla operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto.”
E se proprio non vogliamo fidarci delle parole di un economista diffidente e poco allineato con le correnti di pensiero più a buon mercato, possiamo pure ricorrere al giudizio di uno che è assolutamente integrato all’interno del sistema, il governatore inglese della banca centrale Bank of England Mervyn King, che nel 2010 affermò:
“Di tutti i sistemi finanziari che possono essere utilizzati per creare denaro, quello attuale basato sulla riserva frazionaria è il peggiore possibile.”
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