La patente
E' sufficientemente ovvio a tutti che per poter guidare un'auto senza creare situazioni di pericolo occorre la patente, che viene rilasciata dopo avere correttamente risposto a 40 domande ed avere dimostrato di sapere guidare il mezzo di trasporto per cui si chiede l'abilitazione alla guida. Il senso di questa pratica è ridurre il più possibile i danni che una guida scorretta può causare.
Tutto sensato.
Considerando che le vite di pedoni, ciclisti, motociclisti, automobilisti e camionisti dipendono dal rispetto e dall'attenzione che vengono portati per le convenzioni stradali, le difficoltà incontrate nel conseguire la patente sembrano ragionevoli. L'ISTAT ci informa che nel 2010 sono stati registrati in Italia 211.404 incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti è stato pari a 4.090, quello dei feriti ammonta a 302.735. [1]
Pur nella sua gravità il numero è di molto inferiore ai 165.000 decessi del 2008 per tumore e ai 225.000 per problemi cardiaci e rappresenta lo 0,7% dei 581.000 morti per cause non naturali.[2]
Insomma bisogna essere maggiorenni ed avere studiato alcuni mesi per avere la patente di guida, ovvero per diventare responsabili quando si guida. Quando le statistiche aumentano deve necessariamente aumentare anche il grado di responsabilità e quindi i tempo dedicato al conseguimento della relativa patente. Succede così che chi è autorizzato a trattare i tumori che hanno portato nel 2008 a 165.000 decessi debba affrontare studi ben più impegnativi. Diciamo 10 anni dopo la maggiore età.
A chiunque svolga un'attività di responsabilità senza averne preventivamente conseguito l'idoneità viene applicata la pena prevista (guida senza patente o abuso di professione medica nei due casi citati). Le eventuali condanne sono da considerarsi un deterrente per chiunque intenda minare il pubblico benessere tramite azioni inconsulte e non adeguatamente studiate (lasciamo per il momento da parte la doverosa critica nei confronti della malasanità).
Chiaro il meccanismo? Bene, adesso alziamo il tiro e diamo un'occhiata al welfare, ovvero a tutto ciò che riguarda il benessere ed i diritti dei cittadini. Ad esempio costi e modalità dell'istruzione offerta, oppure per tutto ciò che riguarda la sanità. O ancora i diritti dei lavoratori. Quale patente pensate possa essere necessaria a chi è sulla tolda di comando per dirigere la nave dove sono imbarcati così tanti milioni di Italiani? E quale patente ritenete sia necessaria ed adeguata per eleggere questi abilissimi manovratori?
Andiamo per ordine. Lungi da me pensare che una laurea garantisca assoluto (o anche solo sufficiente) rispetto e dedizione verso la Res Publica. Nel mio ultimo articolo ho spiegato come certi analfabeti possano essere esempi di vita da seguire.[3] E' però un fatto storico che l'italico Parlamento sia frequentato da laureati. Negli ultimi anni il livello di istruzione dei nostri parlamentari è sceso di parecchio mentre le relative retribuzioni sono aumentate a dismisura, così come mostrato in figura.[4]
Ora se qualcuno ha a cuore la Res Publica ed è consapevole della crisi in cui versano le famiglie italiane certamente non pensa a riempirsi le tasche varando nel contempo misure di lacrime e sangue. Ed il titolo di studio? Cosa significa passare dal 91% del 1950 al 64% del 2006? Com'è cambiata la figura del parlamentare medio e com'è cambiata l'attività legislativa? Inoltre: cosa e quanto hanno studiato costoro? Dove hanno imparato educazione civica, ad esempio? Che idea hanno della Res Publica, cioè del benessere comune, delle tensioni sociali etc.?
I dati sono sconfortanti. Il massimo del rigore che ci viene imposto in questi tempi di crisi è un “tecnico” formatosi nella più prestigiosa scuola di moderna rapina sociale, ovvero la Goldman-Sachs. Quest'ultima è la più potente banca d’affari americana, che condiziona mercati e governi, e Monti dal 2005 (cioè dall’anno in cui si stava progettando la crisi economica mondiale) è International Advisor per Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del “Goldman Sachs Global Market Institute”.[5]
Ora ditemi voi quale patente ha conseguito Monti per guidare l'Italia, e conseguentemente quanto sono credibili le sue proposte ed azioni di governo. E' un po' come se venisse dato da guidare un bilico o una bisarca ad un ubriaco che con il suo comportamento scellerato ha appena distrutto vite umane, autostrade e automezzi. Il vero problema: quale pattuglia lo immobilizzerà, quale giudice lo condannerà e quale prigione lo rieducherà al senso dello Stato?
Si potrebbe obbiettare: è l'elettorato che deciderà se la politica di sangue, sudore e lacrime voluta da Monti è stata gradita o meno. In base ai giudizi dell'elettorato Monti sarà mandato ad ammuffire nelle cantine della Storia Repubblicana oppure gli sarà concessa l'opportunità di farci versare altro sangue, sudore e lacrime.
Questo non fa che spostare la domanda: chi ha mai dato all'elettorato la patente di voto? Quale corso di educazione civica o di politica economica, ad esempio, hanno fatto gli elettori per riuscire a capire la differenza tra affidare il governo ad un esponente di spicco della più potente banca d'affari americana e affidarlo invece ad un esponente (semmai esistesse) che predica la chiusura dei mercati nazionali alla speculazione finanziaria di Wall Street?
In altre parole: cosa si può pretendere da un popolo a cui è stata invalidata la patente di cittadini ed è stata consegnata la patente di consumatori, ed il cui inconscio collettivo è quotidianamente istruito a creare nuovi bisogni individuali e contemporaneamente dimenticare il senso della collettività? Raccogliendo l'urlo del linguista Tullio De Mauro che denuncia come vi sia un 70% di italiani che non sa interpretare correttamente un testo di media difficoltà [3], quale patente ci possiamo aspettare che i consumatori italiani possano dare ai vertici politici, stante la schiacciante superiorità numerica degli analfabeti di ritorno (ovvero di consumatori contro cittadini)?
Gli Islandesi hanno dovuto scoprire di persona i costi di tutto questo. Potevano evitare di sostenere il trauma del crollo della speculazione finanziaria in casa loro? Sinceramente sono convinto di no. Non sono queste le basi su cui poggia la democrazia, la cui regola principale non è formare un elettorato consapevole e maturo, ma dare la possibilità ad ognuno di eleggere qualcuno che li rappresenti. Chiunque esso sia e qualunque interesse rappresenti.
Il che, come si vede, non è una soluzione alle decisioni calate dall'alto, quanto un incentivo. Aggiungiamoci pure che i media (manovrati dai soliti noti) sono strutturati come generatori di consenso (Chomsky docet) e non come veicoli di informazioni ed il cerchio si chiude.
Non esiste nessun controllo super partes, nessun organismo che, forte della propria formazione sociale, abbia il potere di bloccare gli attuali corsi di qualunquismo e menefreghismo (riprogrammazione dell'inconscio collettivo per fini commerciali) nel nome di quel bene superiore chiamato Res Publica. Né d'altronde mi sento di auspicarlo, data la possibilità reale di significative derive autoritarie: quelle già in atto sono sufficienti, grazie.
Evidentemente la situazione ha raggiunto uno stallo preoccupante, dove le varie componenti sociali sono cristallizzate all'interno di alvei monodirezionali. Si comunica solo verticalmente verso il basso, e la patente è obbligatoria solo per gli strati inferiori. Più si sale nella piramide sociale e meno è richiesta l'abilitazione, meno si rende necessaria la formazione indispensabile al buon funzionamento della Res Publica, aprendo così le porte ad abusi di ogni tipo.
[1]http://www.istat.it/it/archivio/44757
[2]http://www.istat.it/it/archivio/24446
[3]https://www.appelloalpopolo.it/?p=6096
[4]http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002236.html
[5]http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/11/11/goldman-sachs-lato-ombra-draghi-monti/169987/
Effettivamente è un ruolo pubblico per cui non ci vuole un'abilitazione, al contrario della carriera di avvocato o di notaio.
Però il problema di fondo è che si vota, ma poi succede quel che succede e la progressiva perdita di fiducia nei nostri rappresentanti ha portato ad una certa indifferenza. Tanto va tutto male lo stesso. E se poi per miracolo c'è qualche politico migliore ci penseranno i suoi colleghi ad affondarlo.
Ma cosa si dovrebbe fare?
In ogni organismo esiste un meccanismo (retroazione o feedback) che ricorda all'organismo stesso i limiti entro cui deve operare. Nell'attuale cerchio non virtuoso (Vertici -Macchina del Consenso (media) – Base – Vertici) manca qualsiasi retroazione proprio a causa dell'azione inibitoria dei media, che hanno svuotato il senso critico e trasformato i cittadini in consumatori.
Sarebbe quindi necessario, per ripristinare quel meccanismo, togliere potere alla pubblicità, ai creativi, alle indagini, al marketing. Invece stiamo passando dalle banconote alle carte di credito, ed uno dei motivi di tutto questo è il marketing: le multinazionali possono sapere l'andamento delle nostre scelte e influenzarle.
Questo per rispondere alla tua domanda.
Quindi la tua idea sarebbe quella di una democrazia in cui il politico non è (per legge?) affiancato da uno che ne cura l'immagine pubblica e non ha la possibilità di comunicare attraverso i media?
In un caso estremo quindi io avrei solo la possibilità di andare a sentire i suoi comizi elettorali per sapere cosa ha da proporre, comizi che per loro natura sono privi di contraddittorio e in cui di solito si raccontano solo aspetti banali e comprensibili per le persone che mediamente hanno un livello basso?
In una versione meno estrema ci sarebbero soltanto dei confronti tra tutti i contendenti su un media a grande diffusione (quindi TV) come vorrebbe la par condicio. Ma già per le politiche sarebbe difficilmente realizzabile visto il numero di persone che dovrebbe parlare, figurarsi per le amministrative.
Non so, forse ho capito male, ma risolvere il problema ponendo dei limiti legali alla diffusione mediatica di un politico mi sembra difficilmente attuabile dal punto di vista pratico.
Evidentemente mi sono spiegato male: l'immagine pubblica che un politico vuole offrire di sè è troppo spesso lontana anni luce da ciò che realmente è e fa. Il compito della pubblicità è rendere plausibile tutto, indipendentemente dagli intrinseci valori.
Un pubblico abituato a scegliere in base all'immagine è disabituato a sceglierne i relativi contenuti e si accontenta dell'aspetto formale dimenticando la sostanza.
Questa regola è vera in qualsiasi campo, dall'alimentare al politico.
Gli specialisti di settore studiano i gusti dei cittadini diventati consumatori, e adeguano le loro campagne in base agli studi di settore. Se serve un effetto flou per rendere più credibile la comunicazione, usano un filtro soft focus. In tal modo l'aspetto estetico modifica la percezione, rendendo più "appetibile" il messaggio, qualsiasi esso sia. La comunicazione e la mimica sono studiati in dettaglio. Una volta adeguato il contenitore agli standard richiesti, cosa resta del contenuto, ovvero del messaggio?
Da questa storia non se ne esce vivi, perchè questa è l'essenza stessa del Mercato e quindi del capitalismo: vendere di più modificando la percezione di bisogno.
Si potrebbe quindi ritornare a discutere di contenuti VERI se non ci fossero di mezzo generatori di consenso, inquinanti percettivi e manipolatori di bisogni.
La par condicio è uno specchietto per allodole, vista la situazione attuale. Finchè la democrazia sarà vista come il bene assoluto, ad esempio, ci saranno sempre delle ottime ragioni per esportarla a suon di bombe. Ed il politico che supporta l'operazione (sia il D'Alema del Kossovo o La Russa della Libia) viene visto dai consumatori-elettori come un benefattore, un portatore di luce nei posti tenebrosi del mondo. Se così non fosse sarebbe nella discarica della Storia.
Contenuto contro contenitore, ovvero il ruolo mistificatore dell'informazione mediatica e di chi la manovra.
Come vedi non occorrono patenti di onestà nè attestati di specchiata moralità. Serve solo tanto pelo sullo stomaco.
C'è un film che parla di questi ambienti torbidi dove l'unica morale è essere fedeli al potente: the good shepherd-l'ombra del potere.
Non sono d'accordo, i laureati sono una elite e farebbero necessariamente gli interessi della loro elite, il parlamento perfetto per me dovrebbe essere come una giuria popolare, composto di cittadini comuni,
@Edoardo
c'è qualcosa che va ben olte il titolo di studio e che riguarda il tempo in cui si vive. Nel primo dopoguerra tutti gli italiani, indipendentemente dal titolo di studio e della formazione politica, si sono sentiti in dovere di ricostruire la nazione. Per tutti gli italiani, non per una minoranza o per un gruppo sociale. Lavoro, casa e quella serenità che la guerra aveva lacerato era una priorità per chiunque.
I parlamentari italiani all'epoca della stesura della Costituzione e delle prime leggi dello Stato Repubblicano, pur essendo nella quasi totalità laureati, non fecero operazioni di lobby, non privilegiarono delle componenti sociali a scapito di altre se non marginalmente. La ricostruzione dell'Italia era un compito condiviso e ben maggiore delle successive attività lobbistiche cui si dedicarono con passione nei tempi successivi. L'autostrada del Sole, ad esempio, fu costruita in tempi record che nulla hanno a che vedere con i cantieri attuali della Salerno-Reggio Calabria.
Il passaggio da un capitalismo in espansione che sta facendo nascere la classe media ed un capitalismo in decadenza che sta facendo di tutto (anche uccidere la classe media) per continuare a garantire gli scandalosi privilegi delle elites è la chiave di lettura dei tempi attuali. E la sai la novità? Neanche i professori di oggi sono esenti da pagare dazio. Anche loro, ad esempio, sono soggetti al costante calo del potere d'acquisto al punto che anche loro devono fare un mutuo per poter comprare casa, e questo perchè le linee di sviluppo attuali stanno penalizzando l'istruzione e drogando il comparto immobiliare per continuare a garantire ai vari Caltagirone i soliti immensi guadagni che dal dopoguerra hanno caratterizzato il passaggio dal paesaggio agricolo a quello industriale.
La composizione delle Camere dice chiaramente che ormai anche quello strato sociale ha perso l'originale funzione davanti all'incedere sgambettante e sgomitante della moderna classe imprenditrice.
E comunque ti do ragione: molto meglio un parlamento di analfabeti saggi come certi nonni che un'accozzaglia di Ghedini che pensano solo ad aumentarsi gli stipendi senza offrire nessun servizio degno di questo nome alla collettività.
Penso che l'argomento "titolo di studio" sia in sostanza privo di importanza. Uno può essere laureato o analfabeta, ma se poi pensa solo al proprio tornaconto uno vale l'altro. Inoltre la massa odierna di laureati disoccupati la dice lunga sul fatto che le elite non si formano certo in base al titolo di studio. Per il discorso riguardo la gestione commerciale della politica sono chiaramente d'accordo, però mi interessava di più provare a valutare quali potrebbero essere delle vue d'uscita. Aspettare che la classe politica si moralizzi mi sembra di capire che sia tempo perso. Allo stesso modo mi sembra che non si sia neanche raggiunto il punto di inversione della tendenza a calare della capacità del cittadino comune di valutare chi va a votare. Se ambo le parti stanno facendo una corsa al ribasso mi chiedo cosa mai si possa sperare per il futuro? Un cataclisma biblico che rimetta in moto la necessità di collaborare con i propri connazionali?