di DIEGO MUNEGHINA (RI Pisa)
Il lavoro è un diritto, come afferma la nostra Costituzione, ma per l’attuale classe dominante liberista la visione è tutt’altra. A dimostrazione una recente intervista a Tito Boeri, Bocconiano ed economista di area PD. Boeri esplicita
in una intervista i criteri per “creare lavoro”. Ecco l’elenco delle proposte:
1. Incrementare la negoziazione decentrata
2. Migliorare l’attività dei centri per l’impiego
3. Ripristinare e riattivare il Job’s Act
Incrementare la negoziazione decentrata
La prima soluzione sarebbe quella di incrementare la contrattazione a livello aziendale dando meno forza ed importanza ai Contratti Collettivi. Secondo Boeri, in questo modo gli imprenditori potrebbero scegliere i lavoratori migliori, più adatti alle loro esigenze e richieste, incentivarli adeguatamente e quindi ottenere risultati migliori in termini di produttività. Ovviamente si tratta di una bugia ben paludata, di una tragica mistificazione sulle parole a danno dei lavoratori. Il trasferimento della contrattazione dal livello nazionale a quello locale avrebbe come unica conseguenza un drammatico indebolimento della forza negoziale dei lavoratori; il passaggio dal livello nazionale a quello aziendale avrebbe come conseguenza una trattativa individuale in cui la sproporzione delle forze in campo comporterebbe, specie per i lavoratori meno preparati, un peggioramento delle condizioni e ad una perdita di diritti acquisiti. Detto in termini più rudi: si tratterebbe di una negoziazione molto più facilmente soggetta ai ricatti dei datori di lavoro.
Migliorare l’attività dei centri per l’impiego
La seconda soluzione sarebbe quella di migliorare e modificare l’attività dei “centri per l’impiego” per migliorare l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Si rinnova la proposta di slegare i lavoratori dall’impresa in difficoltà e di utilizzare quelle che vengono definite “politiche attive del lavoro”, ossia di riqualificazione professionale. Come sempre il lavoratore viene unicamente configurato come una “merce da modellare” in funzione di un mercato del lavoro virtuoso in cui esistono imprese all’avanguardia che hanno fame di lavoratori qualificati.
Non un cenno alle politiche seguite dalla classe imprenditoriale italiana negli ultimi anni che hanno visto una cronica carenza di investimenti e il mancato ingresso nei settori a più elevato valore aggiunto. Non un cenno critico contro la stessa classe imprenditoriale che in questi anni come unico argine alla concorrenza della globalizzazione ha scelto unicamente l’attacco ai salari ed ai diritti acquisiti dai lavoratori. Non una parola sulle infinte delocalizzazioni. Infine, nessun cenno sul fatto che la disoccupazione a due cifre è anzitutto il frutto dell’applicazione delle politiche imposte dalla UE: concorrenza senza limiti, libera circolazione di merci e capitali.
Ripristinare e riattivare il Job’s Act
Ancora, Boeri riesce anche a riesumare il Jobs Act come perfetto strumento per trasformare i contratti da tempo indeterminato in contratti a tempo determinato. Questo passaggio, secondo Boeri, sarebbe favorito dallo sblocco dei licenziamenti, tema sul quale il Governo sta perdendo tempo prezioso. In altre parole, si afferma che per creare lavoro occorre licenziare! Tutto questo dimenticando completamente che la libertà di licenziamento è stata l’unica riforma del mercato del Lavoro negli ultimi anni: dalla legge Fornero, al Jobs Act, alla cancellazione dell’articolo 18.
Conclusioni
Le conclusioni sono davvero sconfortanti. Secondo il pensiero liberista, la ricetta contro la disoccupazione è sempre la medesima: calunniare i lavoratori accusandoli di scarsa formazione, cercare di eliminare i contratti collettivi incrementando il potere ricattatorio delle imprese, cercare maggiore libertà di licenziamento nella falsa affermazione che il mercato assorbirà i lavoratori più preparati e disposti a forme contrattuali più flessibili (meno salari e meno diritti). Boeri dimentica che in Italia è in atto un processo trentennale di progressiva flessibilizzazione del mercato del lavoro: dal pacchetto Treu del 1997, al Jobs Act, il mercato del lavoro è stato reso sempre più rispondente alle logiche di mercato e la contrattazione collettiva depotenziata. Ma tutto questo non ha prodotto alcuna soluzione al problema della disoccupazione, che semmai si è ancora aggravato. Il problema vero è allora un altro, ovvero la cronica carenza di domanda di lavoro capace di assorbire i disoccupati: in altri termini, specialmente in questo periodo caratterizzato da una frenata generale dell’economia, non vi sono imprese in cerca di lavoratori.
La crisi economica forse terminerà, quella pandemica anche. Non passerà invece la moda degli accademici lacchè del potere liberista di servire il potere dominante. Occorrerà sconfiggere anche loro; anche questo il compito che Riconquistare l’Italia intende svolgere.
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