Mao Beach
Il fiume in quel tratto faceva una placida ansa, ed un terrapieno erboso collegava l'argine alla stradina che proseguiva tra i campi in prossimità della città dove abitavo. La stradina (ci passa ancora oggi solo una macchina a causa della carreggiata molto stretta) che partiva dalla periferia attraversando quartieri e sobborghi verso nord-ovest, ad un certo punto costeggiava la piscina municipale che, a quei tempi, viveva di una doppia vita: le piscine olimpioniche all'aperto con le gradinate di cemento e subito a ridosso l'argine del fiume con il trampolino e le sedie a sdraio per chi preferiva la soffice erba al cemento.
Noi ragazzi pedalavamo guardando curiosi i bagnanti che pagavano per starsene in riva al fiume.
Tra poco ci saremmo stesi anche noi a prendere il sole, ma gratis. Mica volevamo buttare al vento quei pochi spiccioli che avevamo. Ci si sarebbe potuto comprate un bel frappè ghiacciato ed un panino, piuttosto. Avendoli avuti quei soldi, intendo.
Nel portapacchi della bici oppure nella borsa appoggiata sopra al manubrio c'era il necessario per la giornata: asciugamano, costume, pallone, canna da pesca e pane per la fame nostra e per i pesci. Passavamo accanto a quel trampolino con un sentimento che non si può chiamare invidia, anche se ci andava vicino. Eravamo consapevoli che chi si poteva permettere di entrare nello stabilimento aveva sicuramente soldi anche per la bibita ed il panino, che acquistava al bar vicino alla cassa. E poi c'erano le ragazze.
Obtorto collo, dicevano i latini. Noi, dall'alto della stradina, guardavamo tutto questo mentre pedalavamo. Lo sguardo fisso lì sulla sinistra, cercando di carpire il segreto che divideva loro (con la bibita in mano e la ragazza accanto) che potevano scegliere tra trampolino sul fiume e vasca olimpionica, da noi che pedalavamo mentre li guardavamo, obtorto collo, appunto.
Senza troppe fatiche la bici, alla fine, ci portava a Mao Beach, il bel pezzo di prato cui accennavo sopra. Non so chi, ma qualcuno lo teneva anche bene quel prato. Forse un contadino lì vicino che ne faceva foraggio per gli animali. Fatto sta che, con le dovute attenzioni per le ortiche ed i rovi, il posto si presentava sempre gradevole ed accogliente. Si lasciavano le bici sul bordo della stradina e si scendeva, pronti a farsi un tuffo, a giocare a carte o a pallone, a raccontarsi storie e a pescare.
Nessuno mi ha mai spiegato il motivo di quel nome. Forse perchè era frequentato da fricchettoni, comunisti, capelloni e drogati. Non pensate però che girasse eroina o roba pesante. Al massimo, suppongo, girava hashish. Dico suppongo perchè non ho mai avuto alcuna familiarità con le droghe, pur avendo avuto molta familiarità con i fricchettoni. Li vedevo, li osservavo, ci parlavo, ci stavo pure bene assieme, nei limiti.
Ma forse Mao era il soprannome di qualcuno, cosa assolutamente possibile. Lo scopritore di quel piccolo angolo di paradiso.
Sia come sia, visto che la giornata poteva essere lunga, qualcosa per distrarci ce la dovevamo pure portare via. La canna da pesca, senza ombra di dubbio. Che non ha mai testimoniato a mio favore, devo ammettere. Come ho sempre guardato i fricchettoni (fin che ce n'erano) con autentica curiosità, così ho osservato i pescatori, misteriosi maghi che riescono a circuire mirabilmente le loro prede con il chiaro intento di metterle in padella. Purtroppo io, di tutta quella storia della bava , del piombino e del sughero non ci ho mai capito niente. Fatto sta che ci ho sempre provato, se non altro per emulazione. O forse per sfidare la sfiga di vedere gli altri prendere pesci ed io no. Non so, fate voi.
Insomma una parte della scampagnata era dedicata alle scardole, per quanto mi riguarda. Cioè quell'unico pesce che si lasciava addirittura prendere al mio amo.
“ Dato che abbocca voracemente a qualsiasi esca animale le venga presentata è un pesce apprezzato soprattutto da bambini alle prime armi. Le sue carni sono insipide e liscosissime, pertanto il suo interesse commerciale è totalmente nullo”.[1]
Fanculo anche wiki.
Occorre davvero infierire? E poi non è vero che le “scardoe” fossero una schifezza da mangiare. Fritte non erano poi così male. Non sempre wiki ha ragione, sapete?
Vicino a Mao Beach c'era il ponte ferrato, dove passavano i treni diretti al sud. Ci passava solo la ferrovia per quel ponte. Mettevamo le dieci lire di alluminio sui binari, aspettavamo che passasse il treno ed eccole lì, le dieci lire spiattellate e ovali. Non mi ricordo più cose ce ne facevamo di quelle dieci lire deformate.
Il ponte ferrato, oltre a offrire il divertimento delle dieci lire, dava la possibilità di free climbing e jumping. Sì, lo sto dicendo in termini molto trendy e fashion, ma la lochescion (!) si prestava magnificamente a scalate fino alla cima dell'alto ponte e relativi tuffi nel fiume sottostante. Non sperate che io l'abbia mai fatto. Mi bastava lanciarmi dal secondo piano del muro diroccato del quartiere.[2] L'altezza decisamente maggiore e l'idea di andare a finire qualche metro sotto acqua non mi attiravano per nulla. Così mi godevo le acrobazie degli altri, autentici campioni.
In quegli anni non c'erano piscinette cinesi di plastica a rinfrescare le torride giornate estive degli adolescenti. La globalizzazione doveva ancora deviare le abitudini dei cittadini, e l'industria con i suoi rifiuti tossici non aveva ancora preso pieno possesso del territorio, trasformandolo in una discarica a cielo aperto. Non esisteva ancora la “soluzione personalizzata” così cara ai promotori finanziari e le risorse erano abbondantemente a disposizione della comunità. Le acque dei fiumi, insomma, erano balneabili e questo favoriva la socializzazione. Oggi, al massimo, chi ha un angolo di terrazzo o di verde si compra la piscina gonfiabile made in China. I fiumi non sono più balneabili, la piscina municipale ha da molto tempo ritirato il trampolino e al suo posto ha fatto affiggere un cartello con scritto “Divieto di balneazione”, cartello che sempre più spesso affolla anche le italiche spiagge.
Chissà poi che fine hanno fatto le scardole, ingenue e spinose che fossero. Chi si fiderebbe mai oggi di friggere pesci nati e cresciuti nel liquame industrial-modernista?
La “soluzione personalizzata” tipica dei tempi postmoderni è in realtà una soluzione di ripiego nata dalla truffa della globalizzazione. Mancando quelle risorse cui ognuno poteva accedere e non volendoci informare sulla drammatica riduzione delle nostre libertà (di balneazione ma non solo, purtroppo), le elites si prodigano ad informarci che esiste una serie di opzioni altamente qualificate. Si parte dalla piscinetta gonfiabile per arrivare a costose vacanze in posti incontaminati.
Posti che una volta erano presenti nella nostra vita reale e non solo nei convincenti depliant delle agenzie di viaggio, e che le stesse elites hanno provveduto ad allontanare definitivamente per far posto alle loro indecenti speculazioni. A noi, però, quei posti bastavano.
Ma noi non abbiamo mai avuto diritto di decidere nulla.
Al massimo abbiamo potuto votare per loro.
[1]http://it.wikipedia.org/wiki/Scardinius_erythrophthalmus
[2]https://www.appelloalpopolo.it/?p=4745
Una delle tante libertà che andrebbero riconquistate. Una delle prime. Bagnarsi nei fuomi che scorrono sulla nostra terra. Però, Tonguessy, non sono convinto che la maggioranza la pensi così. Che fare?
Non ho la risposta su come convincere le persone che sia importante riconquistare la libertà di fare il bagno nei fiumi (io ho passato l'infanzia a nuotare e pescare al lago di Castel Gandolfo, ma sono quasi sicuro sia ancora balneabile anche se tenuto male)…però qualche idea su come rendere di nuovo balneabili i fiumi ce l'ho. E riconquistare la sovranità politica ed economica ne è prerequisito fondamentale! Infatti servirebbero un bel po' di soldi, soldi che lo stato deve poter essere libero di spendere! Sarebbe necessario ridare nuovo impulso alla ricerca scientifica, in questo caso quella chimica, perchè i fiumi non si purificano da soli se non in tempi lunghissimi e molti composti rimangono semplicemente lì vita natural durante. Sarebbe necessario obbligare le nostre industrie a utilizzare tutti gli accorgimenti tecnologici disponibili per ridurre o azzerare tutte le loro emissioni inquinanti e questo lo fai solo se puoi attivare politiche protezionistiche perchè altrimenti come puoi "competere" con le aziende che delocalizzano in Cina dove le norme sull'inquinamento sono eufemisticamente più blande delle nostre e dove basta un tè e un biscotto e far svegliare 8000 operai in piena notte e metterli a lavorare: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=305&ID_articolo=148&ID_sezione=693
Servirebbero una marea di persone (tecnici, ingegneri, amministrativi, operai) per rimettere in sesto il territorio di questo nostro martoriato paese. Una volta Bertolaso, in un raro momento di sincerità tra un massaggio e un altro, disse che per mettere semplicemente in sicurezza tutti i territori italiani a rischio idrologico servirebbero 30 miliardi di euro.
Ma vi immaginate quale sforzo enorme e bellissimo sarebbe necessario per potersi di nuovo tuffare a "bomba" nei nostri fiumi? Vi immaginate un servizio civile obbligatorio (magari affiancato al ripristino di quello militare…) dove ogni giovane cittadino italiano al termine dei suoi studi dedica 10/12 mesi della sua vita al servizio del territorio?
Quindi caro Stefano e caro Tonguessy, non so come far capire alle persone che il tuffo a bomba in un fiume, con la rincorsa a piedi nudi su un prato, è un evento mille volte più formativo di una puntata dei Pokemon o dei Gormiti, ma so quanto sarebbe bello, entusiasmante e pieno di "vita" lo sforzo che sarebbe necessario per poter dare ai nostri figli questa possibilità.
Massimiliano Sist
P.S. non c'entra molto o forse si, ma guardate cosa diceva solo alcuni mesi fa questo quaquaraquà: http://www.youtube.com/watch?v=XvNcKICZoEE&feature=player_embedded#t=10m48s e poi hanno votato il pareggio di bilancio in costituzione senza fare un fiato. Ecco uno di quelli che c'ha tolto la possibilità di tuffarci nei nostri fiumi.
Non possiamo conoscere le scelte dei cittadini quando questi hanno saputo ri-conoscere solo le scelte operate dalle elites. In mancanza di vero contraddittorio l'unica scelta possibile è quella obbligata. A tanto siamo arrivati.
Prima di decidere cosa stiano scegliendo, occorre offrire loro delle possibilità. Se ne riparlerà quindi quando i fiumi ritorneranno balneabili, ovvero quando le industrie saranno costrette ad adottare misure molto restrittive. Cioè quando lo Stato sarà in grado di anteporre gli interessi della collettività a quelli delle elites.
Ho sessant’anni e a quattordici ho imparato a nuotare in Po.
Chi ha dieci anni in più racconta che beveva l’acqua del Po che filtrava fra la ghiaia delle rive e degli isolotti sui quali si svolgevano i pic nic estivi.
La giovinezza l’ho, più o meno, vissuta come nel racconto con in più molto, e benemerito, oratorio salesiano.
Confesso che il bell’affresco di Tonguessy un po’ di nostalgia me l’ha risvegliata, anche per gli stricci ( lasche ) che a differenza delle scardole sono praticamente privi di spine e fritti ed in carpione sono buonissimi.
Come può la maggioranza capire quanto si sta perdendo, e desiderare di riprenderselo, se nasce e vive in un mondo virtuale e distopico? E’ come la bestia che nasce nella gabbia dello zoo e senza neppure averne il forte istinto animale che nell’uomo si è diluito.
Morale e a mio avviso : ci vuole qualcuno esterno che apra la gabbia, anche contro il volere della maggioranza, e mostri ai rinchiusi quanto fuori sia migliore la vita.
Sì, è un discorso elitario……