La rottura del patto sociale
di DAVIDE PARASCANDOLO (RI L’Aquila)
Viviamo in un frangente storico nel quale sempre più spesso piani logici che dovrebbero rimanere distinti vengono confusi e sovrapposti. In merito all’introduzione delle ulteriori limitazioni di cui il green pass è ormai diventato simbolo, un discorso è riconoscere le potenziali conseguenze che il Covid può ancora provocare a prescindere da esso, altra cosa è appoggiare lo smantellamento di diritti fondamentali – siamo qui sul piano dell’etica e del diritto – che l’istituzione del green pass rischia di avallare con il plauso festante anche di coloro a cui verranno progressivamente tolti.
Chiunque sia dotato di un minimo di raziocinio non dovrebbe avere difficoltà nel riconoscere un paradosso di per sé evidente: se, come è ormai pacificamente ammesso, il vaccino non protegge dal poter contrarre e diffondere il virus, come si può sostenere l’utilità del green pass nella lotta per il contenimento del contagio? E, una volta riconosciuta questa evidenza, ci si dovrebbe interrogare sulle basi giustificative che stanno portando alla contrazione di diritti costituzionalmente ineludibili – benché anch’essi vengano ormai tranquillamente elusi. Se poi anche “autorevoli” esponenti del mainstream sono usciti allo scoperto da tempo, ratificando la valenza meramente coercitiva della tessera verde, com’è possibile accettare tali provvedimenti? Pertanto, una volta caduto il dogma dell’utilità sanitaria del green pass, dovrebbe essere palese che si è di fronte a una gigantesca operazione di coercizione politica. Se per ulteriori futuri fini, non è dato per ora sapere.
Siamo però a un punto di svolta. Il sistema ci ha fatti sentire finora tutelati, seppur con tutte le ingiustizie che la società ha sempre riservato. Tuttavia, discriminazioni, soprusi e oppressioni di varia natura, come quelle che alcuni di noi – ma non molti a quanto pare – hanno imparato a stigmatizzare leggendo i libri di storia, ci sono sempre sembrati definitivamente rimossi dal nostro orizzonte di vita. Insomma, impossibile pensare a un ritorno dei vecchi schemi totalitari in base ai quali l’individuo costituiva un mero ingranaggio sacrificabile a piacimento in funzione del potere politico e della sua autoconservazione.
Di individualismo e di precetti atti a proteggere la dignità e la libertà dell’individuo sono infarciti le carte costituzionali, i trattati internazionali, le varie dichiarazioni dei diritti redatte nel corso del XX secolo. Eppure, la sensazione che serpeggia è che questa epoca stia volgendo al termine. Quei precetti, che hanno per lungo tempo custodito le nostre libertà facendoci sentire in qualche modo al sicuro, vengono oggi tranquillamente aggirati, vilipesi, disapplicati, rischiando di diventare improvvisamente obsoleti, meri reperti di antiquariato.
L’emergenza sanitaria che sta sconvolgendo gli assetti sociali, economici e politici da ormai quasi due anni rischia infatti di essere il grimaldello perfetto teso a travolgere quella solida impalcatura giuridica che costituiva un freno contro derive autoritarie, o peggio totalitarie.
Il quadro sta infatti rapidamente degenerando: quando il potere politico introduce palesi discriminazioni in seno alla cittadinanza in spregio alle più elementari nozioni di uguaglianza; quando esponenti della cosiddetta intellighenzia incitano all’emarginazione di cittadini la cui condotta resta, fino a prova contraria, nell’alveo della legalità; quando minacce, pressioni e ricatti diventano il pane quotidiano; quando si viene spogliati del lavoro e del sostentamento semplicemente perché si esercita una libera nonché lecita scelta di autodeterminazione; quando dei giuristi (o presunti tali) escogitano soluzioni atte a scippare diritti, dignità e protezione a quegli stessi cittadini; quando persino il garante della nostra Costituzione ne nega apertamente l’essenza disprezzando chi invoca libertà e uguaglianza; ecco, quando tutto questo accade, allora il patto costituzionale è rotto. Ed è rotto anche il patto sociale.
Tutto ciò deve far prendere atto di un cambiamento molto pericoloso che si sta ingenerando nella natura del potere istituzionale. Ma i più non se ne curano, rischiando di avallarne in questo modo qualsiasi potenziale deriva.
Dunque, a essere in pericolo non sono solo la libertà e l’uguaglianza formali, ma soprattutto sostanziali. E qui occorre prestare attenzione, perché chi attenta alla libertà altrui, al suo diritto di autodeterminazione, deve mettere in conto la possibilità che le sue azioni possano generare reazioni altrettanto radicali. Non si può pretendere di esercitare violenza contro qualcuno senza attendersi che questi reagisca in propria difesa. Si tratta di un limite invalicabile, superato il quale si alza inevitabilmente il livello dello scontro, con conseguenze imprevedibili. E forse quel limite è già stato superato.
Lo stato italiano nn c’è più…. occorre rivedere con meno persone un nuovo gruppo coeso e responsabile.
Trovo inutile continuare a parlare di uno stato inesistente.