E alla fine Mario Draghi ha deciso di utilizzare il “Bazooka”. L’annuncio di giovedì 22 gennaio resterà nella storia, scrive Jacques Sapir nel suo blog, dato che la Banca Centrale Europea si è convertita a quello che in economia viene definito Quantitative Easing.
Durante la conferenza stampa, scrive Sapir, Draghi ha annunciato una serie di misure sintetizzabili in questo modo:
La Bce ha deciso di lanciare un programma d’acquisto esteso sui titoli, che assomiglia ma supera per quantità i programmi lanciati in passato (TLTRO). Questo programma, che entrerà in vigore nel mese di marzo e durerà fino a giugno 2016, consiste in acquisti di titoli obbligatori privati e pubblici sul mercato secondario per un volume di 60 miliardi d’euro al mese.
Questo programma è stato deciso per il crollo dei prezzi ed i rischi di deflazione persistente nella zona euro.
Sarà messo in pratica sotto la regola della proporzionalità al contributo di ogni governo al sistema dela Bce. La Bce coordinerà gli acquisti dei titoli che saranno effettuati, nei limiti indicati dalla Banca centrale nazionali. I rischi saranno coperti del 20% dalla Bce nel quadro di un principio di solidarietà su scala della zona euro e per il resto si rifarà alla Banca centrale.
I titoli acquistati potranno avere una maturità fino ai trent’anni. Questo programma non deve incitare al lassismo fiscale gli stati.
Queste misure erano attese dagli operatori dei mercati finanziari, ma l’ampiezza del programma ha impressionato anche loro: il livello di questo “bazooka” è, infatti, di 1140 miliardi. L’euro ha già avuto una nuova spinta al ribasso rispetto al dollaro. Ma altri dettagli, scrive l’economista francese, sono ancora da approfondire, in particolare la regola di proporzionalità per gli acquisti dei debiti (che implica che i tre maggiori beneficiari saranno Germania, Francia ed Italia), ma anche la regola di solidarietà che è limitata al 20% degli acquisti.
La domanda da porsi per Jacques Sapir è se qusta misura di Mario Draghi è un segno di disperazione. E per rispondere è necessario fare un breve sunto degli ultimi avvenimenti.
Mario Draghi aveva a più riprese minacciato queste misure emergenziali dal settembre del 2012. L’obiettivo allora era quella di scoraggiare speculatori e tutti coloro che volevano anticipare la dissoluzione della zona euro. Dopo un anno da quelle parole, la credibilità di Mario Draghi su possibili misure di QE si era perlopiù dissolta. Così l’ultima misura del settembre del 2014, la TLTRO, si è rivelato un misero fallimento. Questa perdita di credibilità è un segnale importante della crisi in atto nella zona euro.
I meccanismi che potrebbero permettere a queste misure di QE di rilanciare l’inflazione attraverso l’economia reale non sono chiare: del resto, l’Europa non è gli Usa e anche in quest’ultimo gli effetti del QE1, QE2 e QE3 sono stati abbastanza marginali. Il ruolo del credito nel consumo e nell’investimeto, spiega Sapir, è nettamente meno importante in Europa che negli Usa. Se l’annuncio di questa misura monetaria darà un certo colpo ai mercati dei titoli (in particolare quelli azionari) e aiuterà le banche e altre società finanziarie, la detenzione di questi titoli nei portafogli degli imprenditori è limitata: non ci sarà quindi l’effetto reale di ricchezza che potrebbe rilanciare i consumi.
Se il deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro è positivo, bisogna anche ricordare che i paesi della zona euro, ad eccezione della Francia, hanno il loro commercio internazionale all’interno della zona euro per il 60-70% del totale. Il deprezzamento dell’euro non avrà quindi effetti comparabili a quelli di una dissoluzione dell’area valutaria per i paesi dell’Europa del sud rispetto alla Germania.
Vi è, prosegue Sapir, una contraddizione tra la dichiarazione fatta da Mario Draghi sulla necessità di mantenere delle politiche fiscali stringenti e questo QE: di fronte ad un rischio di deflazione, è attraverso il deficit spending e non la politica monetaria che si combatte recessione e deflazione. Il problema principale dell’Europa è la caduta dei salari nel valore aggiunto e il QE serve a poco.
Si rileva dunque che per spettacolare che sia questo annuncio non avrà nesusno (o marginale) effetto sull’economia reale, ma è una risposta ad una domanda che non era stata mai posta dall’inizio della crisi dell’euro. Una politica monetaria espansiva di questo titpo è coerente solo in una fase di crisi di liquidità, come nel settembre del 2008. Ma non è il caso di oggi. E allora c’è un punto che merita di essere analizzato, prosegue Sapir. La decisione di limitare il meccanismo di solidarietà solo al 20% degli acquisti significa che per l’80% degli acquisti dei titoli il rischio resta alla singola Banca centrale nazionale. Il principio di mutualizzazione è alla base del funzionamento della zona euro e quindi, afferma l’economista francese, dobbiamo riconoscere che siamo tornati alla situazione del 1999, vale a dire alla fase di preparazione della zona euro.
C’era stato dal 2010, un movimento importante di rinazionalizzazione dei debiti (lo si può vedere nel TARGET-2), che significa la fine dei mercati unici del debito della zona euro. Ormai, sappiamo che questa mutualizzazione non si applicherà che al 20% degli acquisti dei titoli per il futuro della zona euro. Quindi, la Banca centrale italiana avrà il rischio dell’80% per l’Italia, quella greca per la Grecia.
Infine, si può notare come Mario Draghi sia stato molto attento dall’annunciare l’applicazione immediata del suo programma. E la ragione è semplice: la Corte di giustizia europea si deve pronunciare in materia. Il suo avvocato generale ha già precisato del resto come il programma d’acquisto della Bce (OMT) deve rispettare il principio di proporzionalità e non deve interferire con la creazione di un prezzo di mercato per i titoli di questo programma.
Una possibile interpretazione delle misure di Mario Draghi è che che sono scelte disperate di una parte della Bce che, per la gravità della crisi, cerca a tutti i costi di trovare una soluzione, che non può non esssere provvisoria.Con le sue misure, Draghi ha aperto le porte ad una nuova nazionalizzazione della politica all’interno dei paesi membri della zona euro e diventerà sempre più difficile per i politici della zona euro fare finta di vivere in un sistema federale, dato che le politiche monetarie sono tornate ad essere nazionali. Per questa ragione, e solo per questa ragione, conviene accogliere le misure di Draghi con una certa soddisfazione.
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