Smentita la previsione del picco del petrolio: decrescisti e alternativi ambientalisti devono riflettere
di Stefano D’Andrea
Un articolo di George Monbiot, pubblicato sul Guardian, tradotto da Comedonchisciotte e allegato sotto queste note, ammette che la previsione del picco del petrolio si è rivelata completamente errata. L’articolo è importante perché l’autore era un sostenitore della teoria del picco del petrolio e, soprattutto, sperava o “credeva” che essa fosse vera.
In questi anni di frequentazione delle catacombe di internet ho sempre pensato che coloro che in uno o altro modo contestano lo stato di cose presenti muovendo dalla teoria del picco del petrolio o da teorie simili, siano estremamente ingenui. E ciò per due ragioni.
Da un lato, essi fondano una critica politica su una credenza "religiosa" relativa alla esistenza di una (ipotizzata, voluta e creduta) legge scientifica. Dall’altro essi muovono dalla ipotesi falsa che esista un'umanità che può trovarsi dinanzi un problema e non, invece, dalla ipotesi vera e confermata dalla storia che esistono diversi popoli che, in situazione di scarsità di una risorsa, naturalmente competono, come in passato sono stati in competizione, e come eventualmente in futuro competeranno, eventualmente cooperando tra amici, per sconfiggere i nemici. In particolare a sinistra, c’è una grande difficoltà ad accettare punti di vista realistici: che gli stati competono – affermazione diversa da quella che li vuole tutti in lotta per la sopraffazione e la conquista; che la UE non conduca all’Europa unita; che il tentativo di realizzare un’Europa politicamente unita implica grandi rischi di una guerra di secessione; che l’umanità come soggetto politico collettivo non esista e mai esisterà; che è assurdo pensare che un popolo debba effettuare una decisiva scelta politica sulla base dell’opinione “scientifica” di uno scienziato naturale o di un economista – il fenomeno, invero, talora accade ma l’esperienza dimostra che almeno nel 50% dei casi le scelte orientate da “tecnici” si rivelano del tutto sbagliate.
Come nota introduttiva all’articolo di George Monbiot, mi limito a riportare due brani tratti da due miei articoli che avevano sfiorato il problema del picco del petrolio, nella convinzione che essi forniscano oggi più di ieri spunti di riflessione:
In Fondare la decrescita: l’argomento del carattere finito delle risorse, avevo scritto, elencando gli argomenti in forza dei quali il carattere finito delle risorse non dovesse essere invocato: “… d) che l’esaurimento delle risorse ancora non si vede all’orizzonte e non dispongo degli strumenti matematici e scientifici per verificare se le opinioni dei catastrofisti, che sostengono essere già stato raggiunto il picco del petrolio e prevedono gravissime conseguenze, siano fondate e meno. In mancanza di quegli strumenti, perché dovrei credere a taluni scienziati come si crede in Dio? Anche sotto questo profilo conviene attendere gli eventi".
In L’umanità non esiste avevo spiegato per quale motivo non aveva senso logico credere che il picco del petrolio sarebbe stato un problema per l’umanità: "Consideriamo il tema del cosiddetto picco del petrolio. Qui è necessaria una premessa. Il comune cittadino, sebbene tenti di informarsi e magari sia dotato di una robusta cultura, umanistica o invece scientifica, non è generalmente in grado di farsi una opinione fondata su solidi argomenti circa il già avvenuto raggiungimento del picco, ovvero circa l’imminenza del raggiungimento, ovvero circa l’insussistenza del problema, almeno per i prossimi due o tre decenni. Perciò, il cittadino ecologista o con tendenze apocalittiche finisce per “credere” che il picco sia stato o stia per essere raggiunto; e il cittadino scettico e quello cinico per “credere” che si tratti del solito allarme degli apocalittici. Credere, così come si crede in Dio. Tuttavia, un politico lungimirante ed accorto può muovere dal presupposto che il raggiungimento del picco è un evento possibile –così come, in generale sono possibili più limitate crisi energetiche, dovute ad altre cause– e pertanto, in considerazione di questa possibilità (oltre che di altre ragioni), può proporre una o altra strategia di politica energetica e di politica estera per il proprio paese. Tanto premesso, ha senso domandarsi quali saranno le conseguenze del raggiungimento del picco del petrolio sull’umanità? No. Infatti, nel momento in cui si verificheranno le più gravi conseguenze, alcuni popoli, mediante l’azione degli organi statali, si saranno preparati e avranno scelto, a seconda dei casi: di stipulare trattati bilaterali con stati produttori, i quali assicureranno le forniture necessarie e, eventualmente, di assicurare la difesa armata del trasporto del greggio; e/o di sostituire, tempestivamente e nella maggiore misura possibile, le fonti di energia tradizionali con altre fonti; e/o di perseguire una politica di risparmio energetico e di diffusione di una cultura spartana tra la popolazione. Altri stati si troveranno del tutto impreparati. E di questi alcuni, potendoselo permettere (o credendo di averne la possibilità) ricorreranno all’uso della forza, dichiarando guerre di aggressione, magari spinti dalle popolazioni non disposte a fronteggiare pacificamente la nuova situazione e a sopportare stoicamente le terribili conseguenze. Altri comprenderanno di non essere stati previdenti e si daranno da fare per arginare i danni e prendere tardivamente le opportune decisioni. Senza trascurare che alcuni stati conserveranno, per molti anni, le fonti di energia tradizionali di cui dispongono e le utilizzeranno per il proprio popolo, anche se ciò comporterà una notevole diminuzione delle entrate (a causa della diminuzione delle vendite); mentre altri stati dovranno sopportare tutte le conseguenze della carenza di energia. Dunque, l’ipotesi del picco del petrolio non costituisce un problema dell’umanità. Perché questa non esiste. Perché non è e non sarà l’umanità a fronteggiare il problema, ad effettuare le scelte e a prendere le decisioni. Perché non tutti i popoli si trovano nella medesima situazione e quindi non tutti avranno lo stesso problema. E d’altra parte, le capacità, le tecnologie, la ricchezza e, ahimè, la potenza militare e la prepotenza dei popoli sono diverse. Quindi anche le strategie sono e saranno diverse".
C'eravamo sbagliati sul picco del petrolio
di George Monbiot Guardian.co.uk – traduzione per comedonchisciotte a cura di SKONCERTATA63
Il boom nella produzione del petrolio beffa ogni nostra previsione.
Buone notizie per i capitalisti – un disastro per l’umanità.
'La grande abbondanza di vita del passato – fossilizzatasi in forma di carbone combustibile – mette ora in grave pericolo la grande abbondanza di vita del presente’
I fatti sono cambiati, ora dobbiamo cambiare anche noi. Nel corso degli ultimi dieci anni un’improbabile coalizione di geologi, trivellatori di petrolio, banchieri, strateghi militari e ambientalisti ci hanno predetto che il picco del petrolio – il declino delle forniture mondiali – era imminente.
C’erano buoni motivi per crederlo: la produzione era rallentata, il prezzo si era impennato, le scorte si stavano sensibilmente riducendo e continuavano a ridursi. Tutto presagiva che stava per abbattersi su di noi la prima delle più gravi crisi energetiche della storia.
Tra gli ambientalisti non appariva chiaro, e neanche a noi stessi, se volevamo o non volevamo che accadesse. Una crisi di tali dimensioni aveva il potenziale per scuotere il mondo intero e indurlo a una trasformazione economica per evitare catastrofi future, e per generare una vera e propria catastrofe, compreso il ricorso a tecnologie ancora più dannose come i biofuel e il petrolio derivato dal carbone.
Nonostante tutto, il picco del petrolio era una leva potente. Governi, aziende ed elettori fino ad ora insensibili alla necessità di ridurre il consumo di combustibili fossili, avrebbero necessariamente iniziato a rispondere alla situazione economica creatasi.
Alcuni di noi hanno fatto vaghe previsioni, altri furono più specifici. In entrambi i casi ci siamo tutti sbagliati. Nel 1975 MK Hubbert, un geoscienziato che lavorava per la Shell, che aveva giustamente previsto il declino nella produzione statunitense del petrolio, suggerì che le riserve mondiali avrebbero potuto raggiungere il picco massimo nel 1995. Nel 1997 il geologo petrolifero Colin Campbell predisse che il picco sarebbe arrivato prima del 2010. Nel 2003 il geofisico Kenneth Deffeyes disse che era sicuro al 99% che il picco del massimo consumo di petrolio sarebbe avvenuto nel 2004. Nel 2004, il magnate del petrolio texano T- Boone Pickens predisse che “mai più riusciremo a pompare più di 82m barili al giorno di combustibili liquidi”(la produzione media giornaliera in Maggio 2012 era di 91m). Nel 2005 il banchiere Matthew Simmons affermò che “l’Arabia Saudita non poteva materialmente incrementare la propria produzione di petrolio”.(Da allora la sua produzione è salita da 9m di barili al giorno a 10m, e c’e’ un margine di 1,5m di aumento potenziale).
Il Picco del Petrolio non è avvenuto, ed è improbabile che accada per molto tempo ancora.
Un rapporto dell’esperto petrolifero Leonardo Maugeri, pubblicato dall’Università di Harvard, fornisce prove inconfutabili che è appena iniziato un nuovo boom del petrolio. Le contrazioni nelle forniture del petrolio degli ultimi dieci anni sembra abbiano più a che fare con questioni di denaro che di geologia. Il ribasso dei prezzi prima del 2003 avevano scoraggiato gli investitori a sviluppare campi petroliferi difficili. I prezzi alti degli ultimi anni hanno cambiato quel quadro.
L’analisi di Maugeri di progetti in 23 paesi indica che le forniture mondiali di petrolio entro il 2020 aumenteranno di 17m di barili al giorno (raggiungendo i 110m). Secondo Maugeri questa è “il più grande potenziale incremento nella produzione di petrolio fin dagli anni ’80”.
Gli investimenti richiesti perché questo boom avvenga dipendono da un prezzo a lungo termine di 70$ il barile – il costo attuale del greggio Brent è di 95$. In questo momento il denaro si sta riversando nel petrolio: negli ultimi due anni e’ stato speso un trilione di dollari; si attende il record di $600bn nel 2012.
Il paese in cui è previsto il maggiore aumento di produzione è l’Iraq, dove diverse società multinazionali stanno riversando il loro denaro e affondando i loro artigli.
Ma ciò che più sorprende è che l’altro boom maggiore è atteso negli Stati Uniti. Il “Picco” di Hubbert, il famoso grafico a forma di campana che raffigurava l’ascesa e la caduta del petrolio americano, si trasformerà ben presto nelle “Montagne Russe” di Hubbert.
Negli USA gli investimenti si concentreranno su petrolio non convenzionale, soprattutto olio di scisti – shale oil (che non va confuso con le argilliti petrolifere – oil shales). L’olio di scisti è un greggio di alta qualità intrappolato nelle rocce dalle quali non può defluire naturalmente. Sappiamo ora che esistono depositi giganteschi negli Stati Uniti: viene stimato che gli scisti Bakken nel Nord Dakota contengono tanto petrolio quanto se ne trova in Arabia Saudita (anche se se ne può estrarre di meno).
E questa non è che una di venti simili formazioni presenti negli Stati Uniti. L’estrazione dell’olio di scisti richiede perforazione orizzontale e fratturazione idraulica: una combinazione di prezzi alti e sviluppi tecnologici hanno reso queste tecniche economicamente fattibili. La produzione in Nord Dakota è già salita da 100,000 barili al giorno del 2005 a 550,000 del Gennaio scorso.
Ecco dove siamo ora. Non ci sarà alcuna correzione automatica – l’esaurimento delle risorse che distrugge il sistema che le ha portate a questo punto – nonostante le previsioni di tanti ambientalisti. Il problema che dobbiamo affrontare non è la mancanza ma l’eccesso di petrolio.
Abbiamo confuso le minacce al pianeta con le minacce alla civiltà industriale. Non sono per niente la stessa cosa. L’industria e il capitalismo industriale, sostenuti da abbondanti forniture di petrolio, sono molto più resistenti dei tanti sistemi naturali che essi minacciano. La grande abbondanza di vita del passato – fossilizzatasi in forma di carbone combustibile – mette ora a rischio la grande abbondanza di vita del presente.
C’e’ tanto petrolio nel sottosuolo quanto basta per friggerci tutti e non esistono adeguati strumenti che impediscano ai governi e alle industrie di estrarlo. Con il crollo del mese scorso del processo multilaterale di Rio de Janeiro, si vanificano vent’anni di sforzi di persuasione morale per impedire il disastro ambientale. La nazione più potente del mondo torna ad essere una nazione petrolifera, e se la trasformazione politica dei suoi stati confinanti ci suggerisce qualcosa, stiamo pur certi che i risultati non saranno piacevoli.
L’umanità ricorda un po’ la ragazza nel capolavoro di Guillermo del Toro “Il Labirinto del Fauno”: lei sa che se mangerà il ricco banchetto preparato per lei, anche lei verrà mangiata, ma non riesce a farne a meno. Non mi piace sollevare problemi quando non vedo la loro soluzione. Ma in questo momento non riesco proprio a guardare serenamente i miei figli negli occhi.
Già, però il prezzo del petrolio, probabilmente rimarrà elevato. Finiti i tempi della energia a basso costo. Ed in queste condizioni competere sarà più duro.
Non saremo in lotta per la sopraffazione, ma semplicemente per la sopravvivenza.
Però c'è quest'articolo di Debora Billi http://petrolio.blogosfere.it/2012/07/picco-del-petrolio-uno-sbaglio-non-ci-giurerei-troppo.html che conferma il picco.
In ogni caso, hai pienamente ragione a distinguere fra un'ipotetica umanità e la realtà degli Stati.
Saluti, Emilio.
Per la serie: quando si vuole fideisticamente credere che un problema non è un problema…
Vi invito a leggere questo articolo del fisico e ricercatore spagnolo Antonio Turiel, tradotto e pubblicato sul blog di Ugo Bardi, docente di chimica fisica presso l'Università di Firenze:
* Importare energia, esportare miseria
http://ugobardi.blogspot.it/2012/06/importare-energia-esportare-miseria.html
In questo articolo si spiega perché siamo dinnanzi ad un fuoco fatuo, soprattutto negli USA, che peggiorerà la situazione.
Poi andate a leggervi la definizione del concetto di EROI (Energy Returned On Energy Invested – ritorno energetico sull'investimento energetico) è schiaffatevela bene nella zucca, altrimenti non capirete mai una mazza riguardo il problema dell'approvvigionamento energetico:
* Ritorno energetico sull'investimento energetico
http://it.wikipedia.org/wiki/EROI
Il problema non è "il petrolio sta finendo", la teoria del picco non ha mai affermato questo.
La teoria del picco ha semplicemente fatto notare una cosa banale, se vogliamo: ovvero che avremmo prima consumato il petrolio a buon mercato (low-hanging fruits) e poi via via saremmo passati ad estrarre quello sempre più costoso in termini di denaro ma soprattutto costoso in termini energetici, ambientali e umani (ad esempio, cercate "Delta del Niger petrolio"). Difatti così sta avvenedo (leggere l'articolo per qualche dettaglio).
Ad un certo punto il giocattolo si rompe. Facciamo un esempio (semplifico riguardo le fonti di energia): se per estrarre l'equivalente energetico di 3 barili di petrolio devo consumare energia per l'equivalente di 1 barile di petrolio probabilmente già mi conviene lasciarlo lì dov'è ciò che vorrei estrarre. Perché poi mi servirà (molta) altra energia per trasportarlo, processarlo in qualche modo (per esempio il petrolio devere essere raffinato) e infine distribuirlo.
Fatta questa precisazione, sono d'accordo con te, Stefano, col discorso che sintetizzi con "l'umanità non esiste". Aggiungo che la differenza sarà non solo fra nazioni ma anche fra classi sociali: per i supericchi ci sarà petrolio ancora a lungo; anzi, la benzina a 10 €/l (o 100 €/l) avrà l'effetto collaterale di permettere al ricco di sfrecciare per le strade con la propria fuoriserie senza avere fra le palle il traffico di massa di noi poveracci.
Non sono affatto d'accordo invece quando scrivi:
«… il carattere finito delle risorse non dovesse essere invocato: “… d) che l’esaurimento delle risorse ancora non si vede all’orizzonte e non dispongo degli strumenti matematici e scientifici per verificare se le opinioni dei catastrofisti, che sostengono essere già stato raggiunto il picco del petrolio e prevedono gravissime conseguenze, siano fondate e meno. In mancanza di quegli strumenti, perché dovrei credere a taluni scienziati come si crede in Dio? Anche sotto questo profilo conviene attendere gli eventi".»
Innanzitutto l'argomento che non disponendo degli adeguati strumenti culturali sia giusto ignorare un problema è una colossale vaccata, scusa la franchezza. Così come ci stiamo sempre più occupando di economia ad un livello sufficiente per capire che l'Euro è una truffa, cercando riscontri di quello che ci viene spiegato nelle teorie economiche (aree valutarie ottimali), nei dati e nella Storia, così possiamo occuparci di scienza ad un livello non specialistico ma sufficiente per valutare se quello che (alcuni) scienziati ci stanno raccontando ha un qualche fondamento o meno.
Del petrolio e dell'energia in generale si è già trattato sopra, il concetto di EROI è fondamentale e mi sembra semplice da capire. Fra l'altro è uno strumento che permette di capire che, per esempio, l'idea di usare gli inceneritori per generare energia è una truffa, non solo per quanto riguarda la salute (§). Difatti più energia è stata usata per creare un oggetto meno ha senso bruciarlo per ottenere energia: il bilancio energetico è negativo, cioè c'è uno spreco di energia nel distruggerlo. Un po' meno spreco nel riciclarlo, meglio riutilizzare finché possibile – vedi rifusione contro riutilizzo dei contenitori in vetro.
Diciamo qualcosa di altre risorse. Per esempio il rame: a me risulta che i furti di cavi o paletti (per la messa a terra) di rame siano passati da quasi zero a fenomeno preoccupante negli ultimi anni. Lo stesso vale per altri materiali: "smontaggio" e furto di interi impianti industriali fermi (chiusi per la crisi) del valore di centinaia di migliai di Euro, per poterne rivendere i materiali (metalli soprattutto) a peso, per decine di migliaia di euro.
Segnali coerenti con quello che dicono quelli che tu chiami "catastrofisti" (rendendo lecito controbattere allo stesso livello chiamandovi "negazionisti").
Ci sarebbe molto altro da scrivere riguardo l'intreccio energia/agricoltura industriale/fertilità dei terreni/fertilizzanti sintetici/acque non inquinate/cambiamento climatico ma questo commento è già troppo lungo, mi fermo qui.
P.S.: Monbiot mi sembra sempre più poco affidabile e i suoi "cambi di opinione" sempre più sospetti.
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§) Problemi per la salute da non sottovalutare. Per esempio:
* I danni alla salute degli inceneritori – Patrizia Gentilini
* Regione sbugiardata sugli inceneritori! Ecco lo studio Moniter
Dimenticavo una domanda importante: ma se non avete le conoscenze scientifiche per valutare cosa dice questo o quello scienziato, com'è che sposate acriticamente la tesi degli scienziati che cita Monbiot? Solo perché ve la propone Monbiot che prima era un "credente" e adesso è un "convertito"?
Non c'è che dire, se è in malafede la strategia di persuasione che sta utilizzando è proprio efficace.
Massimo,
intanto ti ringrazio per i suggerimenti di lettura.
Il discorso che avevo iniziato sulla decrescita e che non ho proseguito perché non era molto "vendibile" – interessava potenzialmente soltanto ai decrescisti, i quali tuttavia vogliono leggere, come quasi tutti, purtroppo, soltanto le cose che condividono – mirava a indicare quali argomenti potessero essere ragionevolmente, efficacemente e persuasivamente invocati a sostegno di proposte politiche, con la speranza di convincere la maggioranza o quasi dei cittadini; e quali argomenti non devessero essere invocati. Il discorso sul carattere finito delle risorse mi appariva e continua ad apparirmi un argomento debole, non forte, non persuasivo. A sostegno o contro stanno teorie o ipotesi scientifiche, dunque qualche cosa di diverso dal (più semplice) calcolo della energia necessaria a produrre energia con un inceneritore, bruciando un oggetto per utilizzare il quale è stata utilizzata energia. Suppongo, infatti, che il consenso scientifico su costi e benefici di energia prodotta da inceneritori sia maggiore che non sul picco del petrolio o sull'entità e sulle cause del mutamento climatico, dove ci sono anche scienziati che negano che siamo in possesso di serie di dati, diacronici e sincronici, che permettano di svolgere qualsiasi ipotesi scientifica.
Per quanto riguarda l'economia, credo che occorra assumere un atteggiamento ugualmente prudente. Direi che bisogna interrogarsi su quella che io chiamo filosofia dell'economia e lasciare agli economisti l'economia. Per contestare l'esperimento dell'euro, bastava svolgere osservare: i) introducendo l'euro, perdiamo il tasso di interesse interno e ci sottoponiamo a un tasso di interesse unico che non gestiamo; ii) perdiamo la possibilità di adottare, magari in caso di necessità, il cambio flessibile; iii) perdiamo ogni possibile controllo sulla banca centrale. Infatti, è vero che avevamo reso autonoma la nostra banca centrale; ma in qualsiasi momento l'autorità politica italiana sarebbe potuta tornare indietro totalmente o parzialmente; iv) e potrei continuare per un bel po'
Insomma, stiamo attenti a credere che quale sia la giusta disciplina della circolazione dei capitali delle merci e dei servizi, o la giusta disciplina dei servizi pubblici locali a rilevanza economica lo debbano suggerire gli economisti; stiamo attenti a non credere che se si debba accogliere il principio della concorrenza o soltanto quello previsto nella costituzione della iniziativa economica privata spetti agli economisti, magari a quelli che cominciano a criticare le scelte politiche effettuate nell'ultimo ventennio. Io non ho avuto timore di dichiarare il mio apprezzamento per Marine Le Pen la quale ha dichiarato "basta tecnici".
Detto questo, non è detto che io sia in disaccordo con te su scelte di politica energetica che tu, certamente più competente di me, potresti suggerire. Il mio discorso e la mia critica riguardano soltanto gli argomenti; e hanno il fine di irrobustire le tesi ambientaliste, non di indebolirle, anche se forse non sono stato sufficientemente chiaro.
Grazie ancora e a presto
la quale prima avevamo si reso autonoma