di NINO DI CICCO
1) RIMOZIONE DELL’ASPETTO STRATEGICO
Da quando mi occupo di energia, ormai oltre dieci anni, ho sempre visto il dibattito nel settore svilupparsi unicamente intorno a due fattori: quello economico (quanto costa) e quello ambientale, totalmente incentrato nella sua declinazione climatica (quanta CO2 emette).
Perfettamente in linea con l’approccio da “fine-della-storia” dell’ultimo trentennio, il fatto che l’approvvigionamento di una quantità sufficiente di energia a prezzi accettabili rivesta per uno Stato innanzitutto un’importanza strategica fondamentale – direi addirittura vitale – in Italia, il Paese di Enrico Mattei (!), era ormai totalmente assente, ignorato, rimosso sia dagli operatori del settore sia dalla classe dirigente.
Questa rimozione del significato strategico dell’energia ha provocato inevitabilmente l’assenza di politiche di sicurezza energetica, mirate al mantenimento di buone relazioni internazionali con i fornitori e al perseguimento della massima autosufficienza possibile e, mi sento di affermare, è la causa principale dell’attuale disastrosa situazione nella quale ci troviamo.
2) FINANZIARIZZAZIONE E AZIENDALIZZAZIONE DEL SETTORE
Sul primo aspetto di (rimozione della) natura strategica, si innesta perfettamente la trasformazione del settore energetico in direzione aziendalista e finanziaria realizzata attraverso:
– la privatizzazione delle grandi aziende energetiche (Eni, Enel), che smettono di avere come finalità l’interesse nazionale e spostano l’obbiettivo sull’ottenimento dei massimi dividendi per gli azionisti;
– la liberalizzazione dei mercati energetici al grido di “più concorrenza, più convenienza”, per ritrovarsi (già prima dell’esplosione dei prezzi) con una pletora di offerte nelle quali per il normale cittadino o imprenditore è praticamente impossibile districarsi, e con il tanto osannato “mercato libero” da sempre più costoso (in media) rispetto a quello di “maggior tutela”;
– lo spostamento degli acquisti da parte dei fornitori verso contratti spot nei grandi hub, i nuovi mercati virtuali dove la speculazione finanziaria è libera di fare il bello e il cattivo tempo, che hanno via via rimpiazzato i vecchi contratti pluridecennali con prezzi e quantità praticamente fissi.
3) REGOLE DI MERCATO CHE FAVORISCONO SUPER-PROFITTI
Scendendo nei dettagli di funzionamento del mercato elettrico, c’è un aspetto tecnico poco conosciuto, la cui modifica consentirebbe un calo consistente e immediato del costo dell’energia elettrica e che trovo estremamente esemplificativo della volontà politica di favorire i profitti a scapito degli interessi dei cittadini: il sistema del prezzo marginale.
Si tratta del meccanismo utilizzato nel mercato elettrico per determinare, ora per ora, il prezzo dell’elettricità, facendo incrociare la domanda stimata del sistema elettrico e l’offerta da parte dei vari produttori. Ogni produttore, per ciascuna ora di ciascun giorno, indica quanta elettricità può fornire e a che prezzo. Il mercato elettrico accetta le offerte a partire dalla più bassa e via via a salire, fino a coprire il fabbisogno previsto. Il meccanismo del prezzo marginale prevede che tutta l’energia elettrica venga pagata al prezzo massimo entrato nel pacchetto. Per esempio, se un impianto a carbone ha offerto 1.000 MWh a 40 €/MWh, mentre l’ultimo fornitore entrato nel gruppo ha offerto 1.000 MWh da gas naturale a 870 €/MWh (prezzo massimo raggiunto ieri, 30 agosto), entrambi incasseranno 870.000 €, anche il proprietario dell’impianto a carbone che avrebbe venduto i suoi 1.000 MWh a 40.000 € e realizzerà così un super profitto di 830.000 €! 870 €/MWh sarà poi il prezzo orario che contribuirà a determinare il costo dell’energia elettrica per tutti i consumatori, il cosiddetto Prezzo Unico Nazionale (PUN).
A ben vedere, si tratta dello stesso sistema utilizzato dal Ministero dell’Economia e Finanze per il collocamento dei titoli di stato a medio-lungo termine: stabilita la quantità di titoli da collocare, il MEF accetta le offerte a partire da quella con interesse più basso, fino a quella più alta necessaria a coprire il fabbisogno. E poi paga a tutti l’interesse massimo tra quelli accettati, anche a chi si sarebbe accontentato di un interesse inferiore. Un meccanismo che non ha altre spiegazioni se non la precisa volontà di trasferire ricchezza dal basso verso l’alto.
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