La provocazione della diversità, tra accoglimento e negazione
di Alessandro Bolzonello
‘Non ho nulla contro l’omosessualità’. Non trovo alcuna motivazione per connotare tale orientamento sessuale come sbagliato, neppure per assegnargli un’aurea di ‘specialità’, soprattutto qualora consegua la ribalta pubblica.
‘Non ho nulla contro l’handicap’. Non è né facile né indifferente il contatto con la disabilità, ma essendo convinto che non ci sia alcuna responsabilità nell’essere in tale condizione, non riesco ad imputare alle persone coinvolte alcuna colpa.
‘Non ho nulla contro la diversità di genere’. Assisto, un po’ inerme, forse per comodità, all’ingiustizia culturale che scarica sul ‘femminile’ incombenze scomode e pesanti; vivo altresì con mortificazione il perpetuarsi del maschilismo che tratta il ‘femminile’ con banalità e superficialità.
‘Non ho nulla contro la diversità etnica, culturale e religiosa. Convinto che la condizione di nascita caratterizzi i tratti culturali dell’individuo, ritengo di non poter giudicare ciò che ha storia, percorso, direttrici, diverse e lontane dalle mie.
Sono attratto e affascinato dalla diversità: non tanto quale spettatore di un’attrazione circense, piuttosto come persona che, consapevole del valore intrinseco della diversità, prova a raccogliere la sua provocazione. Osservarla, mettersi a confronto, provare a comprenderla sono azioni rivoluzionarie: benché più volte provato e stremato, mai sono ‘affogato’ sotto le sue sollecitazioni, anzi, il più delle volte ho trovato nutrimento.
Ma il vissuto e la percezione della diversità dipendono dalla capacità del singolo di abitarla, accoglierla e, nella migliore delle ipotesi, trattarla. Riconosco, infatti, che la diversità può avere un impatto distruttivo e destrutturante: messa in discussione, scandalo, irricevibilità e indigeribilità, in taluni casi anche negazione.
La reazione alla diversità può degenerare qualora, all’interesse e alla curiosità, prevalga paura e minaccia e conseguentemente, sulla base della mera forza dei numeri, trova spazio il disprezzo, la prepotenza, talvolta anche la violenza.
Ho molto contro questa deriva, diffusa tra i più e culturalmente giustificata.
Pubblicato su Invito a …
Foto: 6°festival 14giugno (21)
Bel compitino di political correctness in salsa cristianeggiante.
Buono da far mandare a memoria ai quindicenni nell’ora di educazione civica, compiacendosi di quanto sono "maturi" se imparano a salmodiarlo per il verso giusto.
Diceva bene Pareto: "oggi una nuova credenza vuole sostituirsi al cristianesimo tradizionale […]. Se Giove fu spodestato dal dio dei cristiani, ora la divinità di Gesù Cristo scompare per dare luogo a quella dell’umanità".
@ Lorenzo
MERITO (ultimo comma) – L’essere umano, evidentemente, ha bisogno di riferimenti concettuali, anche di una loro istituzionalizzazione in ‘credenze’, al di là della loro denominazione. Non mi scandalizza.
METODO (primi commi) – Io mi assumo la responsabilità di ‘mettere le mie parole in pasto al pubblico’; lei di assumere la posizione del ‘maestro che valuta gli alunni’. Mi auguro abbia saldi elementi per avocare a sé tale funzione.
MERITO: si tratta di decidere se si persegue il vero o ciò che si ha bisogno di credere. Sa, il bisogno non è ancora una dimostrazione di contenuto.
METODO: temo abbia equivocato il discorso del maestro :o)
Tutto parte dal concetto di verità che lei – mi sembra – presume di ‘sapere cosa sia’. Io no.
“si tratta di decidere se si persegue il vero o ciò che si ha bisogno di credere”
Di conseguenza i contenuti e l’atteggiamento mi sembrano inequivocabili.
”Bel compitino di political correctness in salsa cristianeggiante.
Buono da far mandare a memoria ai quindicenni nell’ora di educazione civica, compiacendosi di quanto sono “maturi” se imparano a salmodiarlo per il verso giusto.”
Come già comunicato, non discuto il merito: lei è libero di concordare o meno.
Ma – a partire dal mio punto di vista – non condivido il suo autorizzarsi ad ‘emettere sentenze’ (è indubbio questo atteggiamento, coerente con il vertice di osservazione assunto).