Sovranità popolare, unità politica e morale della nazione e nuova classe dirigente: un gigante tra i membri dell’Assemblea Costituente
"Lo sforzo che vorrei fare all'inizio, in questo dibattito che giustamente fu definito preliminare, è quello di individuare quali sono i beni sostanziali che la Costituzione deve assicurare al popolo italiano, beni dei quali non si può prescindere, se si vuole raggiungere quell'obiettivo fondamentale che ho cercato di fissare e che devono essere o instaurati, o restaurati. Credo che questi beni siano tre: il primo è la libertà e il rispetto della sovranità popolare; il secondo è l'unità politica e morale della Nazione; il terzo è il progresso sociale, legato all'avvento di una nuova classe dirigente. Se noi riusciremo a fare una Costituzione la quale garantisca alla Nazione questi tre beni, allora non avremo fatto, com'è stato detto, una Costituzione interlocutoria, ma una Costituzione che rimarrà effettivamente come il libro da porsi accanto all'arca del patto, una Costituzione che illuminerà e guiderà il popolo italiano per un lungo periodo della sua storia. Le esigenze che ho indicato non sono infatti qualcosa di transitorio, ma sono esigenze permanenti e concrete, corrispondenti alla situazione storica ben determinata che sta davanti a noi" (Palmiro Togliatti, Intervento nella Discussione sul progetto preliminare di Costituzione, davanti all'assemblea plenaria della Costituente – 11 marzo 1947).
Oggi dobbiamo ammettere che non siamo ancora nel 1947, bensì nel 1943 (nel gennaio 1943!). La sovranità popolare è venuta meno non perché sequestrata da un partito che, come il partito fascista, riconosceva soltanto la sovranità dello Stato, bensì perché ceduta da elites traditrici a organi dell'Unione europea, completamente estranei non soltanto al popolo italiano, bensì, addirittura, allo Stato italiano. Perduta la sovranità dello Stato, non può esservi per principio la sovranità popolare.
L'Unità politica e morale della nazione si trova in una crisi ancora più grave rispetto al 1947. La riforma "federale" del centrosinistra è stata un miserabile cedimento alle pulsioni leghiste. E nel sud sorgono e serpeggiano pulsioni parallele a quelle leghiste. Ma la coesione sociale e territoriale della nazione viene meno soprattutto a causa dell'Unione europea che impedisce politiche interventiste e, imponendo la concorrenza, apparentemente abbandona la soluzione dei problemi al "mercato" ma in realtà non intende risolverli, perché lo scopo segreto e inconfessabile è quello di distruggere gli Stati nazionali e costruire un'Europa delle regioni.
La necessità di una nuova classe dirigente è avvertita dal popolo. Non dalle nuove forze politiche, che, in modo controfattuale, negano il problema, pensando che servano soltanto "portavoce". Tuttavia la pretesa di queste forze è tanto assurda e controfattuale, che nolenti o volenti, ben presto esse abbandonerano il loro punto di vista. Resterà pur sempre il problema di far emergere la nuova classe dirigente.
Risolvemmo i tre problemi allora e dobbiamo avere fede che li risolveremo nei prossimi anni.
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