Putin si confronta al telefono con Trump e Leone XIV e altre notizie
di LIMES (Mirko Mussetti)
RUSSIA – AMERICA
Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha parlato al telefono separatamente con i due americani più potenti al mondo: il capo della Chiesa cattolica Leone XIV e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. I colloqui telefonici giungono dopo il sostanziale fallimento – eccezion fatta per lo scambio di prigionieri – dei negoziati di Istanbul tra i due paesi belligeranti. Il pontefice ha messo a disposizione la diplomazia della Santa Sede per mediare un cessate-il-fuoco subitaneo, raccogliendo sì l’interesse di Putin a porre fine al conflitto armato mediante “mezzi politici e diplomatici” ma solo toccando le radici profonde della crisi. Anche l’inquilino della Casa Bianca ha parlato sulla sua piattaforma social Truth di una lunga (circa un’ora e un quarto) e positiva conversazione con il capo del Cremlino anche se “non porterà a una pace immediata” in Ucraina. Dando per scontata una rappresaglia russa in risposta ai sabotaggi ucraini alle basi aeree e ad altre infrastrutture strategiche della Federazione, il tycoon ha mostrato maggior interesse per una convergenza di vedute sul nucleare iraniano.
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GAZA
Gli Stati Uniti hanno posto il veto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per un cessate-il-fuoco “immediato, permanente e incondizionato” nella Striscia di Gaza e il libero accesso nell’exclave palestinese degli aiuti umanitari. La chargé d’affaires (incaricata d’affari) degli Usa al Palazzo di Vetro Dorothy Shea ha risposto che Washington “non sosterrà nessuna misura che non condanni Hamas, non imponga il suo disarmo e l’abbandono della Striscia”. Una mozione analoga – ma non vincolante – si appresta a essere votata dall’Assemblea generale. Nel frattempo, a seguito della sparatoria a Rafah che ha visto la morte di 27 cittadini palestinesi, l’ong americana con sede nel Delaware Gaza Humanitarian Foundation – sostenuta da Israele e Stati Uniti ma ripudiata dall’Onu – ha sospeso la distribuzione di viveri alla popolazione gazawi fintantoché le Forze armate dello Stato ebraico non garantiranno un’adeguata sicurezza nei punti di consegna.
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GOLAN
Le Forze armate di Israele (Tzahal) hanno bombardato la Siria meridionale alcune ore dopo che due missili erano stati lanciati verso il Golan occupato da Tzahal. Il lancio dei razzi verso le Alture è stato effettuato dalla città di Tasil nel governatorato siriano di Daraa ed è stato rivendicato dalle Brigate Mohammed Deif, che prendono il nome dall’ex comandante ucciso di Hamas. Il gruppo armato ha dichiarato di aver agito in risposta ai massacri di Gaza e promesso di continuare gli attacchi finio a quando non cesseranno i bombardamenti sulla Striscia. Si tratta del primo incidente del genere dalla caduta del regime di Asad a dicembre. Il governo di Damasco, guidato dall’ex jihadista e presidente ad interim Ahmad al-Shar’a (Jolani), ha negato un suo coinvolgimento e condannato con veemenza la rappresaglia israeliana contro i depositi di armi dell’esercito regolare siriano a Daraa e Quneitra. Il ministro della Difesa Israel Katz ha dichiarato che il capo di Stato del paese vicino è direttamente responsabile delle minacce contro Israele.
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VISTI USA
Il presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per impedire dal prossimo 9 giugno l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di dodici paesi: Iran, Afghanistan, Libia, Ciad, Sudan, Eritrea, Somalia, Yemen, Guinea Equatoriale, Congo, Myanmar e Haiti. Sono state inoltre aggiunte restrizioni parziali ad altre sette nazioni: Venezuela, Cuba, Sierra Leone, Togo, Burundi, Turkmenistan, Laos. L’inquilino della Casa Bianca ha affermato che tali mosse servono a proteggere l’America dai “terroristi stranieri”. The Donald ha quindi dichiarato che la lista potrebbe allungarsi nel prossimo futuro.
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