La bici
Ci sono delle volte in cui le coincidenze fanno intravvedere un piano ben organizzato neanche tanto in filigrana. Ad esempio quando qualcuno ruba tutti i documenti convinto che il portadocumenti contenga soldi, ed il sabato in cui tutta la famiglia vittima della sottrazione si reca presso l'ufficio anagrafe per duplicare i documenti qualcun altro (oppure lo stesso?) approfittando della momentanea assenza si introduce in giardino per rubare le biciclette. Strane coincidenze, no? Credo sia a causa di tali coincidenze che il nostro vocabolario si è arricchito di così tante e colorite imprecazioni.
Una delle biciclette sottratte era nuova, e mio figlio ne era entusiasta. Beh, nuova…diciamo come nuova. In realtà avevo cercato un bel po' tra gli annunci di bici usate e quella mi era sembrata la migliore. Usata per farci un paio di giri e poi lasciata a prendere la polvere in garage. Non aveva uno striscio, nè un'ammaccatura. L'altra bici invece l'avevo comprata a mia moglie un po' di tempo fa. Ed era un regalo importante, avendola fatta fare su misura da un artigiano locale. Importante, ovvero mi era costata un bel po' di soldi.
Mi trovo così costretto a ricominciare a guardare le offerte di bici usate (mio figlio non ancora adolescente la userà per un paio di anni), e contatto un paio di venditori. Uno di questi mi telefona mentre stiamo mangiando chili di ottime more di gelso, una domenica mattina spesa a passeggiare in collina. Mi dice che posso passare quando torno a casa, visto che abita poco lontano da casa mia. E così faccio. La bici non è esattamente paragonabile alla precedente. Ma ha una storia da raccontare. Il tizio mi dice che non ha lavoro, o meglio lavora saltuariamente, e l'unico lavoro che sa fare è montare biciclette. Ogni tanto qualche costruttore lo chiama quando ha troppo lavoro. Il rimanente tempo lo passa setacciando i centri di riciclaggio del territorio dove sono accatastate montagne di merci ormai usurate o semplicemente passate di moda, e si prende quelle biciclette che può ancora rivendere, oppure riutilizzare in parte. Mi dice che in giardino si è costruito un forno di legno ed un paio di asciugacapelli all'interno riescono a portare la temperatura interna sui 60°. Spruzza telai, forcelle e manubri e li lascia asciugare lì per qualche ora. Poi li lavora. Saltano fuori così biciclette decisamente strane a vedersi: tutte rosa (da uomo) con il manubrio molto alto ed un'unica velocità, oppure complicate citybike con assetti e colori mai visti. Mi spiega che ha anche una certa pratica con le saldature, avendole fatte per anni in fabbrica, e riesce a costruire telai per tandem. Me ne mostra uno bianco, fatto da lui.
Non diventerà mai ricco con quelle piccole produzioni artigianali, ne siamo tutti convinti. Per lui però è importante riuscire a pagarsi le bollette, adesso che suo nonno è morto e la sua pensione sfumata.
Così accetta di smontare e rimontare bici per pochi euro. Pochi euro sono sempre meglio di niente, e lavorare per pochi soldi è sempre meglio che starsene al bar a spenderli. Parole sagge, poco da discutere. Mi fa visitare il suo laboratorio, tira fuori le scatole con i pezzi di recupero, mi mostra telai e bici appena abbozzate: “questa la finisco appena trovo delle ruote che vadano bene”. Il posto mi ricorda molto il garage di Giovanni, mio vicino di casa e dipendente in pensione di una fabbrica di bici.
Apprezzo tutto questo ingegno, essendo io stesso un appassionato di bici ed avendo a mia volta riciclato alcune bici proprio come fa lui. Ho quindi idea di quanto tempo ci voglia per portare a termine quei lavori. I 150€ che chiede per una bici smontata, riverniciata, rigenerata pezzo per pezzo, e poi rimontata a regola d'arte usando materiali di prima qualità significa solo una gran passione per un lavoro scarsamente retribuito.
Alla fine non riesco ad andarmene senza comprarla, nonostante sia di qualità assolutamente inferiore a quella appena rubata. Mio figlio la definisce allegramente “uno schifo”, ma alla fine anche lui se ne fa una ragione: meglio dare 60€ per una bici mediocre a questa persona che dare la stessa somma per qualcosa di meglio ad un'altra persona che magari non se la passa male. Gli allungo le banconote e ci salutiamo con una stretta di mano.
Niente ricevuta, nè registrazione elettronica di somme tramite pagamenti bancari. Tutto in nero. D'altronde il poveraccio se avesse dovuto pagare allo Stato quanto dovuto, sarebbe stato costretto a chiedere ben oltre 60€: la pressione fiscale del 55% avrebbe fatto bruscamente impennare il costo dell'oggetto.[1]
Insomma avrebbe dovuto vendermi la bici a 145€ per potersi intascare 60€, cosa che avrebbe sconsigliato qualsiasi compratore. Oppure si sarebbe intascato 27€, una volta pagate le tasse sui 60€. Comunque sia di quei 60€, una volta tolte le spese, non credo rimanga molto. Probabilmente siamo ai livelli retributivi di un bracciante stagionale extracomunitario che percepisce 20-25 euro per 8-10 ore lavorative al giorno, rendendo anche questo lavoratore “invisibile” (per il fisco e per il profilo sociale sempre più basso che occupa).[2]
Con la piccola differenza che questo riparatore di biciclette è nato e cresciuto nel Paese la cui Costituzione si presenta ai propri cittadini con questo incipit: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Lavoro nero, in questo ed in molti altri casi, dato che altri colori sono sempre più difficilmente reperibili nell'Italia del nuovo millennio.
“La vita è come andare in bicicletta. Per mantenere l'equilibrio devi muoverti.”
Albert Einstein
[2]http://www.edicoladipinuccio.it/rosarno-duemila-braccianti-stranieri-come-uomini-invisibili-il-dossier-di-rete-radici/
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