Grinton
Siamo verso la metà dell'800, ed un pericolo mortale per ogni etilista che si rispetti si staglia all'orizzonte: un afide yankee che, una volta attraversato l'oceano, tenta di fare tabula rasa dei nostri amati vitigni. La fillossera abilmente istruita oltreoceano stava tentando di convertire i nostri abituali bevitori alla Coca-Cola, bevanda che sarebbe nata di lì a poco con l'ambiguo nome iniziale di "Pemberton's French Wine Coca". E non a caso l'odiato afide si espande in Europa proprio dalla Francia. Komplotto!
Le radici della vite europea, a differenza di quella americana, sono dannatamente sensibili alle punture della Fillossera ed è per questo che una buona parte del patrimonio viticolo italiano andò allora in rovina. Durante il suo progressivo espandersi nella penisola italiana la fillossera distrusse due milioni di ettari di vigneti.[1]
Se il problema veniva dall'America, la soluzione doveva essere trovata lì e consisteva nell’innesto della vite europea (chiamata “vinifera” e produttrice grandi grappoli) su radice di vite americana resistente all'afide (“labrusca”, “rupestris”, “berlandieri”, ecc.) che produce però grappoli molto più piccoli. Queste ibridazioni diedero vita a diverse nuove piante come la Isabella, nata dall'incrocio della Vitis Vinifera con la Vitis Labrusca, il cui frutto è comunemente conosciuto come uva fragola. Con questa uva si produce il fragolino, vino noto per l'intenso profumo e aroma di fragola.
Un altro ibrido si chiama Clinton, nome mutuato dall'omonima cittadina dello Iowa (USA) dove presumibilmente avvenne l'ibridazione tra la Vitis Labrusa e la Vitis Riparia. Il vino estratto da queste uve (e che in Veneto si chiama grinton) è di un colore violaceo molto intenso che non lascia scampo a tovaglie, vestiti macchiati occasionalmente e addirittura a tazzine e bottiglie; per non parlare di lingua, denti e labbra di chi lo beve. Oltre all'esagerato contenuto di tannini, il grinton ha anche la spiacevole caratteristica di essere ricco di alcool metilico, sostanza che, a seguito dell'assunzione di ettolitri di questo vino, può causare danni al nervo ottico. D'altronde dopo avere bevuto ettolitri di qualsiasi vino (innocuo Tavernello compreso) la vista ne esce compromessa comunque, e questa è la mia difesa d'ufficio. “Ho visto cose che voi astemi non potreste immaginarvi…”
C'è poi la Storia a mettere i bastoni tra le ruote dei chimici, lanciati a tutta velocità nei loro anatemi metilici, ricordandoci che nel secolo scorso era un vino molto diffuso. Enormemente più diffuso della cecità che avrebbe dovuto causare. Era il classico “vino di campagna” da gustarsi in compagnia degli amici in un'osteria fuori mano, meglio se accompagnato da soppressa e pan biscotto. Straordinario anche con arachidi, noccioline o caldarroste. Il suo gusto assolutamente deciso, tendente all'aspro, non lasciava spazio a molti commenti. Lo definirei un vino brutale, senza mezzi termini: imposto dalle circostanze (la fillossera) non amava dileggiare i palati con raffinate sfumature e retrogusti con reminiscenze di fieno d'alta montagna. Il grinton è tanto viola quanto forte. Punto. E mio nonno Attilio (quello che sopravvisse al campo di concentramento nazista)[2] se lo beveva sempre. Questo fatto, da solo, spiega molte cose. Un vino sopravvissuto per sopravvissuti, non un prodotto da enoteca per palati raffinati in cerca di emozioni d'alto bordo.
Pare che il massimo splendore il grinton lo abbia raggiunto negli anni '60. L'Italia, dopo essere uscita dalla guerra con le ossa rotte, stava gettando le basi per quel processo di industrializzazione che l'avrebbe lanciata nel panorama internazionale. L'Autostrada del Sole, ad esempio, costruita in tempi record. Per una strana ironia questo vino segue le sorti del miracolo economico del dopoguerra, e così quando avviene il sorpasso degli addetti al secondario (industria) alle spese degli addetti al primario (agricoltura), la diffusione di questo vino scende: finito il boom, anche il grinton entra in crisi.
Già, “Il Sorpasso” così come ce l'ha abilmente dipinto Dino Risi nel '62. L'Italia improvvisamente si scopre a due facce: lavoratrice e boriosamente cialtrona.
A dare una mano a rovinare la reputazione di questo vino sincero e mai dalla doppia faccia ci si mettono in tanti, cominciando dagli esperti che neanche lo vogliono catalogare come vino. Così si esprime Giampiero Rorato, giornalista e studioso di enogastronomia: “Tecnicamente, in senso stretto, è anche difficile poterlo definire vino: la sua qualità è abbastanza scarsa, la gradazione alcolica molto bassa” [1]. Non mi torna nessuna delle due definizioni, ma se lo afferma uno specialista c'è poco da discutere. Dev'essere sicuramente come dice lui, ed io mi sto sbagliando.
Poi ci si mettono i legislatori, che nel DPR del 12 febbraio 1965 n° 162, proibiscono i vini prodotti con uve diverse dalla vitis vinifera; successivamente (legge 6 aprile 1966 n. 207) ammettono la possibilità di produzione, per poi fissare l'obbligo (D.L. 7-9-1987 n° 370) di estirpare le viti proibite in totale osservanza del Regolamento europeo n. 822/1987 del 16 marzo 1987 in cui viene definito l'elenco dei vitigni che possono essere utilizzati.
Ad assestare la mazzata finale ci pensa la Unione Europea con il Regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999 che stabilisce quanto segue:
"1. Gli Stati membri compilano una classificazione delle varietà di viti per la produzione di vino. Tutte le varietà classificate appartengono alla specie Vitis vinifera o provengono da un incrocio tra questa specie e altre specie del genere Vitis. La classificazione non può applicarsi alle varietà seguenti: Noah, Othello, Isabelle, Jacquez, Clinton e Herbémont.”
Fine del fragolino e del grinton (col Noah si produce il grinton bianco), nel nome di non si sa bene cosa. Oggi quello che si trova sugli scaffali del reparto vini è una bottiglia che contiene "fermentato alcolico" di frutta, addizionato di aromi naturali o artificiali al gusto di fragola, con sciroppi e melasse. L'unica regione dell'UE in cui è possibile produrre e vendere vino ottenuto da uva fragola è il Burgenland, in Austria, dove il tentativo di vietare l'Uhudler ha causato le proteste di consumatori e produttori.[3]
Insomma in giro c'è sempre qualche colonnello o generale che da ordini insensati, e a noi soldati spetta solo ubbidire. Gira la leggenda metropolitana (assieme alla storia dei coccodrilli bianchi nelle fogne di New York) che sia stato l'alto tasso di tannini e alcol metilico ad avere obbligato Bruxelles alla moratoria. Ovviamente tutto falso. Forse la verità sta invece in questo apparentemente insignificante dettaglio: mentre i vitigni protetti dalla legislazione europea hanno bisogno di anticrittogamici, veleni e diserbanti, le piante di Clinton, Isabella e affini non necessitano di cure particolari, e ci offrono vini per nulla contaminati da agenti inquinanti. Bruxelles ha quindi deciso, nel nome del massimo profitto per le elites e dell'appiattimento antropologico e culturale, di dare retta solo ai mai sazi appetiti delle multinazionali della chimica. Komplotto!
Infine un accenno a quel gruppo di mattacchioni che, infrangendo tutte le leggi della logica e con sesquipedale incoscienza, ha saputo abbattere i confini tra le conosciute distinzioni, creando la prima EnoRockBluesBand della storia: i Greentone, facile onomatopea che arricchisce la fonosemantica di un prezioso tassello sinestetico.[4]
L'arricchimento culturale rappresentato dallo studio di una lingua straniera può aiutare a stigmatizzare l'arretramento a condizioni di vita disumane: senza il grinton è tutto più triste, ed ogni occasione è buona per commemorarlo. Anche la lingua dei colonizzatori va bene, alla bisogna, pur di ricordarne l'antico e mai dimenticato valore, adesso che ci è stato vietato per legge.
''un giorno dio dovrà darmene spiegazione''
(scritta trovata su un muro ad Auschwitz)
[1]http://giampierororato.blogspot.it/2009/05/i-vini-proibiti.html
[2]https://www.appelloalpopolo.it/?p=7791
[3]http://it.wikipedia.org/wiki/Fragolino
"L'unica regione dell'UE in cui è possibile produrre e vendere vino ottenuto da uva fragola è il Burgenland, in Austria, dove il tentativo di vietare l'Uhudler ha causato le proteste di consumatori e produttori."
Se non protesti mentre ti scippano vuol dire che non t'importa (e lasci fare); o che non capisci. E per gli stupidi non c'è paradiso (qui e ora : Juncker dixit)
Ho messo in bella mostra un aforisma che lascia ben pochi margini di interpretazione. Juncker è quello che affermava "quando le cose si mettono male devi mentire". Ed è sulla menzogna che si fonda questa UE.
Menzogna che parte da lontano, da quel "sorpasso" che ho succintamente citato. C'è sempre qualcuno che trae vantaggi personali da qualche situazione torbida, quindi ben tollerata.
Insomma non mi sento di darti ragione, anche se non posso darti del tutto torto.