Senza nuovi partiti politici siamo condannati ad essere servi
Stefano D'Andrea ARS
La diffusa critica al concetto di partito politico è una delle conseguenze più deteriori e gravi della crisi italiana.
La "seconda Repubblica" è stata una "Repubblica" senza partiti o con partiti finti, che in realtà erano (e sono) semplici gruppi di potere. Per esempio, dietro ogni candidato sindaco c'era un costruttore, anche nel più piccolo paesino d'Italia.
Proprio perché la seconda Repubblica era ed è senza partiti, l'esito oligarchico di classe e antinazionale era scontato.
I "partiti" della seconda repubblica sono stati caratterizzati da poteri personali fondati su tessere di "iscritti" gestite da chi le "otteneva in consegna" . Chi raccoglieva 500 tessere valeva 500; chi raccoglieva 2000 tessere valeva 2000. Gli iscritti partecipavano alla vita di partito, se proprio era necessario, soltanto al momento della votazione congressuale. Un tempo alle tessere dovevano corrispondere anche le preferenze: erano le preferenze che alla resa dei conti esprimevano la misura del potere personale del candidato. Poi le preferenze sono state eliminate e sono state sufficienti le tessere. Quando il congresso di partito non si svolgeva, le tessere acquisivano un valore immenso. Naturalmente, il fenomeno è stato totale o dominante in alcuni partiti e semplicemente diffuso in altri. Ma complessivamente i partiti della seconda repubblica hanno avuto questi caratteri.
Pochissime tessere erano "finte".
La maggior parte erano "vere". In realtà uno o due milioni di cittadini, senza mai aver militato – distribuito opuscoli; aver frequentato la locale sezione; aver chiesto al parlamentare eletto un rendiconto dell'attività svolta; aver suggerito al parlamentare di proporre un disegno di legge; aver avuto curiosità per gli ordini del giorno e le delibere degli organi di partito; aver distribuito il quotidiano di partito la domenica; ecc. ecc. – ha concesso a minoranze rozze, arrampicatrici e ciniche di gestire il potere e sovente lo ha fatto consapevolmente in cambio di favori o promesse.
Il "partito" della Seconda Repubblica era (ed è) nient'altro che un gruppo di potere affaristico-imprenditoriale; anzi un coordinamento nazionale di gruppi di potere affaristico-imprenditoriali. Questi gruppi di potere, essendo privi di idee e cercando soltanto possibilità di arricchimento personale dei membri del gruppo, in ambito nazionale o locale, non potevano che accogliere benevolmente l'ideologia euro-unionista volta a creare bolle. Mettersi al servizio del personaggio internazionale, del "tecnico", del banchiere, del presidente degli Stati Uniti, strappargli una telefonata, per gli appartenenti a questi gruppi di potere era (ed è) motivo di orgoglio. Per i veri gestori del potere e per la elite unionista e' stato facile, nel clima culturale creato dall'ideologia liberoscambista, guidare i "politici" italiani di rilievo nazionale come fossero pedine di una scacchiera (e non scacchisti).
Tuttavia, se i partiti nella seconda repubblica sono stati ciò che ho descritto, è assolutamente ingenuo e talvolta persino ridicolo criticare il concetto di partito politico e desiderare la scomparsa di ogni partito. Chi sragiona così non sa guadare al passato meno prossimo e non sa immaginare il futuro. E' persona semplice che probabilmente verrà sempre ingannata.
Un partito deve essere fondato sulla militanza. Chi milita ed è presente nella vita dell'associazione politica ha il diritto di partecipare alle decisioni votando e il diritto di candidarsi con la possibilità di essere eletto. Chi non milita ha soltanto il diritto di militare. Se e quando militerà acquisterà i diritti collegati dallo statuto alla militanza. Con questo accorgimento un partito è già sano. Narcisi, parassiti, furbastri e amanti del potere tendenzialmente staranno fuori. In certo senso si potrebbe dire che chiunque voglia salvare la repubblica è titolare di un dovere di militanza e che soltanto dall'adempimento di quel dovere nascono diritti per il militante.
Naturalmente la logica del potere è in agguato ed anzi sarà sempre presente, visto che essa si riscontra con eguali caratteri nei consigli di amministrazione, negli organi di direzione delle onlus (quando in realtà queste ultime non sono strumenti personalissimi), nei consigli di facoltà, nei senati accademici e negli organi di governo di ogni nazione e delle organizzazioni internazionali. La volontà di eliminare tale logica, immancabile sia nella prospettiva diacronica che in quella sincronica, costituisce una ingenuità ancora piu' grave, tanto che non vale nemmeno la pena sprecare parole.
Dunque, morte alla seconda repubblica, proprio perché "repubblica senza partiti" e pertanto, in realtà, necessariamente oligarchia allo stato puro. Ma la seconda repubblica morirà soltanto se nuovi veri partiti sapranno distruggerla.
Senza nuovi partiti siamo destinati a restare servi. Proprio perché la seconda repubblica era una "repubblica" senza partiti, l'esito oligarchico di classe e antinazionale era scritto nel destino.
Un articolo da incorniciare.
Manca solo la presa d'atto che la media della popolazione è ormai perfetamente integrata alla media dei partiti politici della II repubblica, e che le due dimensioni si integrano a vicenda.
E manca un riferimento al peso preponderante dei rapporti internazionali. Caduta l'URSS l'Italia ha cessato di avere anche la parvenza di stato semisovrano ed è diventata un pezzettino della plutocrazia statunitense, di cui ha mutuato pedissequamente i caratteri. Negli altri satelliti europeo-occidentali non è accaduto nulla di diverso. Fortunatamente gli USA sono al tramonto e ci stanno trascinando verso il comune precipizio.
Mi permetto di segnalare un'intervista che la Pravda – quotidiano vicino a Putin che condivide quasi perfettamente le posizioni di ARS – ha recentemente concesso a Marion Le Pen, figlia della più nota segretaria del Front national. Vi viene sviluppato un concetto fondamentale per comprendere la situazione descritta nell'articolo, quello di "élites ostili" ai propri elettori:
in Francia, in Europa e nell'intero Occidente ci troviamo dinanzi a un problema nuovo e sorprendente: le élites ostili. I parlamentari non amano le masse che dovrebbero rappresentare, i burocrati non si sentono tenuti a servire i loro interessi, i giornalisti e i media di opinione le disprezzano […]. L'ostilità delle élites deriva dal fatto che esse non condividono più i fini e le speranze della gente comune. Al contrario, nella misura in cui queste desiderino conservare il proprio stile di vita, le radici nazionali diventano un ostacolo alle loro brame di potere, legate alla follia globalizzatrice…
http://english.pravda.ru/opinion/columnists/23-07-2013/125235-marion_le_pen_interview-0/