Il più grande rivoluzionario italiano?
di Mirko Riazzoli fonte PDF alterhistory@libero.it
Felice Orsini
Orsini è di taglia media; è vestito di nero; i suoi tratti sono pieni di distinzione e di nobiltà; ha la fronte alta e bella; gli occhi neri, pieni di fuoco, ma questo fuoco è tranquillo, contenuto; il naso un po' arcuato finisce in una punta troppo aguzza, ma è soprattutto ragguardevole per le narici mobili ed espressive; la bocca, dalle labbra sottili, è abile a esprimere lo sdegno; i capelli che cominciano a cadere e a imbiancarsi soprattutto sulle tempie, sono gettati indietro con una certa arte; i favoriti neri contrastano pur armoniosamente con il pallore del volto; le mani, coperte di guanti neri, sono piccole e sembrano ben fatte (1).
Questa è la descrizione che di Felice Orsini (il nome completo era Orso Tebaldo Felice Orsini) ci ha lasciato l'avvocato Constantin Achille Dandraut, il segretario dell'avvocato e leader repubblicano Jules Favre (1809-1880) che si era incaricato della sua difesa dopo l'attentato contro Napoleone III.
Questo rivoluzionario, Felice Orsini, nacque a Meldola (Forlì- Cesena) il 10 dicembre 1819 da Andrea (nativo di Lugo) e Francesca Ricci (originaria di Firenze).
Il padre era un ufficiale (capitano) dell'esercito italico e seguì Napoleone nella campagna di Russia e poi tornato in Italia entrò nella Carboneria, per questo divenne un ricercato della polizia pontificia. A causa della sua imposta latitanza il giovane Felice venne affidato all'età di 9 anni allo zio paterno Orso, conservatore religiosissimo arricchitosi nella lavorazione della canapa.
Fu questo zio che si preoccupò dei suoi studi, ancora giovinetto diede prova di audacia e di disposizione alla vita avventurosa, poiché, avuta notizia della rivoluzione del 1831, insieme con altri suoi coetanei tentò (1832) di fuggire ad Ancona per arruolarsi con le truppe francesi.
Nel 1838, il 5 luglio, Felice uccise con due colpi Domenico Spada, uomo di fiducia dello zio che in quel momento era fuori città per alcuni impegni nelle sue terre, a causa del sospetto di aver denunciato un suo amorazzo, dopo il fatto fuggì in Toscana in una carrozza.
Per questo reato fu condannato al carcere e liberato dopo sei mesi di reclusione, avendo opportunamente manifestato l'intenzione di entrare nella Compagnia di Gesù e grazie anche all'appoggio del vescovo Giovanni Maria Mastai Ferretti (1792-1878, futuro papa Pio IX 1846-1878), amico dello zio Orso.
Lasciato ben presto l'istituto dei gesuiti di Chieri, si trasferì a Bologna, ove si laureò in legge ed entrò a far parte all'organizzazione patriottica mazziniana Giovine Italia.
Nel settembre del 1843 criticò duramente i moti scoppiati in Romagna il mese precedente e a cui parteciparono patrioti liberali e repubblicani, giudicò avventata l'azione (li definì “sfrenata ciurma di Catilina”, “miserabili” e “perturbatori”, in una lettera inviata a Nicola Fabrizi, 1804-1885).
Nel 1844 un suo amico, Eusebio Barbetti, venne arrestato e gli venne trovato indosso un piano rivoluzionario scritto da Orsini, questi aveva anche fondato una nuova società segreta patriottica, la Congiura Italiana dei figli della morte. Dopo poco i gendarmi pontifici procedettero al suo arresto in seguito al quale venne rinchiuso nel carcere bolognese di San Giovanni in Monte. Fu allora condannato alla galera a vita e venne trasferito a Pesaro, Urbino e il primo giugno nella fortezza di San Leo (Rimini), insieme ad altri patrioti romagnoli.
Nel settembre 1844 venne sventato un progetto di evasione dei detenuti politici da San Leo, fuga che doveva avvenire una domenica, con la complicità di alcuni carcerieri.
Alla fine lasciò le carceri nel luglio del 1846 per l'amnistia concessa dal papa Pio IX, proclamata in occasione della sua salita al soglio pontificio.
Prese parte alle agitazioni politiche scoppiate a Firenze nel 1846-47 (vi si concentrano i patrioti che desiderano partecipare alle azioni militari contro l'Austria e si insedia un Parlamento), qui nel 1847 pubblicò uno scritto anonimo, Alla gioventù italiana, a causa di queste sue azioni sovversive venne espulso dal Granducato di Toscana.
Nel 1848 partecipò volontario alla difesa di Venezia e poi partecipò anche alla rivolta scoppiata Roma, che aveva portato il papa Pio IX a fuggire dalla città e trasferirsi a Gaeta. A Roma lui incontrò molti altri patrioti come ad esempio Giuseppe Mazzini (1805-1872) e Giuseppe Garibaldi (1807-1882).
Qui divenne deputato alla Costituente romana (1849) e commissario a Terracina, poi ad Ancona e Ascoli (era anche capitano della Guardia di finanza), vi venne inviato da Mazzini il 19 aprile (vi giunse il 21) per provvedere alla riorganizzazione del corpo della dogana e della città.
Orsini stesso così descrisse lo stato in cui era la città:
"Lo stato di Ancona era deplorevole. Non c'era, per così dire, alcun governo; le autorità erano prive d'ogni forza morale, il Governatore un semplice nome;…" (2)
Per fronteggiare questa critica situazione provvedette all'arresto di una ventina di responsabili la notte del 27 e poi diramò due proclami in cui riaffermava gli intenti di riforma e di ordine della Repubblica.
In seguito all'intervento del corpo di spedizione francese del generale Nicolas Oudinot (1791-1863),che pose termine all'esperienza repubblicana (in questo momento reggeva il comando civile e militare della provincia e città d'Ancona), dovette lasciare i Domini Pontifici e si trasferì a Genova e a Nizza (marzo 1850, allora ancora un dominio sabaudo), dove strinse relazione con Aleksandr Herzen(rivoluzionario russo, 1812-1870), si occupò di studi politici e geografici, attese ad affari di commercio e pubblicò: Memorie e documenti intorno al governo della repubblica romana (1850, Nizza, Tipografia Caisson e Compagnia).
Per incarico di Mazzini (1853-54) tentò senza successo di far insorgere i milanesi nel febbraio 1853,poi in settembre di far sollevare Sarzana e la Lunigiana, ancora però senza successo e l'anno dopo ritentò con la Valtellina; arrestato dagli Austriaci mentre a bordo di un piroscafo si recava a Trieste nel maggio 1854 (venne riconosciuto da un ebreo modenese che aveva conosciuto a Bologna nel 1848),venne condotto prigioniero e internato in varie luoghi di detenzione, per cominciare a Hermanstadat(Ungheria), poi a Vienna, Venezia e infine nel castello di Mantova (28 marzo 1855).
Da qui ebbe modo di tenersi in contatto epistolare con gli amici di Zurigo, specie con Emma Herwegh, la moglie di Georg Herwegh (poeta 1817-1895), che aiutata da Piero Cironi (1819-1862) e da Mazzini favorì quell'evasione (28 marzo 1856) che parve miracolosa.
La vera organizzatrice fu Herwegh, Cironi inizialmente aveva sconsigliato un simile progetto, anche a causa della sua scarsa simpatia verso l'Orsini. Cironi comunque vi partecipò procurando il denaro, riuscì ad avere un prestito dall'amico conte Giovanni Grilenzoni (1796-1868) 6.700 franchi e altro denaro procurò all'Orsini dopo la fuga, dopo che un primo tentativo, fatto insieme a Garibaldi, di ottenere dal banchiere Colombo 5.000 franchi era fallito.
Recatosi prima a Genova, poi in Svizzera ed infine in Inghilterra, a Londra, ove fu accolto molto bene. Qui pubblicò i Memoirs and adventures (3) (edite nel 1857; poi nel 1858 l'opera viene tradotta con modifiche in italiano). Si staccò da Mazzini, riguardo al quale in una lettera così si espresse:
"Nè ti posso dissimulare che gravissimi errori furono commessi dal triumvirato di Roma, ossia da Mazzini; vi fu difetto di misure radicali e rivoluzionarie; non recò come dovea la rivoluzione nel Regno di Napoli; fu soverchiamente precipitoso nel dichiarare la resistenza a' Francesi, di non aver dato ordine a Garibaldi nel 30 aprile di ricacciare i Francesi appena sbarcati da Civitavecchia: Garibaldi era il solo che lo poteva fare, e vi sarebbe riuscito; di essersi lasciato ingannare dal colonnello Le Blanc, e di aver perduto venti giorni preziosi in note diplomatiche che non potevano logicamente riuscire ad alcun che – fatti che mostrano che Mazzini sebbene di grande ingegno ha poco senno pratico politico". (Lettere edite ed inedite di Felice Orsini, pag.97).
Più in generale di Mazzini ormai criticava, ritenendoli inadeguati, sia i metodi sia i programmi. Concepì quindi e mise in atto a Parigi, il 14 gennaio 1858, un attentato contro l'imperatore di Francia Napoleone III (1808-1873) e la moglie Eugenia (1826-1920) (4).
Assieme a Giovanni Andrea Pieri (1808-1858), Carlo Di Rudio (1832-1910) e Antonio Gomez (1829- post 1887) lanciò 3 bombe – ordigni fatti dal canonico Carlo Chiocca (5), 1818-1876 – contro la carrozza imperiale che si recava all'Opera di rue Le Peletier. Orsini era convinto che dalla morte dell'imperatore sarebbe scaturita una rivoluzione in Francia e, di conseguenza, anche in Italia che causarono invece 12 morti e più di 156 feriti tra la folla.
Dopo un tentativo di fuga, Orsini e i suoi complici vennero arrestati e subito incarcerati.
Fallito il colpo, affrontò il processo davanti alla Corte d'Assise della Senna presieduta da M. Defangle, apertosi il 15 febbraio e concluso il 26 con la condanna a morte per Carlo di Rudio (la sua condanna poi venne commutata nel carcere a vita), Felice Orisini e Giuseppe Andrea Pieri, Antonio Gomez invece subì una condanna ai lavori forzati a vita. Dal carcere Orsini scrisse due lettere (6) a Napoleone III, la prima il in cui affermava:
“Non disprezzi la M.V. le parole di un patriota che sta sul limitare del patibolo: renda la indipendenza alla mia patria e le benedizioni di 25 milioni di abitanti la seguiranno dovunque per sempre”.
La seconda il 3 marzo in cui scriveva:
“Muoio, ma mentre che il faccio con calma e dignità, voglio che la mia memoria non rimanga macchiata da alcun misfatto. Quanto alle vittime del 14 gennaio, offro il mio sangue in sacrifizio, e prego gl'Italiani che, fatti un dì indipendenti, diano un degno compenso a tutti coloro che ne soffrirono danno”.
Queste lettere servivano ad evitare che, come inizialmente si temeva, la sua azione potesse avere ricadute negative sui progetti unitari per l'Italia e vennero sfruttate da Cavour per convincere l'imperatore della necessità di togliere ai rivoluzionari l'iniziativa di questa azione.
La condanna per i due venne eseguita il 13 marzo 1858 a Parigi (7).
La Gazette des tribunaux del giorno successivo così descrive la scena:
"Orsini ha conservato, durante gli ultimi preparativi, la sua calma e la sua impassibilità. Non ha pronunciato che una parola in italiano, per dire a Pieri di stare calmo. Pieri, in effetti, sempre più sovreccitato e cercando di darsi una sicurezza e un coraggio fittizi, non smetteva di gesticolare e parlare.
Ben presto il funebre corteo si mise in marcia: i condannati, a piedi nudi, avvolti in un lunga camicia bianca, la testa coperta d'un velo nero, uscirono dalla prigione. Pieri comminava davanti, condotto dal signor abate Nottelet e dall'esecutore di Parigi. Orsini veniva appresso, condotto dal signor abate Hugon e dall'esecutore di Rouen. Entrando nella corte della prigione, Pieri, i cui lineamenti erano convulsivamente contratti e la cui esaltazione febbrile era ancora aumentata, ha provato a intonare il canto dei Girondini, e ha continuato con una voce interrotta fino all'esterno della prigione. I pazienti hanno salito i gradini del patiboli. Quando furono giunti sulla piattaforma, vi restarono esposti mentre un usciere dava lettura della sentenza di condanna. Terminata questa lettura, gli esecutori s'impossessavano di Pieri che faceva sforzi per mormorare ancori i canti, un momento interrotti, e la cui voce spirò sotto la lama.Orsini, che fin lì era rimasto silenzioso, ha allora gridato: “Viva l'Italia! Viva la Francia!”. Poi si è consegnato agli esecutori. Alle sette, tutto era terminato, e il crimine abominevole che ha spaventato la Francia e l'Europa aveva avuto la sua legittima espiazione (8).
Post mortem
Dopo la sua morte gli sono state dedicate varie vie e, il 29 novembre del 1903, una lapide per volontà delle "Società popolari imolesi". Questa venne murata, sul lato esterno del portichetto della Farmacia dell'Ospedale, e dedicata a "Felice Orsini intrepido campione dell'italica indipendenza", in cui è inciso il seguente testo:
FELICE ORSINI INTREPIDO CAMPIONE
DELL'ITALICA INDIPENDENZA
CONDANNATO A MORTE DALLA TIRANNIDE
ASPETTA DAGLI ITALIANI
ONORE COMPIANTO VENDETTA
E SPERA
CHE LE SUE OSSA RIPOSERANNO
NEL TEMPIO DEI MARTIRI
QUANDO GLI AUSTRIACI
SARANNO CACCIATI DALL'ITALIA
MURATA QUI DAI PATRIOTTI IMOLE=
SI E ATTERRATA DALLA POLIZIA
PAPALE NEL 1858 QUESTA LAPIDE
RIMURANO AL SUO POSTO STORICO
LE SOCIETÀ POPOLARI IMOLESI
ADERENTI QUELLE D'ITALIA TUT=
TA OGGI 29 NOVEMBRE 19039
La sua vicenda viene poi, almeno in parte, ripercorsa in un film del 2010 diretto da Mario Martone ed intitolato Noi credevamo(10).
Note
(1) Fonte: S. Tomassini, Roma, il papa, il re: l'unità d'Italia e il crollo dello Stato pontificio, pag. 163
(2) Cfr. S. Tomassini, Storia avventurosa della Rivoluzione romana: repubblicani, liberali e papalini nella
Roma del '48, pag.297.
(3) L'opera è consultabile al seguente indirizzo: http://books.google.it/books?id=TJ4w-
MeXawkC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false
(4) In Appendice alcuni articoli del tempo sull'argomento.
(5) La paternità degli ordigni non è però certa, potrebbero essere stati prodotti da Thomas Allsop (1795-1880), un
ingegnere londinese simpatizzanti di Orsini e membro dell'organizzazione mazziniana Friens of Italy Society.
(6) I testi sono consultabili ai seguenti indirizzi: http://www.alterhistory.altervista.org/Documenti/testiGET.php?
titolotesto=Orsini1 e http://www.alterhistory.altervista.org/Documenti/testiGET.php?titolotesto=Orsini2
(7) Dopo di questo il governo Cavour, che aveva finanziato segretamente con il denaro dei servizi segreti Orsini e Pieri, concesse una pensione alla vedova di Orsini (Cfr. D. Mack Smith, Mazzini, pag.173)
(8) Fonte: S. Tomassini, Roma, il papa, il re: l'unità d'Italia e il crollo dello Stato pontificio, pag.169
(9) Fonte: http://www.chieracostui.com/costui/docs/search/schedaoltre.asp?ID=10469. A questo indirizzo è disponibile anche una foto della suddetta lapide.
(10) Al seguente indirizzo si possono trovare maggiori informazioni sulla pellicola: http://www.imdb.com/title/tt1365490/
APPENDICE
Journal des débats del 15 gennaio
FRANCIA.
PARIGI, 14 GENNAIO
La voce si era diffusa questa sera che nel momento in cui l'Imperatore e l'Imperatrice arrivarono all'Opera nella loro vettura, un'esplosione aveva avuto luogo sotto i piedi dei cavalli, e che fortunatamente le Loro Maestà non erano state colpite. Ecco i soli dettagli certi che si siano pervenuti finora su questo tentativo tanto insensato quanto colpevole: “Stasera, alle otto e mezza, nel momento in cui le Loro Maestà l'Imperatore e l'Imperatrice entravano nell'Opera, tre detonazioni hanno avuto luogo. Né l'Imperatore né l'Imperatrice sono stati colpiti: ma diversi cavalleggeri della scorta e persone che stazionavano nella rue Lepeletier sono stati feriti.“Le Loro Maestà, al loro ingresso nella sala, sono state accolte dalle più vive acclamazioni.”
Moniteur del 15 gennaio
Il numero delle vittime è disgraziatamente considerevole.
Nei lancieri della guardia, dodici uomini sono stati colpiti, di cui sette, fra i quali si trovano un maresciallo e un brigadiere, hanno ricevuto ferite gravi. I cinque altri sono feriti leggermente. Undici militari della guardia di Parigi sono stati anche loro colpiti, fra i quali due marescialli. Una delle guardie è ferita mortalmente. Cinque hanno ferite gravi; le altre sei feriti leggere.Tre dei valletti che erano dietro la vettura dell'Imperatore sono stati colpiti da diversi proiettili. Il loro stato, per quanto grave, non ispira inquietudine. Il cocchiere della vettura dell'Imperatore è ugualmente ferito. Egli ha dimostrato grande presenza di spirito. Nella parte civile, il numero dei feriti noti si eleva a cinquanta, di cui diversi lo sono gravemente. Uno dei feriti è morto arrivando all'ospedale La Riboisière. Una bambina di dodici anni ha avuto un ginocchio aperto da un proiettile. Il personale della prefettura di polizia non conta meno di ventinove feriti, fra i quali un commissario di polizia, un ispettore divisionario e dodici o quindici agenti hanno ferite gravi.
I due testi provengono da: S. Tomassini, Roma, il papa, il re: l'unità d'Italia e il crollo dello Stato pontificio,
pag.161-162
BIBLIOGRAFIA
http://www.britannica.com/EBchecked/topic/433259/Felice-Orsini
http://www.treccani.it/enciclopedia/piero-cironi_%28Dizionario-Biografico%29/
http://www.treccani.it/enciclopedia/felice-orsini/
http://www.lib.rochester.edu/index.cfm?page=777
http://old.comune.sarzana.sp.it/citta/cultura/personaggi/Chiocca_Carlo.htm
http://www.treccani.it/ enciclopedia /felice-orsini_%28L%27Unificazione%29/
http://www.san-leo.it/storia/i-personaggi/felice-orsini.html
Denis Mack Smith, Mazzini, Milano, Rizzoli, 1993
Franco Della Peruta, Mazzini e i rivoluzionari italiani: il "partito d'azione", 1830-1845, Milano, Feltrinelli, 1974
Roland Sarti, Giuseppe Mazzini, Roma-Bari, Laterza, 2000
Stefano Tomassini, Roma, il papa, il re: l'unità d'Italia e il crollo dello Stato pontificio, Milano, Il saggiatore, 2011
Stefano Tomassini, Storia avventurosa della Rivoluzione romana: repubblicani, liberali e papalini nella Roma del '48, Milano, Il Saggiatore, 2008
Testi di Orsini disponibili online
➢ Memorie politiche di Felice Orsini: http://books.google.it/books?ei=5B9rTbcCefd4QTzv43oBQ&
hl=it&id=T87QAAAAMAAJ&dq=felice+orsini+condanna&q= %22Domenico+Spada
%22#v=onepage&q=%22Domenico%20Spada%22&f=false
➢ Vita e memorie de Felice Orsini: Precedute dalla storia dell'attentato del 14 genn. 1858 e seguite dagli interrogatori e documenti del processo: http://books.google.it/books?
id=YjxGAAAAYAAJ&pg=PA270&dq=felice+orsini+condanna&hl=it&sa=X&ei=5B9rTbcCefd4QTzv43oBQ&
ved=0CDIQ6AEwAA#v=onepage&q&f=false
➢ Memorie e documenti intorno al governo della Repubblica romana: http://books.google.it/books?
id=sCsLAAAAYAAJ&pg=PA38&dq=felice+orsini+condanna&hl=it&sa=X&ei=UCZrTTbDeHg4QTXx_
zlBQ&ved=0CEUQ6AEwBDgK#v=onepage&q&f=falses
➢ Lettere edite ed inedite di Felice Orsini, G. Mazzini, G. Garibaldi e F. D. Guerrazzi intorno alle cose d'Italia:
http://books.google.it/books?id=OHE5AAAAcAAJ&pg=RA1-
PA228&dq=felice+orsini+condanna&hl=it&sa=X&ei=5B9rTbcCefd4QTzv43oBQ&
ved=0CD4Q6AEwAg#v=onepage&q=felice%20orsini%20condanna&f=falses
Altre opere
➢ E.B., Orsini: cenni biografici; attentato del 14 gennaio; processo e difesa; appendice: http://books.google.it/books?
id=kuUPAAAAYAAJ&pg=RA2-
PA12&dq=orsini+mantova&hl=it&sa=X&ei=oaZxT8OkEcSg4gTRrYy4Dw&ved=0CEMQ6AEwAw#v=onepage&q
=orsini%20mantova&f=false
➢ Felice Venosta, Felice Orsini: Notizie storiche: http://books.google.it/books?
id=U2Q6AAAAcAAJ&pg=PA108&dq=felice+orsini+condanna&hl=it&sa=X&ei=5B9rTbcCefd4QTzv43oBQ&
ved=0CGkQ6AEwCQ#v=onepage&q=felice%20orsini%20condanna&f=false
Felice Orsini, Storia di Felice Orsini dedicata alla gioventù italiana, Lugano, (post 1856)
Felice Orsini, Opere utili ad ogni persona educata: raccolte col consiglio d'uomini periti in ciascuna scienza: geografia: geografia militare della penisola italiana, Torino, Pomba, 1852
Felice Orsini, Giuseppe Mazzini giudicato da Felice Orsini, Livorno, 1860, Tipografia di Gio. Battista Rossi
Carlo Di Rudio non morì in carcere, fu condannato all’ergastolo alla Cayenne ma fuggì.
Tornò in Inghilterra e poi andò in America dove divenne Charles DeRudio arruolandosi nell’esercito americano, per la precisione nel Settimo Cavalleggeri del generale G.A. Custer.
Partecipò alla battaglia di Little Big Horn dove fu uno dei pochissimi sopravvissuti.
Subì un processo ma alla fine il suo valore militare gli fu riconosciuto.
Sosteneva che le bombe a Orsini furono consegnate personalmente da Francesco Crispi.
Si ispira a lui il personaggio che viene intervistato nel film Piccolo Grande Uomo.
Scusate ho scritto a memoria e in effetti il personaggio del film è ispirato di più a un altro sopravvissuto di Little Big Horn, sempre italiano: Giovanni Martini (John Martin).